La candidatura di Luigi De Magistris a presidente della Regione Calabria è l’occasione irripetibile che noi calabresi finalmente abbiamo per poter riscrivere la storia nera della nostra terra. Una storia che ci ammorba ufficialmente dall’inizio degli anni Novanta quando il magistrato Agostino Cordova per primo aveva combattuto la massomafia calabrese passando poi il testimone a Boemi e allo stesso De Magistris prima di arrivare a Gratteri.
De Magistris aveva scoperchiato il “sistema” del superclan dei calabresi. Allora come adesso la figura centrale è proprio quella dell’avvocato Giancarlo Pittelli ed è più che mai opportuno riprendere qualche scritto di quell’epoca per capire meglio come funzionava la “storia”. Perché se non si farà mai veramente luce su com’è stato possibile insabbiare quelle inchieste non potrà mai esserci reale democrazia nel nostro Paese. E dietro Pittelli si muovevano e si muovono ancora poteri fortissimi, in grado di condizionare intere procure. Ritorniamo allora alla “guerra” tra le procure di Catanzaro e Salerno all’epoca di Why Not, la madre di tutte le battaglie.
In sostanza, sia il procedimento instaurato a carico dei magistrati di Salerno e di De Magistris, con relativo contro-sequestro del fascicolo Why Not, sia il procedimento a carico di Genchi e poi anche di De Magistris, sono stati illegalmente instaurati dai magistrati della Procura Generale di Catanzaro titolari dell’inchiesta Why Not avocata e, una volta trasmessi all’Ufficio della Procura di Roma, illegalmente assunti in carico – quantomeno quale coordinatore della Sezione – dal Procuratore Aggiunto Achille Toro.
Singolare è poi la circostanza che il procedimento iscritto a seguito del contro-sequestro del fascicolo Why Not venisse assunto in carico proprio dal Procuratore Aggiunto di Roma Achille Toro, che – secondo quanto riportato dalla stampa e asserito da Genchi – era in stretti rapporti personali con Pittelli… Sarebbe stata infatti sufficiente a Toro una sommaria lettura dei capi d’imputazione del decreto di perquisizione e sequestro della Procura di Salerno, per rendersi immediatamente conto del grado di coinvolgimento del Pittelli e di altro personaggio a lui vicino, Giancarlo Elia Valori, anche lui coinvolto nell’inchiesta Why Not.
E’ invece accaduto che, recependo in toto le illecite iscrizioni eseguite dai magistrati della Procura Generale e Procura della Repubblica di Catanzaro, Toro e De Gasperis hanno ritenuto di dare immediato impulso, contestualmente agli accertamenti sull’archivio di Genchi, a indagini nei confronti di un pm della Procura di Salerno disponendo, senza alcuna motivazione e alcun concreto elemento, l’acquisizione dei dati del traffico telefonico delle sue utenze cellulari private e di quella di De Magistris, al solo e unico scopo di tentare di rinvenire possibili riscontri alla calunniosa tesi accusatoria dei magistrati calabresi.
L’ex procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro, successivamente, è stato travolto dalle intercettazioni dell’inchiesta «Grandi Eventi» nella quale è stato indagato e poi condannato per rivelazione di segreto d’ufficio, favoreggiamento e corruzione, Achille Toro, e il figlio Camillo, hanno patteggiato rispettivamente 8 e 6 mesi di reclusione, con pena sospesa, per il reato di rivelazione di segreto di ufficio nell’ambito dell’inchiesta sul G8 e sui cosiddetti ‘Grandi Eventi’.
Nell’ambito dell’inchiesta sui grandi eventi condotta dalla procura di Perugia, Achille Toro è accusato di aver rivelato, quando era procuratore aggiunto di Roma, notizie su un procedimento trattato presso il suo ufficio nonchè su quello della procura di Firenze. Notizie rivelate, secondo l’accusa, anche tramite il figlio Camillo. Per l’ex magistrato la procura di Perugia ha invece chiesto di archiviare il reato di corruzione. Proprio il suo coinvolgimento nell’indagine avviata dalla procura di Firenze aveva portato nel capoluogo umbro la competenza nel procedimento.
In questa stessa inchiesta condotta dalla Procura di Salerno sugli appalti del G8 su Achille Toro ricorrono alcuni nominativi emersi nei procedimenti all’illegale sottrazione delle predette inchieste a DE MAGISTRIS.
- Giancarlo Elia VALORI,
- Luigi BISIGNANI,
- Alfonso PAPA,
- Settembrino NEBBIOSO,
- Valerio CARDUCCI,
- Paolo Poletti.
C’ERA UNA VOLTA (E C’E’ ANCORA) GIANCARLO ELIA VALORI
Giancarlo Elia Valori è uno dei più grandi boiardi di stato del nostro Paese. Ha attraversato decenni di potere massomafioso interpretando da protagonista tutti i ruoli possibili. Eppure l’attenzione mediatica su di lui è sempre stata assai scarsa. Giancarlo Elia Valori era detto “Fior di Loto” dal suo sodale Mino Pecorelli, il controverso giornalista assassinato 43 anni fa, per il cui omicidio fu processato e poi assolto Giulio Andreotti, che incontrava tutte le domeniche per scambiare informazioni.
Il Manifesto recentemente ha raccolto due articoli di Staltera e Barbacetto per tracciare con precisione il suo complesso profilo.
“Un grottesco paradosso vuole che un personaggio con le mani in pasta nell’Italia che diede vita alla Tangentopoli più devastante del mondo occidentale, proprio sulle ali di Tangentopoli riesca a recuperare e a moltiplicare il suo ruolo. Perché si deve sapere che il “professor” Giancarlo Elia Valori – figlio di un compagno di scuola di Amintore Fanfani, fratello di un dirigente dell’Eni in Argentina intimo dell’antico dittatore Arturo Frondizi, creatura del soprannumerario dell’ Opus Dei Ettore Bernabei, di Gava e di Andreotti, ma soprattutto di se stesso – mai fu così gettonato come da quando, nel febbraio del 1992, Antonio Di Pietro aprì il caso Mani Pulite. (…) Detto “Fior di Loto” dal suo sodale Mino Pecorelli, giornalista ricattatore assassinato per mano ancora ignota (sotto processo è l’onorevole Andreotti), che incontrava tutte le domeniche per scambiare informazioni; affittò un DC8 Alitalia per riportare l’esule Peron in Argentina con la moglie Isabelita, ma mal gliene incolse per diatribe d’affari con Lopez Rega, detto El Brujo; espulso dalla Loggia massonica Romagnosi e dalla P2 di Licio Gelli, che aveva a ridire su alcuni affari di carni; funzionario della Rai con Ettore Bernabei e insabbiatore delle vicende giudiziarie relative, in combutta con il tristemente noto procuratore Carmelo Spagnuolo [magistrato iscritto alla P2]; grande persecutore di Romano Prodi quando questi era presidente dell’Iri: lo minacciava con indagini giudiziarie quando Prodi lo voleva cacciare dall’Iri…
(Alberto Statera, La Repubblica, 11 marzo 1996)
“Forte dei suoi rapporti particolari, Valori procede nella sua carriera di boiardo di Stato. Lo scandalo P2, nel 1981, lo colpisce, ma solo di striscio: sulle liste di Castiglion Fibocchi è scritto: «Valori Giancarlo. Professore. Espulso». La Commissione parlamentare presieduta da Tina Anselmi riesce a sentirlo il 7 aprile 1983, solo dopo molte insistenze di alcuni commissari, e solo in seduta segreta. Pochi i commissari che lo bersagliano di domande vere; tra questi, Rino Formica, Giorgio Pisanò e Libero Riccardelli. Formica è convinto che Valori faccia traffico d’armi per i Servizi; Pisanò e Riccardelli ritengono che Valori sia stato la mente che, per vendette interne al gruppo P2, ha fatto scoppiare lo scandalo dei petroli, fornendo le informazioni sulla truffa (già nota ai servizi segreti) a due magistrati di Treviso, Domenico Labozzetta e Felice Napolitano. Valori, come al solito, nega.
Ma i commissari insistono, sono convinti che Valori sia temuto da nemici e amici perché è in grado di arrivare a dossier riservati e di scatenare indagini giudiziarie. Valori durante la seduta continua a negare, ma fuori dall’aula non gli dispiace essere temuto. (…) Temeva Valori anche Romano Prodi, due volte presidente dell’Iri e quindi suo “superiore”. Il primo mandato lo definì «il mio Vietnam»: tra i vietcong che gli facevano la guerra c’era anche Valori, ai tempi vicepresidente della Sme, la finanziaria agroalimentare dell’Iri.
Prodi, che non vuole piduisti attorno, nel 1984 non lo ricandida ai vertici dell’azienda. Valori riesce però a farsi collocare alla presidenza della Sirti, una società della Stet, che allora era presieduta da Michele Principe (anch’egli iscritto alla P2). E promette vendetta. È lui infatti il sospettato numero uno del siluro sparato in quegli anni contro Prodi: un’inchiesta giudiziaria del procuratore romano Luciano Infelisi su Nomisma, la società di consulenza di Prodi a Bologna.
Intanto Valori nel 1987 torna alla Sme, come presidente della Gs (supermercati). E nel 1990, spinto dal nuovo presidente dell’Iri Franco Nobili, si siede finalmente sulla agognata poltrona di presidente della Sme. Poi, nel 1995, nominato dal presidente dell’Iri Michele Tedeschi durante il governo Dini, diventa il Signore delle Autostrade. (…) Dopodiché, superata d’un balzo l’era di Tangentopoli, Giancarlo Elia Valori si è presentato all’appuntamento con le privatizzazioni. Non troppo puntuale, magari, con qualche frenata, ma alla fine la sua Sme è andata ai privati. La Cirio-Bertolli-De Rica a una sconosciuta finanziaria nelle mani di uno sconosciuto finanziere, Saverio Lamiranda, che compra e subito rivende il latte a Sergio Cragnotti e l’olio all’Unilever. La plusvalenza realizzata dallo spezzettamento, così, non va nelle casse dello Stato, ma chissà dove. Poi è la volta degli Autogrill, che sono conquistati dalla famiglia Benetton.
Passato alle Autostrade, Valori compie il suo capolavoro: prima frena, sostenendo che le autostrade sono troppo importanti perché lo Stato non mantenga un ruolo nel settore, poi si dà da fare per venderle alla cordata capeggiata dai Benetton e da Franco Caltagirone (quello della Vianini costruzioni e del Messaggero), mantenendo salda la poltrona e intatto il suo potere. Ci riesce. Aprendosi al «nuovo che avanza». Intanto le sue relazioni internazionali si sono consolidate. Ha progetti autostradali negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia. In Israele vuole realizzare «l’autostrada della pace». In Corea vuole unire le due capitali, finora nemiche, del Nord e del Sud.
Nella sua casa romana continua a ospitare personaggi di caratura internazionale, come quel Joachim Bitterlich, consigliere di Helmut Kohl per la politica internazionale, che vi passò in un momento delicato, quando l’Italia premeva per entrare nell’Euro e la Germania di Kohl frenava. Ora Valori ha cancellato dalla sua bibliografia sul Who’s who il libro su Ceausescu, ha dimenticato le amicizie strette con libici e arabi, e punta tutto sui rapporti con Israele. L’unica donna della sua vita, la madre Emilia, per la quale fa celebrare una grande messa ogni anno, il 15 novembre 1998 ha ottenuto l’onore di avere un albero (un ulivo) piantato nel Giardino dei Giusti, a Gerusalemme, dove sono ricordati i non ebrei che hanno aiutato il popolo ebraico. Motivazione: Emilia Valori durante la Resistenza salvò dalle deportazioni numerose famiglie ebraiche.
Durante la cerimonia a Gerusalemme, Shimon Peres in persona ha sottolineato «il grande ruolo che Giancarlo Valori ha svolto nel riconoscimento reciproco tra Israele e la Cina». Grazie alle sue relazioni con i dirigenti cinesi, infatti, Valori ha posto le premesse per il primo viaggio di Peres a Pechino, nel maggio 1993. Dieci anni prima, Valori è stato protagonista di un’azione che gli israeliani non dimenticheranno mai. Così la racconta lui stesso, interrogato a proposito dal giudice Priore: «Nel 1988 mi attivai per la liberazione di tre ostaggi ebrei francesi catturati dagli iraniani in Iran. La richiesta mi pervenne da amici francesi di ambiente governativo che mi dissero trattarsi di un “caso umano”. Mi rivolsi al presidente della Corea del Nord, Kim Il Sung, da me conosciuto nel 1975 allorché per la Rai mi recai in Estremo Oriente per allacciare contatti utili all’apertura di uffici». Il contatto funziona, gli iraniani liberano gli ostaggi, Valori è insignito dal presidente francese François Mitterrand della Legion d’Onore, da esibire sul revers della giacca nelle grandi occasioni, accanto al nastrino di Cavaliere di Gran Croce conferitogli da Cossiga. Con tutti questi onori e con tutta la sua storia, oggi Giancarlo Elia Valori progetta il suo futuro, in un mondo che non è più quello in cui si muoveva Fiore di Loto. Gli piacciono gli onori accademici, ama gli ambienti internazionali, strizza l’occhio alla new economy, forse fa un pensierino alla politica. Comunque non vuole uscire di scena. Sarebbe contrario alla sua religione, quella del Potere”.
(Gianni Barbacetto, L’ultimo potere forte. Giancarlo Elia Valori, 2000)
Le indagini condotte dalla Procura di Salerno sino al sequestro del procedimento Why Not e al trasferimento dei Pubblici Ministeri titolari avevano evidenziato, che, dopo l’avocazione, alcun approfondimento investigativo era stato rivolto ai filoni investigativi riguardanti Giancarlo ELIA VALORI, i suoi rapporti con Giancarlo PITTELLI e il Generale della Guardia di Finanza Walter CRETELLA LOMBARDO; gli interessi della TORNO INTERNAZIONALE S.p.A. (di cui VALORI è Presidente) negli appalti finanziati dall’ANAS S.p.A. in Calabria; gli interessi del gruppo FINMECCANICA nei progetti di finanziamento afferenti al settore dell’innovazione tecnologica e delle comunicazioni.
Sul nominativo di Giancarlo ELIA VALORI, De MAGISTRIS riferiva all’Ufficio di Salerno: “… Le indagini WHY NOT stavano, tra l’altro, ricostruendo l’influenza di poteri occulti, con individuazione della violazione di cui all’art. 2 L. 17/1982 (cd. Legge Anselmi), in meccanismi vitali delle istituzioni repubblicane: in particolare si stavano ricostruendo i contatti intrattenuti da Giancarlo ELIA VALORI, Luigi BISIGNANI, Franco BONFERRONI ed altri e la loro influenza sul mondo bancario ed economico-finanziario. Giancarlo ELIA VALORI pareva risultare, dai preliminari accertamenti che stavo svolgendo con la massima riservatezza, ai vertici attuali della massoneria “contemporanea”. VALORI si è occupato spesso di lavori pubblici…”.
Ulteriori riferimenti a Giancarlo Elia VALORI sono contenuti in altri atti. Soprattutto, nelle dichiarazioni rese alla Procura di Salerno, De MAGISTRIS ricostruiva gli elementi che avevano determinato l’iscrizione nei procedimenti Poseidone e Why Not del reato sulle associazioni segrete, tra gli altri, di Giancarlo PITTELLI (quest’ultimo indagato anche per riciclaggio), descrivendo la rete di rapporti dei soggetti indagati con esponenti del mondo politico, istituzionale, economico (tra cui il VALORI), con appartenenti ad organi di sicurezza (il Generale della G.D.F. Walter CRETELLA LOMBARDO, legato al VALORI e al PITTELLI), nonché il modus operandi dell’associazione interessata alla illecita gestione di commesse, finanziamenti e appalti in vari settori, quali quello dell’emergenza ambientale (oggetto del procedimento Poseidone), lavoro interinale, opere pubbliche, innovazione tecnologica e comunicazioni, energia eolica (oggetto del procedimento Why Not)
L’attenzione investigativa del pm De MAGISTRIS e, quindi, della Procura di Salerno si focalizzava, tra gli altri, sugli appalti finanziati dall’ANAS S.p.A. nella Provincia di Catanzaro negli anni 2002-2006, periodo in cui nel consiglio di amministrazione sedeva Giovanbattista PAPELLO, già indagato, nella qualità di commissario per l’emergenza ambientale in Calabria, nel procedimento Poseidone e difeso dall’avvocato Giancarlo PITTELLI.
Nell’anno 2002 GIANCARLO ELIA VALORI veniva nominato presidente della TORNO INTERNAZIONALE S.p.A. con sede in Milano, gruppo operante dal 1929 nel settore delle costruzioni civili ed industriali.
Il gruppo, riunito in ATI con altre imprese, otteneva l’affidamento dall’ANAS dei lavori di costruzione della c.d. Trasversale delle Serre – la strada che da Lamezia a Catanzaro collega il Tirreno allo Ionio.
Nel novembre 2003, nel corso di un convegno sulle infrastrutture a Catanzaro, il consigliere di amministrazione dell’ANAS S.p.A. Giovanbattista PAPELLO comunicava che le risorse economiche stanziate dall’ANAS nel 2003 e appaltate o in corso d’appalto erano passate da 17 milioni di euro del 2001 a 26 milioni di euro nel 2002, sino a giungere ad oltre 548 milioni di euro nel 2003, comprendenti 350 milioni di euro di fondi straordinari per la variante autostradale alla Statale 106 di Catanzaro Lido e i 107 milioni di euro di fondi straordinari per la Trasversale delle Serre.
Gli accertamenti patrimoniali esperiti dal CTU dott. Piero SAGONA nell’inchiesta Why Not evidenziavano che nell’anno 2002 Giancarlo PITTELLI riceveva dalla TORNO INTERNAZIONALE S.p.A. 269.358;00 euro a titolo di prestazioni consulenziali. Dell’ATI da cui era stato affidato l’appalto per la costruzione della. Trasversale delle Serre faceva parte, oltre alla TORNO INTERNAZIONALE S.p.A., la società TECNOVESE S.p.A. del costruttore LONGO ANTONIO.
Quest’ultimo, anche lui coinvolto nell’inchiesta Poseidone, tramite la TECNOVESE, otteneva anche l’affidamento dalla società mista di risorse idriche calabresi SO.RI.CAL, dell’appalto, finanziato sempre dall’ANAS, per la ricostruzione di condutture idriche sulla trasversale. Il LONGO, legato all’ex Procuratore di Catanzaro Mariano LOMBARDI e ad altri soggetti indagati dalla Procura di Salerno, veniva ucciso il 26/03/2008 in un agguato mafioso, dopo aver manifestato la volontà di fare rivelazioni importanti in ordine alle collusioni tra criminalità organizzata, politica, istituzioni ed economia.
Altro appalto affidato dalla SO.RI.CAL. alle società di GIANCARLO ELIA VALORI (in ATI con la società di costruzioni di RESTUCCIA VINCENZO, anche lui indagato nel procedimento Poseidone, è quello per il completamento dello schema idrico sulla diga del torrente Menta.
Si ricorda che il presidente della Sorical, Felice Filocamo (ex magistrato, capo della Procura circondariale di Roma, padre del sostituto Procuratore di Roma Fulvio Filocamo e zio del sostituto Procuratore di Catanzaro Gerardo Dominijanni, quest’ultimo indagato dalla Procura di Salerno, risultava indagato anche da De Magistris nell’ambito dell’inchiesta denominata Sorical. Contro De Magistris e i magistrati di Salerno autori del sequestro del procedimento Why Not, Filocamo presentava denuncia… Nei confronti delle utenze telefoniche in uso al Filocamo acquisiti dalla Procura di Salerno sono emersi contatti di interesse investigativo con il Valori ed altri personaggi…
Giancarlo Elia Valori ha ricoperto le cariche di presidente anche dell’Advisory Board I-System Italia e Huawei Technologies Italia operanti nel settore delle tecnologie informatiche e delle comunicazioni. Il suo nominativo emergeva anche nel filone investigativo dell’inchiesta Why Not, avviato da De Magistris prima dell’avocazione relativo agli interessi del gruppo FINMECCANICA (coinvolta anche nell’inchiesta Poseidone) e delle società TELESPAZIO, ALENIA, DATAMAT nel settore dell’informatizzazione degli uffici giudiziari, delle intercettazioni e del controllo satellitare.
Prima dell’avocazione l’attenzione investigativa si era focalizzata tra l’altro sulla gestione del progetto cosiddetto Galileo relativo alle comunicazioni satellitari, finanziato dalla UE e sostenuto nel 2006 dal Ministero del Trasporti del Governo PRODI, diretto da Alessandro BIANCHI, il cui capo di gabinetto era ACHILLE TORO.
L’inchiesta salernitana evidenziava che un ruolo rilevante nelle valutazione e assegnazione dei finanziamenti europei alle società TELESPAZIO, ALENIA e DATAMAT del gruppo FINMECCANICA nel settore delle telecomunicazioni era stato svolto dal prof. Francesco DELLI PRISCOLI, figlio del Procuratore Generale Mario DELLI PRISCOLI (dal quale provenivano le azioni disciplinari contro De Magistris). Emergeva altresì che nell’anno 2007 Elio MASTELLA, figlio del Ministro della Giustizia CLEMENTE MASTELLA (indagato nel procedimento Why Not; il 20-9-2007 chiedeva il trasferimento di De Magistris…) aveva percepito redditi dalla FINMECCANICA e dalla controllata SELEX SISTEMI INTEGRATI SpA… E non è finita qui.
Nessun commento:
Posta un commento