Gioacchino Genchi: "L'Italia nelle mani di un puparo addirittura indegno della P2"
(- da Vedere ed ascoltare attentamente -)
Qui solo alcune INFO ---> http://it.wikipedia.org/wiki/Giancarlo_Elia_Valori
...ma...
SPERO CHE NULLA DI QUANTO SCRIVO IN QUESTO POST DEDICATO AD ELIA VALORI SIA VERO
La P2 ieri. La sua vittoria oggi
---> http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/massoni/p2.html---> http://malgradotuttoblog.blogspot.it/2014/12/p2-elia-valori-gelli-cia-cosanostra.html
ALCUNE INFO:
Ecco di seguito,
per comodità,
alcune informazioni sul Suo conto:
- Poteri e Servizi a Valori aggiunti http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/03/11/poteri-servizi-valori-aggiunti.html
- Spero che nulla di quanto scrivo in questo post dedicato ad Elia Valori sia vero https://leorugens.wordpress.com/2014/08/21/spero-che-nulla-di-quanto-scrivo-in-questo-post-dedicato-ad-elia-valori-sia-vero/
- A tavola con la cinese più ricca del mondo http://www.giornaledellumbria.it/article/article157509.html
- Confesso che ho vissuto http://archivio.panorama.it/archivio/Confesso-che-ho-vissuto
- L'amico di Kim http://archivio.panorama.it/archivio/L-amico-di-Kim
- Luttwak: con Valori avete sbagliato http://www.radicalifvg.it/Luttwak.html
- Valori, Foxman, Kissinger, Powel e la Rice insieme per il centenario dell’Anti-Defamation League http://www.romaebraica.it/valori-foxman-kissinger-powel-e-la-rice-insieme-per-il-centenario-dellanti-defamation-league/
- La Centrale finanziaria generale http://www.lacentralegroup.it/presidente.html
- Fondi Europei http://www.lab-pa.com/eventi/Programma_invito.pdf - http://www.lab-pa.com/chisiamo.php
- CRAXI TOP SECRET - DAI MILIARDI IN SVIZZERA ALL’ORDINE DI PROTEGGERE BERLUSCONI: I DOCUMENTI RISERVATI DEL LEADER SOCIALISTA - IL BURATTINAIO CHE VUOLE AFFOSSARE IL PSI? GIANCARLO ELIA VALORI - E AMATO SCRIVE A BETTINO: SAREI ADATTO PER LA CORTE COSTITUZIONALE http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/craxi-top-secret-miliardi-svizzera-all-ordine-proteggere-85313.htm
- Rivelazioni dall’archivio Genchi: Chi è Elia Valori | Pietro Orsatti https://hovistocosechevoiumani.wordpress.com/2009/12/09/rivelazioni-dall%E2%80%99archivio-genchi-chi-e-elia-valori-pietro-orsatti/
- Per molti anni, fra l'altro, Presidente di Sviluppo Lazio e Unione Industriali di Roma
- Super Commissione delle 5 Entità - confessioni di Vincenzo Calcara).
- IL CATTO-MASSONE E BOIARDO ELIA VALORI È VIVO, E LOTTA INSIEME A BALDASSARRE NELLA TRUFFA ALITALIA IN SOSTEGNO DELLE MAGAGNE DEL BANANA http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/catto-massone-boiardo-elia-valori-vivo-lotta-insieme-68134.htm
QUI PARIGI! DAVID DE ROTSCHILD, IL BANCHIERE DEI BANCHIERI, PRESENTA CON IL 'LOGGIONISTA' ANTOINE BERNHEIM E L'INTRUFOLONE TARAK BEN AMMAR, IL LIBRO DI GIANCARLO ELIA VALORI - NON FINISCE QUI, IN PLATEA: GALATERI, RENÈ CARRON (CREDIT AGRICOLE), ZALESKI E FITOUSSI - DE ROTSCHILD: "IL MONDO È PASSATO VICINISSIMO AL BARATRO - SFIORATO IL FALLIMENTO BANCARIO"
Antoine Bernheim, David de Rotschild e Tarak Ben Ammar hanno presentato questa sera a Parigi, 'Il futuro è già qui, al fianco del suo autore Giancarlo Elia Valori, nel corso di una serata di prestigio all'Ambasciata d'Italia. Per la presentazione francese dell'opera di Valori, già vincitrice del Premio Ischia Mediterraneo 2009, era presente un parterre 'top' del mondo dell'economia.
Il dibattito, che ha spaziato dagli scenari dell'attuale crisi mondiale, alle prospettive del Mediterraneo, ai principali temi internazionali, è stato introdotto dall'Ambasciatore d'Italia a Parigi, Giovanni Caracciolo di Vietri.
«Il futuro è già qui - ha detto l'ambasciatore - è un esercizio intellettuale complesso, che nasce da conoscenze profonde dell'autore in materia di economia, di politica, di relazioni internazionali, militari e di sicurezza. Non un libro 'da comodino, ma un'opera che reclama l'attenzione costante del lettore, che deve essere studiata, analizzata e deve essere oggetto di riflessioni».
Riflessioni e attenzioni che i tre rappresentanti del mondo economico al fianco di Valori hanno proposto ad un pubblico nel quale erano presenti fra gli altri il presidente del Consiglio di amministrazione della Saint-Gobain, Jean-Louis Beffa, il direttore dell'Ice di Parigi, Leonardo Radicati, il presidente di Telecom Italia, Gabriele Galateri e il presidente di Credit Agricole, Renè Carron.
Il produttore Ben Ammar ha proposto riflessioni a tutto campo, soprattutto su temi di politica internazionale, come la pace in Medio Oriente, il Mediterraneo e l'immigrazione. Sul Medio Oriente, ha sottolineato che il Nobel al presidente Barack Obama è stato «un modo di dire al presidente del più grande paese del mondo, fate in modo che l'anno prossimo si raggiunga la pace in Medio oriente».
Sul Mediterraneo ha ricordato come il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi abbia fatto «quello che mai nessuno aveva fatto prima, ha chiesto scusa per il passato dell'Italia in quel paese». Ed è questa la chiave, ha aggiunto, per risolvere anche i problemi di immigrazione: «il diritto a spostarsi, a viaggiare ha sempre fatto parte dell'umanesimo. Se l'Africa non conosce l'Europa, un giorno avremo tutti capi che non hanno viaggiato, come Saddam o Ahmadinejad».
Per il presidente di Generali, Antoine Bernheim, «se si arriva a scambi importanti» fra l'Europa e l'Africa, «si ridurranno i flussi migratori e ci sarà maggior sviluppo nei paesi africani». Bernheim ha discusso anche un tema forte del libro di Valori, il futuro del petrolio: «non sarei così pessimista - ha detto - io penso che abbia ancora un futuro, anche se il prezzo del barile dovrebbe essere un pò più alto». Quanto alla crisi, per Bernheim si tratta di un problema «più grave del riscaldamento climatico» e «il pessimismo di Valori è più che giustificato».
Il banchiere David de Rotschild ha osservato che «il mondo è passato vicinissimo al baratro» con questa crisi e che «è stato sfiorato il fallimento del sistema bancario. Ora - ha aggiunto - anche se il sistema bancario non è del tutto sano, ne è globalmente uscito». Per Rotschild, il mondo, dopo la caduta, si trova «in piano» ma non ancora all'uscita dalla crisi: «non bisogna fare gli ottimisti ad ogni costo. Fin quando si distruggono posti di lavoro non possiamo dire di avere la crisi dietro le spalle».
Valori ha parlato di alcuni temi forti del suo libro, in cui - ha detto - «ho analizzato uno per uno, nella loro realtà attuale e nelle loro future implicazioni, gli elementi essenziali attorno ai quali ruotano i destini dell'umanità: il petrolio, la crescita demografica dei paesi in via di sviluppo, l'invecchiamento della popolazione del mondo occidentale, il riscaldamento globale e le attività finanziarie».
L'opera, ha ricordato non dimentica aspetti «ideologici, culturali e religiosi» come la minaccia del fondamentalismo islamico, le ambizioni della Russia, l'ascesa di Cina e India e «soprattutto, il ruolo importante dell'Italia in Europa e nel bacino del Mediterraneo». Il futuro, per Valori, è «scrutare il mondo 'nelle nebbie del domanì», ha detto con riferimento «al titolo di un vecchio libro di Johann Huizinga». Un'attività che ha voluto divulgare con la sua opera e che «finora è stata un esercizio intellettuale utile ma ristretto a piccoli gruppi di intellettuali e di decisori politici ed economici».
Vaticano: le carte mai lette del segretario dei misteri
L’intervento sul sequestro brigatista del dc Ciro Cirillo, nel 1981. Gli accordi sugli appalti del G8. E poi riunioni nel gotha della finanza, affari milionari, strani furti. Ecco i documenti segreti di don Pietrino Principe, al servizio di cinque papi ed ex braccio destro del cardinal Sodano.
L’interessamento del cardinale Leonardo Sandri all’assegnazione degli appalti del G8, i rapporti tra l’ex segretario di Stato Angelo Sodano e la famiglia Ligresti per la vendita di alcune proprietà del Vaticano, il ruolo dello Ior nella liberazione dell’assessore democristiano della Regione Campania Ciro Cirillo, sequestrato dalle Brigate rosse. Sono alcune delle scoperte fatte da Panorama consultando in esclusiva l’archivio di monsignor Pietrino Principe, morto il 25 agosto 2010. Principe ha lavorato nella segreteria di Stato al servizio di cinque papi, da Giovanni XXIII a Benedetto XVI, per 42 anni. A questo sacerdote, originario di Acqui-Visone (Alessandria), era affidata la direzione dell’ufficio cifra. Era il custode dei segreti più sensibili del Papa e della curia romana. Dalla cifra partono tuttora i cablo in codice segreto destinati alle nunziature di tutto il mondo, con i documenti più riservati.
Il monsignore, alto e dall’aspetto aristocratico, spesso con una sciarpa bianca di seta al collo, era anche il braccio destro del cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Confidente, factotum ed emissario del porporato, Principe intratteneva rapporti con alcuni dei personaggi più in vista del mondo politico ed economico. Per questo il giorno della sua morte i gendarmi vaticani si sono presentati a casa sua, all’ultimo piano del Palazzo del sant’Uffizio, hanno prelevato il suo archivio personale e lo hanno trasferito in Vaticano, affidandolo all’archivio della segreteria di Stato. O almeno credevano di avere preso tutto. Perché in realtà una parte delle carte e degli appunti di Principe è rimasta in mano al medico del prelato: Giovanna Bergui, docente di cardiochirurgia e primario di fama (oggi in pensione) al Policlinico di Milano.
Negli ultimi mesi della malattia Principe aveva nominato Bergui sua esecutrice testamentaria e Panorama, alla presenza della dottoressa, ha potuto consultare l’archivio mentre stava per essere inscatolato e trasferito ad Alba, in Piemonte, dove Bergui abita. C’è anche un giallo su questo archivio perché, secondo quanto riferisce l’esecutrice testamentaria, prima ancora che si presentasse la gendarmeria vaticana, e mentre Principe era già in ospedale, due uomini sono entrati nella sua casa con il pretesto di fare un intervento di manutenzione e avrebbero sottratto due valigie di documenti riservati.
Non si sa che cosa sia stato portato via, tuttavia i documenti che il monsignore e il suo medico hanno conservato sono una miniera di sorprese. A cominciare da un appunto, datato 25 marzo 2008. Quel giorno Bernardo Carchella, consigliere delegato dell’Impresa Carchella, trasmette a Principe una nota relativa alla proposta di appalti per l’organizzazione del G8 della Maddalena. La nota è conservata con il biglietto da visita di Carchella. L’appunto riporta l’elenco delle opere previste per il G8 per circa 300 milioni di euro. C’è un’annotazione: «I lavori saranno aggiudicati e gestiti tramite la struttura coordinata dall’ingegner Angelo Balducci». A margine, un appunto a matita di Principe: «Telefonato al cardinale Sandri, 83400, il 26 marzo 2008». Il monsignore dunque riceve l’elenco dei lavori della Maddalena e l’indicazione di chi dovrà gestire l’appalto. E il giorno seguente chiama il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali ed ex sostituto alla segreteria di Stato. Le ragioni sono tutte da spiegare.
Un altro appunto riguarda un summit riservato, che si svolge la sera del 9 giugno 2001 in una saletta privé del ristorante Cesarina a Roma, tra il cardinale Sodano e il gotha della finanza italiana. Con il porporato si ritrovano Cesare Geronzi, Sergio Cragnotti, Antonino Ligresti e signora, Paolo Ligresti e signora, il nipote di Sodano, Guido (dirigente della Fonsai agricola di Ligresti), Massimo Pini e signora. Secondo la nota di Principe, in quella cena si parla della vendita della tenuta dell’Elemosineria apostolica a Roma e dello sviluppo delle aree del Vaticano ad Acquafredda. Quest’ultima operazione si è conclusa proprio nei mesi scorsi, dopo un’intesa con il Comune di Roma.
Un terzo appunto potrebbe gettare invece una luce nuova sul sequestro Cirillo. Il 27 aprile 1981 a Torre del Greco (Napoli) un commando delle Br rapisce l’assessore. La trattativa per la liberazione dura 90 giorni con la partecipazione di funzionari dei servizi segreti, boss della camorra, terroristi ed esponenti della Dc. Fino alla liberazione di Cirillo, il 23 luglio 1981. Secondo le Br sarebbe stato pagato un riscatto di 1 miliardo 450 milioni di lire. Una storia ancora da chiarire. Ora spunta dall’archivio del braccio destro di Sodano un foglio a quadretti un po’ ingiallito, scritto a mano con inchiostro blu. La grafia è di Principe: «Il caso Cirillo l’ha risolto Valori prendendo soldi dalla Seat (Silvano) – Dardozzi – Fiat». Il foglio risale al 1994. Chi è il Valori citato in quelle poche righe? Si tratta di Giancarlo Elia Valori? Sullo stesso foglio ci sono altre note: «Valori – era al matrimonio del figlio di Gava». Poi c’è un altro schema: «Valori > Cina; Valori > Peron-Argentina; Valori > Ceausescu (presidente dal ’67) Romania; Valori > Gava > Napoli – caso “Cirillo” > Raffaele Lauro > Benincasa Carmine (antiquario) > Pascale > Tedeschi – Opus Dei; Valori > Andreotti».
Principe non spiega quale potrebbe essere stato il coinvolgimento di Valori nel caso Cirillo. Non ci sono dubbi invece che il Silvano indicato accanto alla voce Seat sia Francesco Silvano, fino al 1992 amministratore delegato della controllante Stet e futuro braccio destro del cardinale Crescenzio Sepe. Da notare il riferimento all’ingegnere Renato Dardozzi, sacerdote dell’Opus Dei, che negli anni del sequestro Cirillo lavorava allo Ior ed era amico di Principe. A suo tempo il giudice istruttore Carlo Alemi aveva ipotizzato il coinvolgimento della banca vaticana nel caso Cirillo. Il riferimento alla Fiat lascia invece intuire un coinvolgimento dell’azienda torinese nella liberazione. Non va dimenticato infatti che proprio il giorno seguente la liberazione di Cirillo venne riconsegnato dai brigatisti anche il dirigente dell’Alfa Romeo Renzo Sandrucci. Sono documenti preziosi per ricostruire l’intreccio tra il Vaticano e il mondo politico-finanziario, da Karol Wojtyla a Joseph Ratzinger.
---> Ecco le immagini che il motore di ricerca Google da quando si digita il suo nome:
Intervista con il professor Giancarlo Elia Valori
Una conversazione con il Professor Giancarlo Elia Valori, un esperto di politica internazionale, discutere alcune delle zone più importanti del pianeta. Si parla di Cina, Regno Unito e usa le relazioni e il ruolo dell'Italia nel Mediterraneo.
"Il professor Giancarlo Elia Valori è un economista italiano eminente e uomo d'affari, un professore universitario e un acuto osservatore della situazione politica ed economica internazionale. Nel corso della sua lunga carriera ha ricoperto numerosi incarichi ad alto contenuto di prestigiose aziende italiane ed estere. Attualmente presiede" La Centrale Finanziaria Generale SpA ", la Fondazione Laboratorio per la Pubblica Amministrazione e la delegazione italiana della Fondazione Abertis. Egli è anche il presidente onorario di Huawei Italia, consigliere economico del gigante cinese HNA Group, consigliere di Khashoggi Holding e titolare delle cattedre importanti al prestigioso università come Yeshiva University di New York, l'Università Ebraica di Gerusalemme e l'Università di Pechino.
Nel 1992 è stato nominato Officier de la Légion d'Honneur de la République Française, con questa motivazione: "Un uomo che può vedere oltre le frontiere per comprendere il mondo". Dal 11 Maggio 2001, è un ambasciatore di buona volontà dell'UNESCO per i suoi meriti generosamente trascorsa nella difesa e nella promozione del patrimonio immateriale. Nel 2002 ha ricevuto il titolo di "Onorevole" dell'Académie des Sciences de l'Institut de France ".
Asia
Nel mese di novembre 2014, i mercati azionari di Shanghai e Hong Kong hanno lanciato un ambizioso programma di collegamento tra i due centri finanziari. Secondo la vostra opinione, che trarrà i maggiori vantaggi?
Il collegamento tra i due centri finanziari, Shanghai e Hong Kong, è un evento storico per i mercati internazionali perché apre la strada per l'ulteriore internazionalizzazione dello yuan, contribuendo a rafforzare gradualmente la leadership mondiale per lo sviluppo finanziario della Cina continentale . Questa partnership, che ha suscitato grandi aspettative tra le autorità finanziarie asiatiche, sarà favorevole per un mercato dei capitali più aperto, favorendo così l'emergere di Hong Kong come centro finanziario internazionale.
Il Presidente Giancarlo Elia Valori con l'ex segretario generale del Partito comunista cinese e il presidente della Repubblica popolare cinese Jiang Zemin
Possa questa connessione essere considerato come una minaccia per Tokyo, essendo la terza più grande mondo di borsa per capitalizzazione di mercato, dopo New York e Londra?
E non è una minaccia a Tokyo, ma la collaborazione tra i centri finanziari di Hong Kong e Shanghai, ha infatti dato alla luce la terza borsa valori del mondo e il primo in Asia. Così il mercato azionario giapponese, che era al terzo posto dopo quelli di New York (NYSE e NASDAQ), è stato superato da un concorrente asiatico dopo 40 anni. Inoltre si prevede che in futuro si assisterà alla ulteriore allargamento di Shenzhen in Borsa, che consentirebbe ai tre mercati insieme per raggiungere una capitalizzazione di circa 7000 miliardi di dollari.
Il Presidente Giancarlo Elia Valori con l'attuale primo classificato il Vice Premier della Repubblica Popolare Cinese, Zhang Gaoli
Quale dei grandi megalopoli asiatiche diventerà il più influente in termini economici e politici?
Hong Kong diventerà il più influente.
UK & USA
Secondo alcuni esperti del settore , London mira a diventare il centro mondiale della finanza , con o senza l'approvazione di Washington .
- Secondo lei , accadrà questo ?
- Potrebbe il rapporto speciale che lega questi due paesi subire un deterioramento ?
I locali che Londra diventerà il centro mondiale della finanza ci sono tutti , per una serie di motivi . Ricordo che a Londra , per il suo passato non così lontano come potenza mondiale , ha mantenuto una forte ramificazione di sua presenza in molti paesi. Se questo è combinato con l'uso globale del suo linguaggio e la massiccia presenza di persone fisiche , imprese e fondi finanziari da tutti gli angoli del mondo , credo che Londra diventi - naturalmente - il centro mondiale della finanza , senza alcuna approvazione o deterioramento le relazioni con gli Stati Uniti .
Il Presidente Giancarlo Elia Valori con Shimon Peres e James David Wolfensohn , Presidente Emerito , rispettivamente , dello Stato di Israele e la Banca mondiale
Italiana, mediterranea e asiatica Infrastructure Investment Bank (AIIB)
L'Italia, considerando la sua posizione strategica nel Mediterraneo, potrebbe ritagliarsi un ruolo importante.
- Come può l'influenza italiana nel Mediterraneo aumenterà? Con o senza l'approvazione di Washington?
- Potrebbe la possibile espansionismo italiano scontrarsi con gli interessi francesi?
- Vedete come positivo l'adesione in Italia per l'infrastruttura di Asian Investment Bank (AIIB), promosso da Pechino, tenendo conto della crescente importanza della Cina nel Mediterraneo?
Certo. Ho sempre affermato che l'Italia, grazie alla centralità esclusiva del suo territorio, potrebbe ritagliarsi un ruolo di primo piano nel Mediterraneo, perché, in ultima analisi, il Mare Nostrum ha riacquistato il peso che merita nel commercio internazionale. Si tratta di una rivalutazione che dà un ruolo speciale e importante per l'Italia: una condizione unica che lo rende un punto di incontro tra l'Europa continentale e il Mediterraneo, così come un ponte tra Oriente e Occidente nel nostro quadrante. Invece la nostra costa centrale, visto come il cardine per il resto del Mediterraneo, avrebbe permesso la nascita di una regione, da Roma al Sud, di una forte cooperazione marittima internazionale con la possibilità di portare al rafforzamento dei porti e città, e per facilitare una rete regionale mediterranea di infrastrutture, necessarie per dare forza e nuove dimensioni per il turismo nautico e il trasporto marittimo. A mio modesto parere, credo che questa pianificazione, istituito dalla centralità esclusiva del nostro territorio nell'area del Mediterraneo, non pregiudica in alcun modo compromesso gli interessi della Francia.
Il Presidente Giancarlo Elia Valori con il finanziere franco-Tunisien Tarak Ben Ammar, Egli è anche il Vice Presidente del Gruppo LaCentrale
Così l'Italia ha il potenziale per diventare una logistica naturale e piattaforma marittima nel cuore del Mediterraneo, attraverso la creazione di un aggiornamento dell'infrastruttura funzionale del sistema portuale nazionale, insieme con una politica efficace finalizzata allo sviluppo della logistica, che va dal l'industria manifatturiera e prosegue con merci, i porti e le compagnie di navigazione. Che si sta concentrando su strade e ferrovie intermodali, nonché attuare strutturati, azioni mirate a spingere le nostre aziende a processi di proiezione sui mercati esteri, soprattutto in quelle aree in cui la qualità italiana e la presenza, in termini imprenditoriali sono forti: aerospaziale, automobilistico, agroalimentare, abbigliamento. A questo proposito, ritengo molto importante l'adesione d'Italia, insieme al Regno Unito, la Francia e la Germania, per la nuova Banca asiatica sotto la guida cinese, chiamato Infrastructure Asian Investment Bank (AIIB). Questo perché Pechino sta lavorando ad un "via della seta marittima", che partirà dalla provincia cinese del Guangdong, passando attraverso lo Stretto di Malacca, l'Oceano Indiano, il Corno d'Africa e il Mar Rosso, arriverà nel Mediterraneo e fino a Venezia.
---> http://One-Europe.info/Interview-with-Prof-Giancarlo-Elia-valori
---> http://One-Europe.info/Interview-with-Prof-Giancarlo-Elia-valori
Nuovo “Convivio” dell’Associazione Risorgere, con Giancarlo E. Valori, Oliviero Diliberto e Sergio Santoro. Al Castello dell'Oscano incontro su “Legge, Eguaglianza, Certezza del Diritto, Democrazia” | Dieci domande sul tema al Prof. Valori ---> http://goo.gl/M9gRbb
Componente ANAC ---> http://goo.gl/OyW0b0
Esplora il significato del termine: Appalti. Parla il presidente commissariato: «Con Cantone non cambierà niente»Appalti. Parla il presidente commissariato: «Con Cantone non cambierà niente» ---> http://goo.gl/SyIGQh
ItaliaOGGI: Giancarlo Elia Valori & Garofano
Si fa tutto in salita il matrimonio tra La Centrale Finanziaria Generale (Lcgf) guidata da Giancarlo Elia Valori e Industria e Innovazione (IndIn), la quotata presieduta da Giuseppe Garofano. La ratifica della progettata aggregazione fra le due realtà, entrambe alle prese con conti difficili e con la necessità di rifocalizzare i business, sta slittando di mese in mese dopo che le trattative erano partite nella scorsa primavera. E Garofano ha iniziato a prendere in considerazioni altre partnership, mentre non cessa di ristrutturare IndIn chem, nei primi nove mesi di quest'anno, ha visto un ebitda negativo per 7,7 milioni di euro e una posizione finanziaria netta negativa per oltre 46,2 milioni. L'aggregazione con La Centrale di Valori avrebbe dovuto dar vita a una Siiq, riequilibrando la struttura patrimoniale e finanziaria delle due società. Si è arrivati molto avanti nel negoziato e ad una bozza di contratto, ma negli ultimi giorni Valori ha fatto una parziale marcia indietro sull'apporto di liquidità a supporto dei fabbisogni funzionali del piano di risanamento. È molto probabile che sulla retromarcia di Valori abbiano pesato le frizioni esistenti nell'azionariato di Lcfg, dove gli Amenduni col 18% sono in una posizione critica verso il presidente. Garofano deve quindi ora andare avanti da solo e non esclude di ricapitalizzare IndInv mediante l'ingresso di nuovi soci.
09/04/2013 - TORNO
Chiuse le indagini sul crac. Giancarlo Elia Valori e Bulgheroni tra gli indagati
TORNO - Chiuse le indagini sul crac. Giancarlo Elia Valori e Bulgheroni tra gli indagati
Il pm Luigi Orsi ha terminato le investigazioni sulla società di costruzioni in fallimento per un buco da 150 milioni di euro. Tra i nomi coinvolti, anche l'ex presidente fino al 2008, Giancarlo Elia Valori e l'industriale argentino Carlo Bulgheroni. ---> http://goo.gl/hMIKR0
Questa per esempio l'ha "schivata" come quella Alitalia...
Ecco anche Carlos Alberto Bulgheroni altro bel personaggio: http://www.lacentralegroup.it/it/partners
(ultima foto sotto... partners: GEV fra Bulgheroni e Palenzona).
Centrale Finanziaria: accordo trasformazione Industria e Innovazione in Siiq
(AdnKronos) - Centrale Finanziaria Generale, presieduta da Giancarlo Elia Valori, ha sottoscritto un importante accordo per la trasformazione di Industria e Innovazione, società quotata a Piazza Affari, in Siiq (Società di investimento immobiliare quotata).
L?accordo, si legge in una nota, è sottoposto ad alcune condizioni, tra le quali l?intesa con i creditori di Industria e Innovazione (finanziari, obbligazionisti, terzi) nell?ambito di un piano ex art.
67 legge fallimentare.
In tale quadro sono previsti apporti di immobili a reddito da parte di privati, in modo tale che il portafoglio immobiliare risultante sia in grado di remunerare il capitale di rischio della nuova Industria e Innovazione. Il piano prevede un apporto di cassa per 1,5 milioni di euro, derivante dalla cessione di attivi o da aumento di capitale in opzione, garantito da alcuni soci attuali di Industria e Innovazione e prospettici (La Centrale Finanziaria Generale e alcuni suoi soci).
La Centrale Finanziaria Generale, all?esito dell?operazione, verrà a detenere il controllo di diritto di Industria e Innovazione, con l?esenzione dall?obbligo di opa.
Contestualmente, la stessa merchant bank guidata da Giancarlo Elia Valori ha inoltre acquisito da Serenissima Partecipazioni il 27% del capitale di Serenissima SGR, elevando così al 78% il suo controllo sulla società veronese.
Serenissima SGR, tra l?altro, su impulso dell?azionista di maggioranza, La Centrale Finanziaria Generale, ha anche chiuso brillantemente l?acquisizione di otto fondi di Est Capital, con un patrimonio aggregato di circa 500 milioni di Euro.
Con questa operazione la Serenissima SGR fa salire le masse gestite a 1,8 miliardi di Euro, incrementando così il suo già pregiato parterre di investitori istituzionali, che spazia tra fondazioni, enti previdenziali e importanti esponenti dell?imprenditoria.
CREDIT MUTUEL, VIVENDI, VINCENTE BOLLORE'... (Giancarlo Elia Valori):
Francia, Bolloré accusato di aver fatto censurare un documentario
Un film accusa Crédit mutuel. Il patron di Vivendi lo censurò su Canal+.
Un editore, un'inchiesta censurata, e una banca amica. Sono gli ingredienti della storia che vede sotto accusa Vincent Bolloré, patron di Vivendi, che avrebbe personalmente bloccato un documentario sul Crédit mutuel. Secondo quanto rivelato da Mediapart, il film, Évasion fiscale, une affaire française, doveva essere trasmesso il 18 maggio su Canal+, all'interno del programma Spécial investigation, ma non è mai andato in onda. TELEFONÒ A BELMER. Venuto a conoscenza dei contenuti dell'inchiesta, che accusava Crédit mutel di aver messo in piedi un sistema per evadere il fisco utilizzando le sue sedi in Svizzera e nel Principato di Monaco, Bolloré avrebbe chiamato personalmente l'allora direttore generale di Canal+, Rodolphe Belmer, e posto il suo veto.
I legami tra Vivendi, che il 12 maggio aveva annunciato l'Opa per prendere il controllo totale di Canal+, e il Crédit mutuel sono noti. Tra il gruppo e la banca ci sono diversi interessi comuni. Ed è stata proprio quella banca a fornire le garanzie per l'Opa su Canal+. L'AUTORE: «NON MI ERA MAI CAPITATO PRIMA». «In 15 anni non mi era mai capitata una censura così chiara e brutale», ha commentato Jean-Pierre Canet, autore del documentario, a Mediapart, «Non è stato possibile negoziare o trovare un accordo con la direzione o l'azionista principale di Canal+».
Né Bolloré né Vivendi hanno voluto commentare le accuse. Contro Crédit mutuel, nel 2014, è stata aperta un'inchiesta giudiziaria per frode fiscale.
SERENISSIMA SGR - Prove di risanamento in casa di Elia Valori
Prove di risanamento per la Centrale Finanziaria, presieduta da Giancarlo Elia Valori che nell'ultimo bilancio (2013) ha perso quasi 10 milioni di euro mentre dal capitale sono usciti sia Assicurazioni Generali sia Allianz e le quote sono state rilevate parzialmente dal costruttore Pierluigi Toti che oggi detiene il 18,6%. La prima partita aperta riguarda la partecipazione più importante della holding, cioè il 51% nella Serenissima sgr, presieduta da Luca Galli e guidata da Luca Giacomelli, nel cui board in quota della Centrale siedono Vittorio Fini e Armando Maffeis.
La società di gestione di otto fondi immobiliari, con asset per 1,3 miliardi di euro, sta puntando in queste settimane a rilevare gli attivi di Est Capital sgr, un'altra società di gestione di venti fondi chiusi (immobiliari, di social housing e di energie alternative) finita recentemente in amministrazione straordinaria dopo alcune burrascose vicende che hanno coinvolto l'ex management guidato da Gianfranco Mossetto. L'accorpamento tra Serenissima sgr ed Est Capital sgr consentirebbe di rafforzare la massa d'urto del veicolo controllato dal gruppo di Valori, di cui altri soci sono Serenissima Partecipazioni (emanazione di A4 Holding), Banca Popolare di Vicenza, Banca Mediolanum, Ubi e Banco Popolare.
La seconda partita in corso riguarda il riassetto dell'altra partecipazione della Centrale, il 20% nella Centax, società che fornisce servizi di accettazione assegni per la grande distribuzione. Il socio di controllo di Centax è la Somar di Maffeis, che in Centrale ha il 9,3% ed è componente del comitato esecutivo. La partecipazione del gruppo di Valori, costata 8 milioni, è già stata svalutata a 5 milioni e la società ha chiuso il 2014 in perdita, pur fatturando oltre 8 milioni. Di qui la necessità di trovare un nuovo azionista, dopo che Centax fra l'altro ha appena pagato una sanzione di 270 mila euro dopo una verifica fiscale. «Risulta determinante - ha spiegato il presidente Maffeis ai soci - avere un rapporto industriale consolidato e duraturo con un'entità del mondo bancario, che possa supportare la crescita del fabbisogno». Ed è lo stesso Maffeis a comunicare che i già esistenti rapporti con Cofidis del gruppo bancario francese Credit Mutuel potrebbero portare nei prossimi mesi «anche ad accordi di natura societaria».
Otto nuovi fondi di Est Capital a Serenissima SGR
I fondi sono investiti nel settore immobiliare core e value added oltreché nel settore delle energie rinnovabili.
Dopo un anno di trattativa, Serenissima SGR subentra nella gestione di 8 fondi di Est Capital in amministrazione straordinaria con un patrimonio aggregato di circa 500 milioni. I fondi sono investiti nel settore immobiliare core e value added oltreché nel settore delle energie rinnovabili. Con questa operazione, Serenissima SGR di Verona, con masse gestite per circa 1,8 miliardi, incrementa il suo già pregiato parterre di investitori istituzionali che spazia fra fondazioni, enti previdenziali ed importanti esponenti dell’imprenditoria.
La fase conclusiva del percorso, avviato su impulso dell’azionista di maggioranza La Centrale Finanziaria Generale, guidata da Giancarlo Elia Valori, è culminata con le assemblee dei sottoscrittori dei fondi, in ossequio alle modalità di subentro nelle gestioni di fondi, che hanno già tutte deliberato a favore del nuovo gestore così come gli Istituti di credito sotto l’occhio vigile di Banca di Italia. Serenissima SGR, a seguito di questa articolata operazione, assumerà anche nuove risorse funzionali al potenziamento della struttura organizzativa adeguandola alle aumentate dimensioni operative.
"È un'operazione auspicata, studiata da tempo, valutata in tutti i suoi risvolti ed è soprattutto sintonica alle linee strategiche previste dal nostro piano industriale", dichiara Luca Giacomelli, ad di Serenissima SGR, che ha chiuso il bilancio 2014 con un sensibile incremento delle commissioni di gestione, con un EBITDA del 38% ed un utile netto del 21%. "Con l'arrivo dei nuovi fondi", sottolinea infine Giacomelli, "vi saranno anche nuove sfide e qualche complessità in più da gestire ma per Serenissima si apre anche la sfida di proseguire nella linea che abbiamo sempre mantenuta, ovvero di contemperare gli interessi dei clienti con la creazione di valore, aumentando le masse gestite per arrivare a dimensioni oggi ritenute più idonee per uno sviluppo costante e ordinato del business. Da qui la nostra apertura misurata anche verso nuovi dossier".
Etruria, banca spolpata tra fidi ai consiglieri e yacht "fantasma"
"Come è umano lei!" Se non ci fosse già la mestizia per un morto suicida, verrebbe da usare le parole di Giandomenico Fracchia ne "La belva umana" per giudicare "le misure di tipo umanitario" annunciate dal ministro Pier Carlo Padoan a favore dei risparmiatori più poveri, il parco buoi che con le obbligazioni "subordinate" di quattro banche ha perso tutto.
Ruggisce la Chimera di Arezzo verso i 13 ricchi ex amministratori e 5 ex sindaci di Banca Etruria che invece probabilmente non restituiranno mai i 185 milioni che si sono auto-concessi con 198 posizioni di fido finiti in " sofferenza" e in "incaglio", settore che in banca curava Emanuele Boschi, fratello del super-ministro Maria Elena. Né, visti i precedenti, restituiranno i 14 milioni riscossi di gettoni negli ultimi cinque anni. Figurarsi poi i 20 primi "sofferenti" per oltre 200 milioni. A cominciare da Francesco Bellavista Caltagirone dell'Acqua Antica Pia Marcia, "un dono fatto all'Urbe dagli dei"(Plinio il Vecchio) esposta con le sue controllate per 80 milioni o la Sacci (40 milioni) della famiglia Federici, passata adesso all' Unicem, o la Finanziaria Italia Spa del Gruppo Landi di Eutelia (16), o ancora la Realizzazioni e Bonifiche del Gruppo Uno A Erre (10,6) , l'Immobiliare Cardinal Grimaldi, titolare di un mutuo di 11,8 milioni a 40 anni, una durata che non esiste sul mercato, e l' Acquamare srl (17,1) sempre del gruppo Bellavista Caltagirone.
Tra le storie più deliranti tra quelle nelle quali ci si imbatte percorrendo i sentieri delle quattro banche fallite, la più sconclusionata è quella del panfilo più lussuoso al mondo che doveva essere costruito dalla Privilege Yard Spa a Civitavecchia, lungo 127 metri e già opzionato – si diceva - da Brad Pitt e Angelina Jolie.
Dal 2007, quando fu costituito il pool di banche capeggiato dall'Etruria, esiste solo il rendering della nave di carta e la società è fallita con un buco di 200 milioni.
L'inventore del bidone si chiama Mario La Via, che si definisce "finanziere internazionale", e che esibiva come suoi soci l'ex segretario generale dell'Onu Perez de Cuellar, il sultano del Brunei e Robert Miller, azionista di Louis Vuitton e CNN. L'inaugurazione del cantiere fu benedetta dal cardinale Tarcisio Bertone. Nel consiglio figuravano Mauro Masi, ex direttore generale della Rai, Giorgio Assumma, ex presidente della Siae, e il tributarista Tommaso Di Tanno.
Per non farsi mancare niente, tra gli sponsor c'era anche Giancarlo Elia Valori, l'unico massone espulso a suo tempo dalla P2 di Licio Gelli.
D'altro canto, la Banca Etruria è da lustri teatro dello scontro e anche degli incontri d'interessi tra finanza massonica e finanza cattolica. Quasi tutte storie che vengono dalla notte dei tempi.
Dal 2007, quando fu costituito il pool di banche capeggiato dall'Etruria, esiste solo il rendering della nave di carta e la società è fallita con un buco di 200 milioni.
L'inventore del bidone si chiama Mario La Via, che si definisce "finanziere internazionale", e che esibiva come suoi soci l'ex segretario generale dell'Onu Perez de Cuellar, il sultano del Brunei e Robert Miller, azionista di Louis Vuitton e CNN. L'inaugurazione del cantiere fu benedetta dal cardinale Tarcisio Bertone. Nel consiglio figuravano Mauro Masi, ex direttore generale della Rai, Giorgio Assumma, ex presidente della Siae, e il tributarista Tommaso Di Tanno.
Per non farsi mancare niente, tra gli sponsor c'era anche Giancarlo Elia Valori, l'unico massone espulso a suo tempo dalla P2 di Licio Gelli.
D'altro canto, la Banca Etruria è da lustri teatro dello scontro e anche degli incontri d'interessi tra finanza massonica e finanza cattolica. Quasi tutte storie che vengono dalla notte dei tempi.
La Banca dell'oro, come era chiamata per il ruolo nel mercato dei lingotti, nasce nel 1882 in via della Fiorandola come Banca Mutua Popolare Aretina. Ma è cent'anni dopo, nel 1982, che comincia l'espansione con l'acquisto della Popolare Cagli, della Popolare di Gualdo Tadino e della Popolare dell'Alto Lazio, feudo di Giulio Andreotti che era sull'orlo del default. E comincia il trentennio del padre-padrone Elio Faralli, classe 1922, massone, che rinunciò alla presidenza con una buonuscita di 1,3 milioni e un assegno annuale di 120 mila euro perché a 87 anni non facesse concorrenza alla sua ex banca. Scomparso nel 2013 e sostituito dal cattolico Giuseppe Fornasari, ex deputato democristiano, Faralli sponsorizzò tutte le prime venti operazioni in sofferenza di cui abbiamo dato conto, salvo 20 milioni deliberati ancora per la nave di carta durante la presidenza Fornasari. Risale poi al 2006 l'acquisto di Banca Federico Del Vecchio. Doveva essere la boutique bancaria che portava in Etruria i patrimoni delle ricche famiglie fiorentine, ma si è rivelata un buco senza fondo. Un giorno Faralli si rinchiuse da solo in una stanza col presidente della Del Vecchio e ne uscì con un contratto di acquisto per 113 milioni, contro una stima di 50, mentre mesi fa veniva offerta in vendita a 25 milioni.
"La Banca Etruria non si tocca," andava proclamando il sindaco di Arezzo Giuseppe Fanfani, nipote del leader storico della Democrazia Cristiana Amintore e figlio del leader locale Ameglio, alla vigilia di lasciare l'incarico per trasferirsi nella poltrona di membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura. Un sindaco aretino, chiunque egli fosse, era costretto a difendere "per contratto" l'icona bancaria cittadina, 186 sportelli e 1.800 dipendenti, con un modello fondato su un groviglio di interessi intrecciati tra loro. Lo stesso modello ad Arezzo, come nelle Marche, a Chieti e Ferrara, con banchieri improvvisati, politici locali, imprenditori, azionisti, grandi famiglie feudatarie, truffatori, a spese dei piccoli correntisti spinti ad acquistare prodotti a rischio per loro incomprensibili. Ma il mito della banca semplice, radicata sul territorio, per clienti semplici, dove tutti si fidano, si è infranto definitivamente un mercoledì del febbraio scorso, quando ad Arezzo di fronte ai capi- area convocati per avere comunicazione dei tragici dati di bilancio irrompono due commissari nominati dalla Banca d'Italia, Riccardo Sora e Antonio Pironti. Il presidente vuole annullare la riunione , ma i commissari dicono: "No, la riunione la facciamo noi." E di fronte ai dirigenti esordiscono così: "Qualcuno in Consiglio d'amministrazione insiste nel non voler capire bene la situazione". E dalla sala si alza un commento:"Meglio i commissari che il geometra", che non è altri che il presidente commissariato Lorenzo Rosi, affiancato dal vice Pier Luigi Boschi. Ma la Banca d'Italia finalmente muscolare non fa miglior figura. Passano due o tre giorni e si scopre che il commissario di Bankitalia Sora è indagato a Rimini, dove era stato commissario della locale Cassa di risparmio per l'acquisto di azioni proprie "a un prezzo illecitamente maggiorato".
Adesso, con il pellegrinaggio di ieri ad Arezzo di Matteo Salvini ed altri raccogliticci salvatori della patria, le polemiche tutt'altro che ingiustificate sulla Banca d'Italia, che era finora un tabernacolo inviolabile, si spostano dritte dritte sul governo Renzi. Il capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo evoca i 238 miliardi di aiuti alle banche messi dalla Germania, che poi ha promosso i vincoli per impedire interventi analoghi agli altri paesi, contro il nostro miliardo. E lamenta gli inadeguati poteri d'intervento e sanzionatori. Ma non spiega perché il commissariamento non fu fatto dopo la terribile ispezione del 2010 o dopo quelle altrettanto tragiche del 2013 e 2014. Quanto al governo, ci ha messo non più di venti minuti per approvare il Salva-banche. Ma, attenzione. Così com'è, c'è chi teme che rischi di provocare altri monumentali guai.
Ex amministratori e sindaci si sono auto concessi prestiti per 185 milioni oltre a gettoni di presenza da 14 milioni in 5 anni I primi 20 prestiti in sofferenza ammontano a 200 milioni. Tra i beneficiari la famiglia Federici e Bellavista Caltagirone.
Un azionista della Banca dell'Etruria all'assemblea organizzata dai consumatori
PRESENTE ANCHE NEL CDA DI LabPA
1° Master Anticorruzione di II livello
La Global Management Group e la Fondazione Lab PA sono partner dell’Università di Roma Tor Vergata nel 1° Masteranticorruzione (MAC), approvato dal Senato Accademico dell’Università, con il coordinamento del Prof. Gustavo Piga.
L’iniziativa, sostenuta anche dal Presidente dell’ANAC Raffaele Cantone, si inserisce nel percorso più complessivo che l’Italia sta avviando verso una crescita durevole e sostenibile anche tramite la lotta concreta al fenomeno della corruzione, che ostacola l’attività delle imprese e delle amministrazioni pubbliche e che genera distorsioni nell’allocazione delle risorse, rendendo impossibile la costituzione di un ambiente favorevole all’innovazione, all’occupazione e allo sviluppo, riducendonei fatti la possibilità di crescita dell’economia.
Il Master in Anticorruzione di II livello risponde all’esigenza di creare professionisti esperti in grado di supportare imprese private ed amministrazioni pubbliche negli adempimenti normativi e nella realizzazione di sistemi di controllo organizzativo/gestionali idonei a ridurre l’incidenza dei fenomeni devianti, contribuendo a diffondere la cultura della trasparenza ed integrità. Esso è rivolto a neolaureati, professionisti e dipendenti di aziende private e pubbliche che intendono ottenere tutti gli strumenti, non solo giuridici, ma anche organizzativi e gestionali, necessari al contrasto della corruzione.
Per maggiori informazioni: www.masteranticorruzione.it
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Camera dei Deputati – 5-07700 – Interrogazione a risposta in commissione presentata dall’On. Daniele Pesco (M5S) ed altri il 08 Febbraio 2016.
PESCO, VILLAROSA, ALBERTI, CANCELLERI, DELLA VALLE, CASTELLI, TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, LIUZZI, BONAFEDE, SIBILIA e TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell’economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
Si intendono riprese e richiamate le premesse espresse nell’interrogazione n.4/08511 del 20 marzo 2015, ancora senza una risposta; all’interrogazione n. 5-05097 presentata dalla deputata Fabiana Dadone, in particolare al quesito «se il Ministro dell’economia e delle finanze abbia svolto un’istruttoria a seguito della proposta di Banca d’Italia di sciogliere gli organi di Bene Banca e, in caso contrario, quali siano le motivazioni per la mancata istruttoria», il sottosegretario per l’economia e le finanze Pier Paolo Baretta, solo il 29 ottobre 2015 dichiara: «… Al riguardo, la Banca d’Italia ha fatto presente che Bene Banca è stata posta in amministrazione straordinaria con decreto ministeriale del 26 aprile 2013 per gravi irregolarità nell’amministrazione e gravi violazioni normative, ai sensi dell’articolo 70, comma 1, lettera a) del Testo Unico Bancario. Gli accertamenti ispettivi condotti presso l’intermediario dal 28 novembre 2012 al 15 febbraio 2013 avevano posto in luce rilevanti anomalie nella governance, marcate irregolarità nella gestione di importanti relazioni d’affari e gravi carenze nel presidio dei rischi di credito, di non conformità e reputazionali. L’attività condotta dagli Organi Straordinari nel corso della procedura è stata principalmente diretta all’accertamento della situazione aziendale, alla rimozione delle irregolarità riscontrate e all’individuazione della soluzione della crisi. Il 31 maggio 2014, la procedura di amministrazione straordinaria si è conclusa con la restituzione della Bee alla gestione ordinaria.». Riportando le parole di Banca d’Italia ed evitando di rispondere all’esplicito quesito, il Governo, a giudizio degli interroganti, conferma la mancanza dell’istruttoria prevista e d’aver lasciato quindi carta bianca alla discrezionalità degli organi di Banca d’Italia, banca privata al pari della Banca centrale europea. Il Ministero quindi, sulla sola base del provvedimento deliberato da Banca d’Italia, emette un decreto per il commissariamento di Bene Banca in virtù anche di non meglio specificate cause «reputazionali». Appare curioso, preoccupante, che una banca possa essere commissariata non per conflitti di interesse e esplicite violazioni di diritto, ma per problemi «reputazionali» e vaghe «anomalie». Nella stessa risposta, lo stesso sottosegretario, riportando elementi informativi della Banca d’Italia prosegue con: «In ordine alle circostanze richiamate nell’interrogazione parlamentare relativamente al dottor Duso e al professor Ossola, la Banca d’Italia ha precisato che nella selezione dei componenti degli organi per le procedure di gestione delle crisi, oltre a tenere conto della professionalità e dell’indipendenza dei soggetti candidati, considera ulteriori elementi quali: – la ricorrenza di fattispecie rientranti nelle previsioni dei decreti del Ministro del tesoro concernenti i requisiti di onorabilità degli esponenti aziendali; – l’esistenza di sentenze penati di condanna, anche non definitive; – l’irrogazione di sanzioni amministrative nel settore creditizio, finanziario, mobiliare o assicurativo; – lo svolgimento, per almeno due esercizi precedenti l’adozione dei relativi provvedimenti, di funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società sottoposte a fallimento o a procedure equiparate. A tal fine, al momento dell’accettazione dell’incarico di vigilanza, gli interessati sono chiamati a riferire su qualsiasi circostanza che possa condurre alle situazioni richiamate, impegnandosi a dare immediata comunicazione della eventuale sopravvenienza delle stesse nel corso dell’espletamento dell’incarico. Quanto al presunto conflitto di interessi in capo al dottor Duso – che all’epoca del commissariamento ricopriva anche la carica di amministratore delegato della Marzotto Sim, partecipata per il 9,8 per cento dalla Banca Popolare di Vicenza – il Commissario, successivamente all’avvio della procedura straordinaria, in considerazione dell’accresciuto rischio di ritiro dei depositi da parte della clientela, ha ritenuto di incrementare le controparti presso cui detenere depositi prontamente monetizzabili e adeguatamente remunerati. Dopo aver esaminato le offerte di diversi istituti di credito per lo sviluppo di partnership commerciali, è stato aperto un c/c di corrispondenza con la Banca Popolare di Vicenza, in considerazione delle favorevoli condizioni economiche accordate dall’intermediario (tasso d’interesse dell’1, 75 per cento, senza vincoli temporali). Per quanto attiene al professor Ossola, a seguito dell’adozione di un provvedimento sanzionatorio a suo carico da parte della Consob avvenuta il 6 dicembre 2013, lo stesso ha proceduto a darne immediata informativa alla Banca d’Italia e in data 25 gennaio 2014 ha rassegnato le proprie dimissioni dalla carica di Presidente del Comitato di sorveglianza di Banca delle Marche, in a. s. Con riguardo, invece, all’incarico nel Comitato di Sorveglianza di Bene Banca, l’istituto ha ritenuto rilevante la circostanza che la procedura si trovasse già in fase conclusiva». Relativamente agli adeguamenti normativi in tema di conflitto d’interesse, la Banca d’Italia ha comunicato che i relativi presidi sono stati di recente ulteriormente rafforzati in occasione del recepimento nell’ordinamento italiano della CRD IV (Capital Requirements Directive). In particolare, l’articolo 53, comma 4 del decreto legislativo 385 del 1993 (TUB) stabilisce che «in ogni caso i soci e gli amministratori, fermi restando gli obblighi previsti dall’articolo 2391, primo comma, del codice civile, si astengono dalle deliberazioni in cui abbiano un interesse in conflitto, per conto proprio o di terzi»; secondo Banca d’Italia, e quindi secondo il Governo, è possibile che Banca d’Italia per problemi «reputazionali» possa commissariare una banca (una proprietà privata dei cittadini soci, con i propri progetti, relazioni d’affari, obiettivi di sviluppo territoriali e relativi investimenti), e al contempo ignorare gli stessi nella nomina di ben pagati commissari membri dei comitati di sorveglianza, che restano carica fino all’ultimo incassando lauti stipendi a spese degli enti commissariati (articolo 71, comma 4, del decreto legislativo 385 del 1993). Nel caso specifico poi del dottor Duso, il Governo risponde all’interrogazione Dadone solo pochi giorni dopo il riaccendersi dei riflettori su Bene Banca, a causa di uno scambio di «missive» tra il sindaco di Bene Vagienna e il direttore generale dell’istituto Riccardo Giovanni Massaro, ignorando sembra quanto riportato dalla stampa locale;
riporta infatti il settimanale Provincia Granda Fossanese, a firma Alberto Prieri, in un articolo del 21 ottobre 2015: «Quanto ai depositi ancora in essere presso la Popolare di Vicenza, la dirigenza di Bene Banca ha chiarito che con quell’istituto i rapporti commerciali sono iniziati nel 2003 e proseguono ancora oggi. Attualmente, presso la popolare vicentina sono investiti 8 milioni di euro a rendimenti tra il 3,25% e il 5% che scadranno tra 2016 e 2018, e altri 2 milioni di obbligazioni a tasso variabile dello 0,27% superiore all’euribor a 3 mesi, con scadenza nel 2017». Stranamente il Governo, nella sua risposta non fa menzione di 10 milioni di euro in obbligazioni, difficilmente «prontamente monetizzabili e adeguatamente remunerate», come non menziona (come riportato dal Il Fatto Quotidiano il 7 marzo 2015 a firma Paolo Fior «…l’esposizione verso Vicenza (cioè la consistenza di quel deposito) superava il limite del 25% del patrimonio prudenziale di Bene Banca che a fine 2013 ammontava a circa 70,5 milioni. Dunque, al minimo, a Vicenza sono stati depositati 17,6 milioni di euro, anche se fonti interne alla banca parlano di una cifra di molto superiore, intorno ai 50 milioni»), la segnalazione dovuta per il superamento del limite prudenziale di esposizione verso una singola controparte, a firma proprio del dottor Duso: segnalazione che informa Banca d’Italia proprio dell’entità dell’avvenuto intrecciarsi degli interessi privati del commissario; sulle pagine del sito del comitato « SvegliamociBene», ripreso dall’Osservatorio Politico Internazionale e da targatoCN.it, dall’«Esposto-informativa dell’ex direttore generale a Procura e Banca d’Italia», Silvano Trucco, si apprende che secondo l’ex manager solo in seguito all’arrivo del commissario Duso, avvenuto il 3 maggio 2013, l’istituto cominciò a instaurare rapporti commerciali stabili con la Banca Popolare di Vicenza tramite l’apertura di un conto corrente a fine maggio 2013 dove furono versati subito 5 milioni di euro, e con la società Marzotto Sim di cui lo stesso dottor Duso era appena divenuto amministratore delegato, nonostante l’universo di società di intermediazione mobiliare presenti nel mercato nazionale; precedentemente l’unica connessione tra l’istituto piemontese e la banca vicentina distante 370 chilometri era la presenza in portafoglio di obbligazioni pari a 3.055.000 nominali (750.000 con scadenza giugno 2014, 305.000 scadenza febbraio 2015 e 2.000.000 scadenza maggio 2017, queste ultime acquistate nel luglio 2008 e nell’agosto 2009, quando la banca vicentina godeva ancora di buona reputazione). Tale importo appare evidente rientrare in una diversificazione standard prudenziale di un portafoglio investimenti di una banca territoriale, ed è in linea con gli standard di diversificazione del rischio, raffrontato al totale degli impieghi. Sempre solo dopo l’arrivo del commissario Duso l’esposizione in obbligazioni salì a 10 milioni di euro. Furono acquistate quindi altre obbligazioni per un totale di 8.000.000 di euro (il 26 luglio 2013, il 24 ottobre 2013, il 12 novembre 2014 e il 30 ottobre 2014), dal commissario Duso e dal nuovo direttore generale di Bene Banca Massaro. Quest’ultimo (già consulente incaricato da Banca d’Italia) in una lettera pubblica del 16 ottobre 2015, resasi necessaria dopo la richiesta di informazioni ricevuta dal sindaco di Bene Viagenna sulle voci di possibili fusioni tra 1 Bene Banca e Banca Alpi Marittime, aveva anche asserito «Per quanto riguarda la situazione della Banca Popolare di Vicenza, i rapporti con l’Istituto, iniziati già dal precedente CdA e proseguiti dall’attuale compagine sono di tipo obbligazionale e stanno andando verso la loro naturale scadenza. L’Istituto, come molti altri Crediti Cooperativi ha spuntato con l’istituto vicentino, tassi vantaggiosi e, per evitare minusvalenze, andranno a cessare con la naturale scadenza dei termini contrattuali» (Agata Pagani, TargatoCN.it 21 ottobre 2015). A tale dichiarazione dà eco una nota diffusa da Bene Banca ripresa dal settimanale, Provincia Granda, che scrive «L’investimento serviva a sviluppare partnership commerciali con altri istituti di credito e la banca selezionata proponeva rendimenti mediamente superiori di almeno 1 punto percentuale rispetto ai conti correnti offerti dagli altri istituti – spiega una nota diffusa da Bene Banca –. Il deposito raggiunse la somma di circa 38 milioni di euro, poi ridotti progressivamente a 20 milioni. Ogni operazione è sempre stata condotta nel rispetto dei limiti di vigilanza e con l’unico intento di massimizzare i rendimenti, minimizzando i rischi: Bene Banca, per statuto, non ha scopo di lucro e il risultato utile della gestione è strumento per promuovere il benessere dei soci e del territorio di riferimento». In merito ai depositi e alla loro redditività, lo stesso ex direttore generale Trucco asserisce che ancora ad aprile 2015 (dopo quindi lo scalpore suscitato dai media) ancora persistevano depositi per 10,7 milioni di euro allo 0,375 per cento 10 milioni di euro al 1,75 per cento. Tra depositi e obbligazioni, il commissario Duso arrivò a veicolare su Banca Popolare di Vicenza quasi 50 milioni, in piena campagna « stress test» della Banca centrale europea e in piena campagna «acquisti»: Popolare Vicenza, nonostante le denunce e gli esposti a suo carico, proseguì a operare liberamente con il consenso di Bankitalia tanto da risultare interessata a fusioni con banche di mezza Italia, soprattutto con le banche colpite poi a novembre, 2015 dal cosiddetto decreto «SalvaBanche» (in realtà un esproprio coatto ad avviso degli interroganti illegittimo, indebito e incostituzionale) mentre Bene Banca fu commissariata discrezionalmente con la sostanziale accondiscendenza del Governo, reo di assoluto disinteresse sull’operato della Banca centrale italiana che impedì così all’istituto di Bene Viagenna di approvare il bilancio (positivo) in assemblea dei soci e rinominare il nuovo consiglio d’amministrazione, poi invece sostituito dagli emissari di Palazzo Koch che nominarono, dopo aver finanziato i vicentini, presidente di Bene Banca Pier Vittorio Vietti, stretto congiunto dell’allora membro e vicepresidente del CSM e ex deputato UDC, Michele Vietti, oggi sostenitore del partito della nazione); dall’articolo del 7 ottobre 2010 de « Il Mattino di Padova» dal titolo «Giambattista Duso da Antonveneta ai vertici di La Centrale finanziaria» si legge e apprende «Giambattista Duso, 30 anni in Antonveneta di cui è stato direttore commerciale corporate fino a luglio 2009, è stato nominato ieri dal cda de La Centrale finanziaria generale, nuovo amministratore delegato della società romana presieduta da Giancarlo Elia Valori. Sempre ieri l’assemblea ha rinnovato il cda. Accanto al presidente Valori nel board siedono il vice Tarak Ben Ammar (consigliere di Mediobanca) e i consiglieri Sergio Balbinot (Generali), Vittorio Fini (Banca Popolare dell’Emilia e Romagna), Achille D’Avanzo (Solido Holding), Jean-Louis Andreux (Compagnie Générale d’Investissements et de Participations Coginvest); Michelangelo Canova (Allianz), Ercole Galizzi (Return Holding), Nicolò Azzolini (Amenduni e Cattolica Popolare), Beniamino Itri (Partners&Partecipation), Fabio Aparo (Investimenti mobiliari), Antonio Maccanico, Pierluigi Toti, Massimo Faccioli Pintozzi, Io stesso Giambattista Duso, Armando Maffeis e Mauro Ardesi. Il cda ha confermato il collegio sindacale, presieduto da Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato». La Centrale Finanziaria Generale di Giancarlo Elia Valori (Dagospia il 10 dicembre 2013 Molava «Il catto-massone e boiardo Elia Valori è vivo, e lotta insieme a Baldassarre nella truffa Alitalia in sostegno delle magagne del banana», riprendendo un articolo di Affari Italiani): ex direttore commerciale corporate di Antonveneta, diventa amministratore delegato di una holding il cui presidente risulta espulso già dal 1981 dalla P2, vicino ai servizi segreti, con organi di amministrazione condivisi con altre e potenti banche e holding. Non solo, con Andrea Monorchio confermato nel collegio sindacale. Lo stesso Monorchio, ragioniere dello Stato fino al 2002, diventato poi vicepresidente nel 2011 di Banca Popolare di Vicenza, dove Zonin chiamò a se anche Mariano Sommella, ex funzionario di Banca d’Italia, Luigi Amore, ex ispettore di vigilanza divenuto capo dell’audit interna della BPVI, e da settembre 2013 anche Giannandrea Falchi (consigliere per le relazioni istituzionali), ex capo della «Segreteria particolare» dell’allora governatore di Bankitalia Mario Draghi (dicembre 2005 – ottobre 2011), ai tempi in cui vennero depositate le prime denunce ed esposti contro la disinvolta gestione dell’istituto vicentino, poi archiviate –: se il Governo fosse a conoscenza di quanto premesso; se il Governo intenda assumere iniziative normative al fine di evitare che operazioni come aprire un rapporto di conto corrente reciproco presso un istituto di credito sul quale vengano convogliate svariate decine di milioni di euro, o comprare milioni di euro nominali di obbligazioni di quello stesso istituto, o sottoscrivere un nuovo contratto con una nuova società d’intermediazione, possano avvenire con una semplice autorizzazione del commissario straordinario, che, come nel caso in questione, può risultare egli stesso firmatario della segnalazione a Banca d’Italia in merito a quella che agli interroganti appare una indebita esposizione oltre il 25 per cento del capitale prudenziale, e con interessi che lo coinvolgono personalmente; se risultino quali siano gli istituti di credito che tra il 2009 e il 2015 abbiano intrattenuto rapporti di finanziamento con una esposizione superiore al 25 per cento del capitale prudenziale di vigilanza a qualsiasi titolo, nei confronti della Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, con particolare attenzione verso gli istituti commissariati in questi anni dal Governo; se il Governo intenda intervenire con urgenza, e con quali iniziative, per rafforzare il sistema di vigilanza, dato quanto previsto dall’articolo 47 della Costituzione italiana. (5-07700).
--->
http://www.infoparlamento.it/camera-dei-deputati-5-07700-interrogazione-a-risposta-in-commissione-presentata-dallon-daniele-pesco-m5s-ed-altri-il-08-febbraio-2016/
BERNARDO GIORGIO MATTARELLA E FONDAZIONE LABORATORIO PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Il burocrate in carriera ora è pronto al grande salto
In cattedra giovanissimo all'università, braccio destro del ministro Madia, amicizie bipartisan. Con il padre al Colle non dovrà più stare nell'ombra.
Ogni padre sarebbe orgoglioso di un figlio come Bernardo Giorgio Mattarella. Figurarsi il presidente della Repubblica! Maturità classica con 60 sessantesimi e menzione dai Padri Gesuiti dell'Istituto Gonzaga di Palermo (lo stesso frequentato dal quirinalizio genitore), 110 e lode in Giurisprudenza nell'ateneo panormita, Master of Laws a Berkeley (California) e ordinario di diritto amministrativo poco più che trentenne (una rarità in Italia) all'Università di Siena e condirettore del Master in management della Pa della Luiss di Roma.
A quasi 47 anni Bernardo Giorgio è una vera autorità tra gli amministrativisti e il fatto che porti un cognome tanto prestigioso si può dire che sia un fatto secondario giacché il suo curriculum vitae parla a suo nome: oltre 300 pubblicazioni valgono molto di più dei titoli accademici. Il caso ha, però, voluto che Mattarella junior non abbia assistito da spettatore «esterno» all'insediamento del padre alla più alta carica dello Stato. Bernardo Giorgio Mattarella, infatti, fa parte a pieno titolo dell' establishment non solo in quanto membro della classe dirigente del Paese, ma in quanto organico al governo Renzi giacché è capo dell'ufficio legislativo del dipartimento della Funzione pubblica. È un uomo di punta dello staff del ministro Marianna Madia. Anche il compenso è in linea: 125mila euro annui lordi. Bernardo Giorgio Mattarella è in aspettativa dal suo incarico universitario ed è bene ricordarlo: non cumula incarichi e prebende. Dal padre non ha ereditato solo la passione per il diritto, ma anche la sobrietà.
D'altronde la giovane e inesperta Madia, che si sta occupando della riforma della Pubblica amministrazione, non poteva fare proprio a meno di uno dei «cervelli» del diritto amministrativo italiano. Mattarella jr conosce molto bene i segreti di Palazzo Vidoni: vi è entrato giovanissimo nel 1993 al seguito del suo mentore Sabino Cassese che lo incaricò di collaborare ai lavori della commissione che doveva redigere il Rapporto sulle condizioni della Pa. Vi è ritornato a più riprese. Nel 2006 elaborò assieme al giuslavorista liberal Pietro Ichino il disegno di legge per l'istituzione di un'Authority per la valutazione dei dipendenti pubblici. Fu lui a svolgere quel lavoro per conto del premier Prodi e dell'allora ministro Nicolais. Lavoro «cestinato» dalla sinistra radicale per la quale i travet sono degli intoccabili. E anche Renato Brunetta lo volle con sé sia per lo studio della class action nei confronti della Pa e anche per l'elaborazione della Carta dei doveri. Da lì, fondamentalmente, non s'è più mosso anche se il primo vero grande incarico è quello attuale.
Eppure in Italia non ci si mette nulla a restare vittima delle malelingue. Negli anni scorsi è stato accusato di essere un «figlio di papà» visto che aveva ottenuto un incarico retribuito per insegnare alla Scuola superiore della Pubblica amministrazione. Molto più recentemente non gli si perdona la «vicinanza» ai «poteri forti» di quella intellighenzia italiana che si riunisce nella associazione Astrid di Franco Bassanini, ex senatore, ex ministro e oggi presidente della Cassa depositi e prestiti. Oltre a lui vi siedono Tiziano Treu, Francesco Merloni, l'ex presidente della Consulta Valerio Onida, Giovanni Maria Flick, il viceministro De Vincenti e anche il figlio dell'ex capo dello Stato, Giulio Napolitano. A Siena, città nella quale insegnava Mattarella, i più malevoli dicono che l'amministrativista sia uno dei consiglieri più ascoltati del presidente della Fondazione Monte dei Paschi, l'avvocato Marcello Clarich, anche lui in Astrid. Sempre per rimanere in tema c'è un altro trait d'union politico che lega molti dei summenzionati associati di Astrid. Nel 2006 firmarono quasi tutti l'appello degli ex presidenti della Corte costituzionale Casavola, Elia, Zagrebelsky e Onida contro la riforma del governo Berlusconi. Ebbene, un atto politico il giovane Mattarellal'ha compiuto anche se si parla di una decina d'anni fa.
Ma, poi, si può definire politico solo ciò che attiene alle istituzioni elettive? Assolutamente no. Bernardo Giorgio Mattarella è molto politico anche in quello che scrive. Ad esempio, il blog Roars.it , il più visitato dai professori universitari, ospita due suoi testi. In un intervento di due anni fa il nostro si dichiarò contrario, ovviamente fornendo valide argomentazioni giuridiche, all'abolizione del valore legale del titolo di studio, uno degli obiettivi dei pochi liberali ormai rimasti in Italia. Come si risolve il problema dei concorsi? Non con una legge ma con lo «spiegare come scrivere i bandi, fornire la corretta interpretazione delle norme, sperare che le commissioni di concorso la capiscano e anche che i giudici amministrativi non enuncino regole che non ci sono». Una spiegazione da «innamorato del diritto» , ma anche da politico raffinato. Magari adesso che papà è al Quirinale, anche Bernardo Giorgio potrebbe avere un ulteriore spazio di crescita. Per continuare la tradizione dei Mattarella.
Chi è - Bernardo Giorgio Mattarella, classe 1968, è il primo dei tre figli del neoeletto presidente della Repubblica Sergio Mattarella (poi viene Laura e il più piccolo è Francesco). Il secondo nome, Giorgio, viene spesso utilizzato per evitare confusioni con due cugini, figli degli zii Piersanti e Antonino, che si chiamano anch'essi come il nonno. Uno di loro (Bernardo figlio di Piersanti) è un alto manager di Invitalia. Bernardo Giorgio è tra l'altro professore di Diritto amministrativo a Siena e capo dell'Ufficio legislativo del ministero della Pubblica amministrazione.
PROF. BERNARDO GIORGIO MATTARELLA, ORDINARIO DELL’UNIVERSITÀ DI SIENA, DOCENTE DELLA SCUOLA SUPERIORE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Bernardo Giorgio Mattarella (1968) è professore ordinario di Diritto amministrativo presso il Dipartimento di giurisprudenza dell’Università degli studi di Siena; professore di diritto amministrativo presso il Dipartimento di giurisprudenza della Luiss “Guido Carli”; condirettore del master in Management e politiche delle amministrazioni pubbliche della Luiss Guido Carli e della Scuola nazionale dell’amministrazione e del master interuniversitario in Diritto amministrativo delle facoltà giuridiche romane e della Scuola nazionale dell’amministrazione.
Bernardo Giorgio Mattarella (1968) è professore ordinario di Diritto amministrativo presso il Dipartimento di giurisprudenza dell’Università degli studi di Siena; professore di diritto amministrativo presso il Dipartimento di giurisprudenza della Luiss “Guido Carli”; condirettore del master in Management e politiche delle amministrazioni pubbliche della Luiss Guido Carli e della Scuola nazionale dell’amministrazione e del master interuniversitario in Diritto amministrativo delle facoltà giuridiche romane e della Scuola nazionale dell’amministrazione.
Capo dell’Ufficio legislativo del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione.
Laureato in giurisprudenza (Università di Palermo, 1991), Master of laws (University of California at Berkeley, 1992), dottore di ricerca in diritto pubblico (Università degli studi di Firenze, 1997). Vincitore di numerose borse di studio, tra cui la Erasmus e la Fulbright. Studi a Washington D.C., Berkeley, Parigi, Tubinga.
Relatore in oltre 150 convegni scientifici, autore di oltre 300 pubblicazioni scientifiche.
Vincitore del Premio “Giuseppe Mantellini” per la Scienza di Stato, Conferito dall’Accademia Nazionale dei Lincei (2008).
Vicedirettore e direttore responsabile della Rivista trimestrale di diritto pubblico.
Componente del Comitato scientifico delle seguenti riviste: Rivista italiana di diritto pubblico comunitario; Rivista della Corte dei conti; Rassegna giuridica dell’energia elettrica; www.Nelmerito.com; Gazzetta amministrativa della Repubblica italiana.
Referee delle seguenti riviste: International Journal of Public Administration, Giornale di diritto amministrativo, Studi parlamentari e di politica costituzionale, Munus.
Componente del direttivo o del comitato scientifico delle seguenti associazioni: Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione – Irpa, Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo – Aipda, Associazione per gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e dell’innovazione nelle amministrazioni – Astrid, Laboratoire Méditerranéen de Droit Public – Lm-Dp, Devolution Club, Associazione giovani classi dirigenti delle pubbliche amministrazioni – Agdp, Fondazione laboratorio per la pubblica amministrazione – LabPA.
Assistente di studio dei giudici costituzionali prof. Enzo Cheli (1996), prof. Guido Neppi Modona (1996-1997) e prof. Sabino Cassese (2007-2009). Componente del Gruppo di specialisti sull’etica pubblica al livello locale del Consiglio d’Europa (2001-2002). Componente di diverse Commissioni di studio e di indagine ministeriali.
---> http://www.irpa.eu/istituto/soci/bernardo-giorgio-mattarella/prof-bernardo-giorgio-mattarella-ordinario-delluniversita-di-siena-docente-della-scuola-superiore-della-pubblica-amministrazione/
Centrale Finanziaria: il Tribunale dice no al ricorso soci
Il Tribunale di Milano non ha accolto il ricorso di un gruppo di soci de La Centrale Finanziaria Generale , la società di investimenti internazionali con sede a Roma (Acciaierie Valbruna, Beniamino Itri e Cesare Mozzi) di ispezionare la gestione e amministrazione della società, nonché la revoca degli organi sociali. Il Collegio della sezione imprese ha ampiamente motivato l’inesistenza dei presupposti dell’azione e la carenza di alcun pericolo di danno, men che mai attuale.
Il Presidente de La Centrale Finanziaria Generale, Giancarlo Elia Valori, unitamente ai componenti degli organi sociali, ha espresso vivo apprezzamento per l'esito di un contenzioso particolarmente complesso, nel quale era stata posta in dubbio la correttezza degli amministratori e dei sindaci, che invece hanno espletato i complessi e onerosi compiti unicamente per il perseguimento dell’interesse sociale a tutela dei diritti di tutti gli azionisti.
---> http://www.affaritaliani.it/roma/centrale-finanziaria-il-tribunale-dice-no-al-ricorso-soci-406661.html
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http://www.ilnord.it/i-3055_4_ANNI_PER_SCALATA_ALITALIA
Vedi anche:
---> DIO ESISTE E FA GIUSTIZIA
CHIESTI 4 ANNI DI GALERA PER BALDASSARRE, EX PRESIDENTE DELLA CONSULTA, E GIANCARLO ELIA VALORI: PER I PM, NEL 2007, LA LORO “CORDATA” FARLOCCA PUNTÒ AD ALITALIA SOLO PER MANIPOLARE IL MERCATO
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/dio-esiste-fa-giustizia-chiesti-anni-galera-baldassarre-ex-67720.htm
Master in Intelligence: al via quinta edizione all'Unical di cui due relatori appena ricondannati per il caso Alitalia:
Master in Intelligence: al via quinta edizione all'Unical
L'obiettivo è allungare il campo, e contribuire a far comprendere il ruolo dell'Intelligence: costruire una rete di sicurezza partecipata con il mondo dell'Accademia e della ricerca. Infatti, all'Università della Calabria ha preso il più consolidato Master in Intelligence di un ateneo pubblico del nostro Paese che è giunto alla quinta edizione, inaugurato nell'aula magna "Beniamino Andreatta" dal Rettore Gino Crisci. Il Rettore ha affermato che "iniziative come queste, che durano da anni, sono estremamente positive e rafforzano la missione scientifica dell'Università della Calabria che è stata la prima in Italia a sviluppare questo tipo di studi, che oggi è diventato di grande attualità".
È seguito poi l'intervento del Direttore del Dipartimento di Lingue e Scienze dell'Educazione dell'Ateneo calabrese Francesco Altimari che ha messo in luce l'impegno multidisciplinare previsto dal Master che vede coinvolti diversi settori scientifici, dalla linguistica all'ingegneria. Ha quindi relazionato il Direttore del Master Mario Caligiuri che ha illustrato l'importanza dell'intelligence nella società contemporanea, in quanto rappresenta un metodo indispensabile per cittadini, imprese e Nazioni per orientarsi nella società della disinformazione. Ha quindi ricordato l'impegno dell'Università della Calabria nello studio scientifico dell'intelligence che risale alle fine degli anni Novanta, sviluppandosi poi nel 2007 attraverso l'istituzione, con il sostegno del del Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga, del primo Master di una università pubblica italiana; nel 2008 con la costituzione del Centro di Documentazione Scientifica sull'Intelligence e nel 2009 con l'avvio della Collana editoriale della Rubbettino che finora ha prodotto numerosi volumi, dei quali l'ultimo è "Intelligence e Scienze umane. Una disciplina accademica per il XXI secolo", recentemente presentato alla Camera dei Deputati e all'Università LUISS "Guido Carli" di Roma. Caligiuri ha poi illustrato il programma della quinta edizione. Tra i docenti previsti ci sono il Segretario Generale della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane Alberto De Toni, il Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri Michele Valensise, il Direttore della Scuola di Formazione del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza Paolo Scotto di Castelbianco, il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, i docenti universitari Antonio Baldassarre, Roberto Baldoni e Umberto Gori, il consigliere di Stato Carlo Mosca, gli ex direttori dei Servizi Vittorio Stelo, Nicolò Pollari e Luigi Ramponi, il responsabile della sicurezza dell'Eni Alfio Rapisarda, i giornalisti Lucio Caracciolo, Loretta Napoleoni e Paolo Messa, i generali Carlo Jean e Fabio Mini, i manager Giancarlo Elia Valori e Giuseppe Cossiga, gli ex ministri Paolo Savona e Giulio Tremonti, che il 9 luglio concluderà il Master con una lectio magistralis. Seguiranno poi dall'11 al 22 luglio i laboratori sulla Cyberintelligence, dove si analizzeranno dei casi di studio sotto la guida, tra gli altri, di Domenico Saccà e Domenico Talia dell'Università della Calabria e in collaborazione con il Distretto della Cybersecurity di Poste Italiane. "L'obiettivo finale - ha concluso Caligiuri - è quello di fare diventare l'intelligence una materia di studio nelle università del nostro Paese ed anche, come ha confermato il Segretario Generale della CRUI Alberto De Toni, cominciare a promuovere dei corsi di laurea triennali negli atenei italiani". Sono seguiti poi gli interventi dei professori dell'Università della Calabria Alberto Ventura, Giuseppe Spadafora, Domenico Talia e Giancarlo Costabile e le testimonianze di Donatella Romeo, responsabile del progetto "Insider" individuato dall'OCSE come uno dei migliori dieci progetti innovativi italiani e che ha preso spunto proprio dalle attività del Master sull'Intelligence, e di Claudio Paya Santos, dell'Università "Nebrija" di Madrid che nel 2009/2010 ha frequentato il Master dell'ateneo calabrese e che ha proposto interessanti forme di collaborazione sulla formazione nell'intelligence tra l'Università della Calabria e università spagnole e latino-americane. I lavori sono stati seguiti da Radio Radicale e dalla tv dell'Università della Calabria Unical Channel che trasmetterà integralmente la manifestazione sul canale digitale terreste 685. Le lezioni del Master si svolgeranno di sabato nell'aula "Caldora" dell'Università della Calabria. Il prossimo sabato 5 marzo 2016 sono in programma le lezioni su "Introduzione all'intelligence" alle 9 del Direttore del Master Mario Caligiuri e alle 14 del criminologo Francesco Bruno.
FONTE: http://ildispaccio.it/cosenza/101243-master-in-intelligence-al-via-quinta-edizione-all-unical
Lo scenario “ufficiale” ha cominciato a delinearsi esattamente un mese fa, quando il 10 febbraio è stato approvato un decreto del presidente del Consiglio dei ministri: atto secretato – val la pena di sottolinearlo – materia incandescente che Renzi qualche giorno prima aveva affrontato in un colloquio riservato con il capo dello stato Sergio Mattarella. Snello, solo 5 articoli, il Dpcm, e tale da poter incidere sui nostri destini a breve, sul fronte della sicurezza in un momento tanto delicato. Ecco cosa recita l’articolo 2: “Nelle situazioni di crisi e di emergenza che richiedono l’attuazione di provvedimenti eccezionali e urgenti, il presidente del Consiglio, previa attivazione di ogni misura preliminare ritenuta opportuna, può autorizzare, avvalendosi del Dis, l’Aise, ad adottare misure di intelligence e di contrasto anche con la cooperazione tecnica operativa fornita dalle forze speciali della Difesa con i conseguenti assetti di supporto della Difesa stessa”.
In soldoni: un premier da poteri quasi assoluti, con gli altri ministri (in particolare della Difesa e degli Esteri), semplici maggiordomi-spettatori. Anello di congiunzione strategico sarà il Dis, ossia il Dipartimento Informazione Sicurezza, alle dipendenze dirette del premier e, in subordine, del sottosegretario con delega ai Servizi, il pd (un tempo dalemiano doc) Marco Minniti: a guidarlo Giampiero Massolo, ora renziano convinto dopo il decollo ai tempi di Gianfranco Fini agli Esteri. E’ Massolo l’uomo che ha annunciato il nuovo verbo di Matteo in tema di glasnost sui misteri e le stragi di Stato: fino ad oggi una autentica bufala, come hanno denunciato, ad un anno dal taumaturgico provvedimento parecchie associazioni di familiari delle vittime.
Braccio operativo, invece, sarà l’Aise, ossia il servizio segreto sul fronte della sicurezza estera: sarà l’Aise, infatti, a dirigere le operazioni a base delle
Unità Speciali, un dream team composto da 007 che, a quanto pare, come tutti i James Bond che si rispettino avranno “licenza di uccidere e impunità per ogni eventuale reato commesso” (è stato il leit motiv che ha condotto in passato i vertici dei Servizi made in Pollari ad oltrepassare abbondantemente i confini della legalità – come nel caso Abu Omar e nei dossieraggi di magistrati e giornalisti scomodi – invocando il Segreto di Stato). A sua volta, la super task force dei nostri 007 potrà avvalersi in territorio libico del supporto di tre ulteriori team, ognuno composto da 12 unità altrettanto speciali, che già da mesi operano in zona, e a loro volta hanno creato reti di intelligence. Tutto trasparente? Tutto approvato dal parlamento? Non se siamo così sicuri, dal momento che – fanno notare alla Difesa – “il Parlamento verrà informato solo con atti scritti e sempre secretati, tramite il Copasir, circa le missioni che verranno affidate alle unità speciali”.
Una delle prime nomine made in Renzi, quella del nuovo vertice dell’Aise: Alberto Manenti, infatti, ha preso il posto del generale Alberto Santini ad aprile 2014. Ricorda Giorgio Dell’Arti, nel suo Catalogo dei Viventi: “Manenti ha guidato l’ottava divisione ai tempi di Telekom Serbia ed è stato capo dell’unità ‘Armi di distruzione di massa’ ai tempi dell’inchiesta Nigergate. Ha ottimi rapporti con la Cia, con il Mossad e Shin Bet. Il suo nome è finito nei verbali di Lorenzo Borgogni, ex numero due di Finmeccanica (e capo delle relazioni esterne, ndr), quando ha cominciato a raccontarne il sistema e ha spiegato che era proprio il generale la loro ‘copertura’ con l’intelligence. Ha fama di eccellente negoziatore, gode di credito all’estero, è molto attento alle nuove tecnologie”.
VALORI BOLLATI GELLI E MOSSAD
Passiamo ad un uomo che ha costruito molto della sua carriera proprio basandosi su strategiche amicizie estere, Giancarlo Elia Valori. Che ora – passato qualche anno dietro le quinte dopo i grandi affari del parastato a partire dai ’70 – sta tornando alla ribalta. Proprio per occuparsi di alta “Intelligence” e super “Security”. Lo fa al timone di una neonata sigla, “Italian Council for National Security Affairs”, da noi più semplicemente “Associazione per la Sicurezza Nazionale Italiana”. Evidente l’ispirazione a già sperimentati modelli stranieri, stella polare il “Center for Strategic & International Studies” di Washington. “E’ proprio il sistema inaugurato dal Csis che lo ispira – notano alla Farnesina – con la sua sigla Valori intende creare una sorta di intercapedine tra la sua struttura, che sarà al servizio di grossi clienti privati, come banche, finanziarie, aziende impegnate in settori strategici come quello energetico, e gli apparati statali, che dal canto loro tendono in qualche modo a privatizzarsi sempre di più, come sta dimostrando la vicenda Carrai”.
Ma ecco, dalla penna dell’ex piduista pronto a trasformarsi nel Salvatore della Patria, la ricetta per il nostro futuro: “L’Intelligence oggi è sempre più il vero centro dello Stato. L’espansione delle funzioni statuali, la sempre maggiore complessità sociale e produttiva, la globalizzazione dei mercati e della produzione fanno sì che l’intelligence divenga l’asse portante delle decisioni pubbliche”. E più nel merito: “Una intelligence economica, finanziaria, industriale, quindi, laddove, tradizionalmente, i Servizi si occupavano solo di equilibri di potenza e organizzazioni militari. I Servizi stanno quindi divenendo il centro dell’azione e delle attività statali, ma vi è una domanda di intelligence che sorge dalle organizzazioni private, dalle imprese, dalle strutture finanziarie che devono conoscere il meccanismo generatore dei pensieri e delle decisioni dell’avversario, del concorrente, dell’alleato”.
Prosegue l’analisi di Valori: “Trasformazione dell’intelligence, quindi, sempre più indirizzata a organizzazioni ‘civili’ e sua espansione, visto che ormai oggi ogni decisione di rilievo ha bisogno di una sua base di conoscenza riservata”. Ed ecco la mission della sua creatura: l’Italian Council nasce per coordinare “le attività di studio e ricerca sull’intelligence e la politica estera di buona parte delle imprese, dei centri di ricerca, delle stesse Agenzie dello Stato”. Poi in concreto: “Sarà una rete, un network stabile e strutturato tra figure delle Forze dell’Ordine, della Magistratura, dei mass media, dell’Accademia e delle Forze Armate, oltre ai manager d’impresa e agli studiosi ed esperti del settore”. E ancor più nello specifico: “Costituiremo, all’interno dell’Italian Council, un centro di analisi che si occuperà della sicurezza nazionale in senso ampio: la sicurezza informatica e la protezione dei sistemi produttivi sensibili, le tecnologie di punta, anche in un mercato globalizzato, la cybersecurity in senso stretto, quindi la tutela delle reti informatiche”.
Non può mancare, poi, un esplicito cenno agli “amici” di sempre: Usa e Regno Unito, quindi i poli strategici emergenti (Russia e Cina), ma “mantenendo un rapporto di particolare amicizia con Israele”. Il faro di sempre, negli orizzonti “politici” di Valori: che però non ha mai mancato di tessere rapporti d’affari anche col mondo arabo. Come successe, tanti anni fa, quando era vicedirettore generale del colosso d’infrastrutture pubbliche Italstrade, fine anni ’70, e tramite il Sismi degli amici Nicola Falde e soprattutto Giuseppe Santovito (protagonista anche nelle trattative con camorra e Bierre per il caso Cirillo) tesseva rapporti con Libia, Iran, Algeria, Arabia Saudita e Turchia.
Proprio a proposito degli scenari libici, il sito “Formiche” ha appena pubblicato un ampio saggio firmato Valori. Ecco un estratto del suo Pensiero Schermata 2016-03-10 alle 08.47.20strategico: “Se avverrà un intervento europeo o, per essere più esatti, francese, italiano e britannico, con il sostegno degli Usa, la sequenza dei fatti diviene ancor più prevedibile. Ci sarà una richiesta di aiuti del governo unitario libico, che non per questo certo metterà a tacere le discordie e gli interessi divergenti al suo interno, una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, quella organizzazione che Francesco Cossiga (suo grande amico, ndr) definiva un ‘ente inutile’, poi arriveranno i militari (i 3000 di cui si parla in questi giorni, ndr), magari con un comando unitario dell’Italia, ad ‘addestrare’ la polizia locale, con qualche operazione dei Corpi Speciali. Anche tutto ciò avviene troppo tardi e troppo poco”. Pessimistico anche lo scenario finale delineato dall’ex vice di Licio Gelli: “L’Ue mostra una debolezza strutturale che fa pensare ad un rapido decadimento geopolitico ed economico, gli Stati Uniti stanno subendo la loro ciclica tensione isolazionista; e allora il mondo sunnita vuole prendersi quel Maghreb per minacciare l’Europa, inondarla di immigrati, controllarla con il petrolio nordafricano che farà, tra poco, concorrenza a quello russo (e iraniano)”.
Ma scorriamo in rapida carrellata il curriculum del Profeta. Veneziano da Meolo, virgulto fresco di laurea entra subito in Rai come consulente (ha 25 anni!), per passare presto alle “relazioni internazionali” di viale Mazzini. Ottimi e abbondanti i rapporti vaticani, tanto da essere incoronato “Cameriere di cappa e spada”. E’ poi la volta dei Cappucci, quando, nel 1965, si iscrive alla Loggia Romagnosi del Grande Oriente d’Italia, per poi spiccare il salto verso la P2. Da cui anni dopo verrà espulso dal Venerabile in persona, al quale aveva non garbava una presenza di tal peso, quasi da fargli ombra. Fervono, intensi, i rapporti con il Sismi, soprattutto per accrescere la sfera d’influenza sui mercati esteri (strategico anche l’appoggio del fratello, che dalla sua postazione di responsabile Eni per l’Argentina, gli apre quello e altri mercati sudamericani). All’amico Santovito chiederà una “manina” sul fronte nordafricano, “per eventuali lavori da compiere in quei paesi con la società Italstrade, società a capitale Iri”, verbalizza davanti al giudice Rosario Priore. Strategico, il suo ruolo, in una vicenda che fa parlare il mondo, il rapimento di tre francesi nel 1985 in Iran, ad opera di “estremisti islamici”: a quanto pare fa intervenire addirittura il dittatore nordcoreano Kim II Sung – suo amico – per ottenere la liberazione dei tre ostaggi, tanto che Francois Mitterand gli conferirà la Legion d’Onore. E’ il personaggio centrale, Valori, in un’altra maxi inchiesta, la Why Not di Luigi de Magistris, che verrà fermato dal guardasigilli Clemente Mastella ed “espulso” dalla magistratura che non tollerava certo venissero scoperchiati i suoi santuari. In Why Not la figura di Valori è basilare per comprendere i nuovi, potenti assetti della “massoneria contemporanea”: il pm, in particolare, indagava sul ruolo svolto in quegli anni da Valori al timone di Torno International, altra carica nel suo vastissimo arcipelago del parastato (dalla SME ad Autostrade per l’Italia, passando per Sviluppo Lazio).
Continuo, negli anni, l’impegno massonico e al fianco di Israele. Nel 2012 pubblica due corposi studi per la rivista del Grande Oriente “Hiram” sulle “Società dello Spirito”. Mentre l’università ebraica di Gerusalemme gli affida la presidenza della “Cattedra della pace e della cooperazione regionale”. E’ al timone anche dell’associazione “Israele 60”, che più volte esprime la sua solidarietà alle forze armate israeliane impegnate nell’occupazione (illegale) della striscia di Gaza.
TUTTE LE SIGLE E GLI AMICI DI CYBER MARCO CARRAI
Ma passiamo al secondo protagonista delle “Security” stories di casa nostra, e altro grande amico di pezzi da novanta dell’establishment israeliano, Marco Carrai, l’uomo che sussurra all’orecchio del premier Renzi. Primattore, Carrai, nella nomina di Fiamma Nirensteim come ambasciatrice di Israele a Roma. La giornalista ed ex parlamentare berlusconiana, infatti, è un’amica storica di casa Carrai, così come il figlio trentaquattrenne, che lavora per i Servizi. Ed è stato proprio Marco ad accogliere all’aeroporto di Firenze (del quale è stato presidente) Bibi Netanyahu, che ha restituito a Renzi la visita di metà 2015.
Del resto, l’ammiraglia nella sempre più numerosa flotta societaria targata Carrai, la fresca CYS4 che dovrebbe occuparsi dei nostri futuri destini per la Cibersecurity – la clamorosa decisione ora è andata in stand by, dopo le polemiche suscitate per la montagna di conflitti d’interesse e non solo che comporterebbe – parla non poco in ebraico. Nel suo azionariato, infatti, fa capolino Jonathan Pacifici, imprenditore italo-israeliano, quartier generale a Gerusalemme, amministratore delegato del “World Jewish Economic Forum”. Una compagine societaria da novanta, quella firmata Cys4. In formazione Leonardo Bellodi, un passato come braccio destro di Paolo Scaroni (oggi in pole position per la guida della futura Ilva post Riva secondo i progetti renziani) all’Eni, e oggi in ottimi rapporti con il capo dell’Aise Manenti. Altra presenza strategica quella dell’ex vertice Telecom Franco Bernabè, a bordo del suo FB Group, attraverso cui ha arruolato svariati partner tecnologici per l’amico Carrai, in larga prevalenza – guarda caso – israeliani. Last but not least, Mauro Tanzi, che al timone della fiorentina Aicom è l’azionista di maggioranza: specializzata in sicurezza informatica, Aicom può contare, nel suo cda, anche sulla presenza di Stefano Carrai, fratello di Marco (a sua volta socio dell’immobiliare “Chiantishire” in compagnia dell’ex presidente Fiat Paolo Fresco). Per anni alla guida, Tanzi, di Real Estate targata Finmeccanica, che gestiva un immenso patrimonio immobiliare: voluto su quella poltrona proprio dal toscano Francesco Guarguaglini, l’ex super vertice formatosi alla Sant’Anna di Pisa (ottima leva anche per tanti cervelli della “sinistra”, da Giuliano Amato a Vannino Chiti, passando per l’ex premier Enrico Letta) e poi “dimissionato” per una serie di inchieste giudiziarie partite dalla procura di Napoli.
Nelle altre sigle made in Carrai è di nuovo un via vai di potenti soci & amici. Che spesso e volentieri ritornano. Nella compagine della “Cambridge Management Consulting”, ad esempio, torna alla ribalta l’ubiquo Bernabè; mentre nella formazione battezzata “CGNAL”, una newco, si ripropone la “Jonathan Pacifici & Partners Ldt”: evidentemente si continua a parlare in prevalenza la lingua di Abramo.
Non può mancare una pasticca miracolosa, nel pedigree del rampante Carrai. Eccoci quindi alla presidenza di un’altra sigla fiorentina, “K Cube”, newco che si interessa ad “investimenti in progetti di ricerca in settori tecnologici con possibili applicazioni produttive e nei servizi, con particolare interesse nel settore farmaceutico e nelle nuove tecnologie in campo biomedicale”. Un settore, il farmaceutico, che super tira a livello mondiale, e molto caro ai Renzi boys, in prima linea Andrea Marcucci, “l’antenna” del premier al Senato, al vertice della dinasty leader nazionale (e non solo) nel milionario settore degli emoderivati (in questi giorni a Napoli comincia il processo per il sangue infetto, alla sbarra il re Mida della Sanità Duilio Poggiolini).
Veniamo, per finire il tour made in Carrai, alla compagine di K Cube. In prima fila Flavio Maffeis, ex consigliere di Ferbanca, l’istituto di credito promosso dai farmacisti, riconducibile alla Banca Popolare di Vicenza, oggi al centro del maxi scandalo per prestiti & affari intrecciati col mattonaro Alfio Marchini, in corsa per il Campidoglio. Nel pedigree di Maffeis c’è però un’altra gemma: è stato responsabile in Italia della multinazionale farmaceutica Glaxo, finita nelle maglie della magistratura per la celebre “Farmatruffa” anni 90 che ha portato alle condanne definitive proprio di Poggiolini e dell’allora ministro della Sanità Franco De Lorenzo (5 milioni di euro a testa di risarcimento decisi dalla Corte dei Conti per i danni d’immagine provocati allo Stato). In quella vicenda Maffei riuscì a farla franca. Altri partner eccellenti di Marco Carrai, nell’occasione, sono l’avvocato Carlo Alberto Bianchi, nominato dall’esecutivo Renzi nel cda di Enel. E il commercialista d’oro Tommaso Di Tanno: il quale, nel suo pedigree, può contare sulla importante poltrona nel cda di Alitalia-Etihad; mentre più indigesta è risultata per lui la presidenza del collegio sindacale del Monte dei Paschi di Siena, era Mussari, quella dello scandalo Antonveneta per il quale Di Tanno è stato rinviato a giudizio, nel processo che, partito a Siena, è passato a Milano.
(fonte http://www.lavocedellevoci.it/?p=5196)
La tecnica è sistematica.
Se Obama, Hollande o Renzi dicono qualcosa, essi celano la verità sotto una coltre di distinguo e false piste. I media, di solito, acconsentono a queste diversioni.
Per questo occorre dissezionare e, quindi, decrittare le parole e i discorsi dei leader.
Spesso è una fatica inutile.
Il potere, infatti, ci parla anche direttamente, senza finzioni. Crudamente.
Questo avviene quando esso lo fa a mezza bocca, per il tramite di certe sue figure potenti e oscure, oppure di secondo rango, o, addirittura, traverso personaggi che i più ritengono inessenziali, se non ridicoli.
Come sentenziò il Filosofo: l’origine delle cose ama nascondersi.
Alla prima categoria appartengono uomini come Giancarlo Elia Valori e Antonio Maccanico. O Eugenio Cefis.
Alle altre categorie, alcune figure minori, ma non meno importanti, come vedremo: Daniele Capezzone e Laura Boldrini, ad esempio.
Di Eugenio Cefis abbiamo già parlato da questi lidi:
http://pauperclass.myblog.it/2015/06/20/il-destino-delleuropa-era-gia-segnato-quarantanni-fa-alceste/
Il discorso che Cefis tenne ai cadetti deall’Accademia di Modena (1972; potete scaricarlo qui: http://www.mediafire.com/download/cwbaoghn25d2afu/Pasolini+e+Cefis.rar) anticipa di trent’anni tutte le denunce sulla globalizzazione. I no global dei primi anni Duemila, infatti, arrivano a giochi già decisi (a babbo morto, si dice a Roma): a posteriori essi ricordano il miserevole protagonista de L’ultima carrozzella di Berlino che sbraitava, patetico, dalla propria vettura a cavalli, contro il proliferare dei tassì.
Cefis lo lessero in pochissimi. Giusto rileggerlo oggi.
Cefis non vaticina. Non è un profeta né un fanatico; egli sa. Per questo vanta una pragmatica, disarmante sicurezza; egli prende atto (nel 1972) di eventi che sono già realtà tangibili nella sua mente. La strada è tracciata; il futuro seguirà: sparizione progressiva degli Stati, multinazionali come uniche entità politico-economiche di rilievo, scioglimento di polizie ed eserciti locali in legioni fedeli ai nuovi poteri sovrastatali.
Un altro che spiattella la verità nuda e cruda, dal basso della sua presunta insignificanza (presunta da noi), è Daniele Capezzone. Un suo librino del 2003 s’intitola:
Uno shock radicale per il 21. Secolo. Stati Uniti d’Europa e d’America verso l’organizzazione mondiale della democrazia: abbattere in tutto il mondo gli ostacoli alla libertà individuale, alla libertà e alla democrazia
Sulla copertina il termine ‘radicale’ è in evidenza: con tale calembour egli rende memoria al proprio antico gruppo d’appartenenza, il Partito Radicale, la quinta colonna par excellence del potere natoamericano in Italia.
Nel pamphlet c’è tutto: TTIP, Stati Uniti d’Europa, dottrina neocon sulla guerra preventiva, l’auspicio che la democrazia israeliana divenga matrice e nutrice d’una riorganizzazione politica in Medio Oriente.
In poche pagine abbiamo condensata la politica estera (e interna) italiana ed europea degli ultimi quindici anni (dallo shock stile Pearl Harbour delle Torri Gemelle a Bruxelles).
Capezzone non è Cefis, eppure, ad onta delle nostre derisioni e della sua ancor giovane età, è ormai un politico dal cursus honorum ragguardevole.
E anche un intoccabile.
Anche Laura Boldrini ha un cursus di tutto rispetto. Al pari di Capezzone, anch’ella è magnificamente inserita negli ingranaggi del potere senza patria.
Quale personaggio di seconda o terza fila, possiede il privilegio di dire la verità.
Sì, Laura Boldrini dice la verità: su di noi, sul nostro futuro. E, quando parla, occorre prenderla sul serio. In un articolo de Il Corriere della Sera del 27 marzo (ma gli stessi intendimenti sono stati ribaditi in un incontro all’Accademia dei Lincei, il 31 marzo), la Presidente apre il suo cuore.
http://presidente.camera.it/application/xmanager/projects/presidente17/attachments/interviste_articoli/files/000/000/106/2016.03.27_-_Corriere_della_Sera.pdf
Il titolo dell’articolo è già illuminante: “Contro il terrorismo serve maggiore unione”
Apprezzerete, anche qui, il delicato bisticcio: fra unione e Unione.
Europea, ovviamente.
Il robusto incipit sgombra il campo dai malintesi:
“Ci vuole più Europa. È apparentemente impopolare dirlo, in giorni nei quali al pianto dei feriti si sovrappongono le urla dei demagoghi che speculano anche sul sangue di Bruxelles pur di convincerci che, per stare sicuri, dobbiamo rinchiuderci nei confini nazionali. E invece no, è questo il momento di ribadirlo senza timidezze … l’unica risposta razionale, doverosa, dura è: più Europa“.
Noterete il tono: vittimismo (il sangue degli innocenti!), arroganza, rivendicazione perbenista di responsabilità (noi, le istituzioni!) contro chiunque osi dissentire dall’ideologia dominante (l’unica possibile). Noterete, altresì, che la Boldrini (come i precedenti sodali) non dialoga, né predica, né usa condizionali.
Espone semplicemente un programma prestabilito da altri.
La Nostra Presidente prosegue:
“È evidente che bisogna far lavorare insieme i servizi di intelligence, condividere informazioni tra gli apparati di sicurezza, far agire squadre investigative comuni, come appare dai primi orientamenti emersi giovedì sera dal vertice dei Ministri Europei della Giustizia e dell’Interno, e questo richiede più Europa“.
La Pitonessa lo ripete due volte il suo ora pro nobis: “e questo richiede più Europa“, sgranando il rosario della determinazione.
La Pizia di Macerata, quindi, passa a proferire le logiche conclusioni del ragionamento che, come detto, non ammettono repliche: come a Delfi non è lei a parlare, infatti, ma lo stesso dio della globalizzazione traverso il suo corpo da fattucchiera misterica:
“[Ecco] il contributo che vorrei portare alla discussione comune. Senza giri di parole: si chiama integrazione politica. Gli obiettivi che ci stiamo dando in materia di sicurezza reclamano una cornice istituzionale diversa, più solida, più coesa. Un’unione federale tra Stati … È il cammino che … ho intrapreso da mesi con le altre Camere europee. La dichiarazione che abbiamo sottoscritto a settembre a Montecitorio si intitola, significativamente: ‘Più integrazione europea: la strada da percorrere’. Siamo partiti con quattro firme … e contiamo di arrivare presto ad avere la maggioranza tra i 28 paesi Ue [le adesioni, sinora, sono 11]“.
Avrete capito il succo del discorso; che è questo: i 28 staterelli Ue, fra cui l’Italia, dovranno ben presto aggiungersi ai 50 (presto 51) Stati federali degli Stati Uniti.
La visione è raggelante, ma coerente.
Un blocco atlantico unico, da Los Angeles a Varsavia, rafforzato da ramificazioni, quinte colonne e volenterosi satelliti ancora non ricompresi in tale Pangea: Arabia, Kuwait, Est Europa et cetera.
Gli Stati Uniti d’America (madrepatria ideologica, più che geografica) sono ormai un buco nero che cerca di risucchiare a sé ogni forma di vita politica alternativa; la globalizzazione è l’uniformazione a tale ideologia totalitaria che vediamo dipanarsi ogni giorno nelle sue multiformi epifanie culturali, economiche e sociali.
L’Europa Unita (sotto queste insegne apolidi) è la conquista più vistosa di un processo più che cinquantennale (se visitate il sito di Laura Boldrini, http://www.lauraboldrini.it/, potrete persino ammirare i graziosi gadget allegati a tale operazione: spillette azzurre e gialle, con le dodici stelle che aureolano il logo USE, United States of Europe).
Da Cefis a Capezzone a Laura Boldrini, il potere espone in modo chiaro ed esauriente il proprio programma: con una tenacia e una chiarezza di visione storica disarmanti.
Non c’è bisogno di analizzare, confutare e sprecarsi in ipotesi fantastiche; o sezionare eventi locali. Ogni manifestazione politica ed economica (anche minuscola, come la legge Fornero) ha la propria scaturigine in tale progetto sovranazionale: un vero fiume carsico che scorre sotterraneo e invisibile, ma tutto sradica e travolge alle fondamenta.
A volte la corrente affiora … la fatwa boldriniana è uno di questi affioramenti.
Eugenio Cefis, Daniele Capezzone, Laura Boldrini … e noi qui a scannarci sulle virgole.
Eugenio Cefis, una personalità complessa, magmatica. Partigiano, capitano d’industria, ideologo, vicepresidente ENI … e poi Presidente stesso dell’ENI, successore di Giuseppe Boldrini … a sua volta successore di Enrico Mattei …
Chissà se il buon Eugenio ha mai tenuto sulle proprie ginocchia la piccola Laura.
Ah, i bei tempi!
(fonte http://pauperclass.myblog.it/2016/04/06/laura-boldrini-ci-indica-la-verita-alceste/)
Spetcul - Giancarlo Elia Valori nominato Socio onorario dell’Accademia Cosentina
Roma, 21 mag (Prima Pagina News) Giancarlo Elia Valori, presidente della merchant bank “La Centrale Finanziaria Generale S.p.A.”, è stato nominato Socio onorario della prestigiosa Accademia Cosentina, in riconoscimento del suo insigne e poliedrico impegno di manager, economista, docente e pubblicista a respiro internazionale, indirizzato a sviluppare progresso e sapienza, nonché a tutelare i grandi valori umani, artistici, scientifici, culturali della società nazionale. L’investitura ufficiale dell’ambito attestato è avvenuta nella sede dell’Accademia, ubicata nel centro storico di Cosenza, alla presenza dell’Assemblea plenaria dei soci, con in primissimo piano il presidente, avvocato Ernesto d’Ippolito, e il Segretario perpetuo, prof. Coriolano Martirano. L'Accademia Cosentina, che è la più antica d'Italia, fu fondata a Cosenza da Aulo Giano Parrasio nel 1511 per l’apprendimento degli studi filosofici e letterari, e la città grazie a questa prerogativa venne ribattezzata “l’Atene della Calabria”. Il professor Valori, a pieno titolo,Socio onorario dell’Accademia Cosentina, vanta inoltre – come unico italiano dopo il cardinal Giulio Mazzarino – il prestigioso attestato di “Honorable”dell’Académie des Sciences dell’Institut de France.Tale qualifica non è solo una “onorificenza davvero straordinaria”, creata eccezionalmente per lui il 18 febbraio 2002, ma è principalmente un “titolo a vita”, pari a quel rango di “immortel”, insito di ogni membro dell’Institut de France, di cui l’Académie des Sciences, fondata nel 1666 da Jean Baptiste Colbert, fa parte.
(PPN) 21 mag 2016 09:34
(fonte: http://www.primapaginanews.it/dettaglio_news_hr.asp?ctg=2&id=349586)
Chissà se è davvero, come dicono tanti, l’uomo più potente d’Italia. Certo è uno dei più temuti. E dei più misteriosi. E con le migliori relazioni internazionali. Sicuramente Giancarlo Elia Valori, il supermanager che lascia dietro di sé una scia di odore d’aglio (lo divora a spicchi, crudo, convinto delle sue virtù salutari) è l’unico sopravvissuto di una specie ormai estinta: quella dei boiardi di Stato. Tutti gli esemplari della specie sono scomparsi: i potentissimi membri della casta che presidiava le imprese pubbliche per conto dei boss dei vecchi partiti sono stati spazzati via da Mani Pulite, dal tramonto della Prima Repubblica, dalla nuovelle vague delle privatizzazioni...
Ma lui, il Manager, Professore, il Signor Autostrade, è sopravvissuto felicemente al crollo della Nomenklatura (e non è la prima volta che attraversa il fuoco come una salamandra). Ha pilotato la privatizzazione della società Autostrade, restandone - caso unico - presidente. E continua a collezionare onori, cariche, poltrone. Ora, come amministratore delegato, alle Autostrade è arrivato un manager forte, Vito Gamberale; e Valori, a cui non basta fare il presidente di rappresentanza, ha cominciato a cercare altri spazi di potere. Tanto per cominciare, all’inizio di marzo è stato eletto presidente dell’Unione Industriali di Roma, ma non ha certo intenzione di fermarsi lì: sta decidendo che cosa farà da grande, e ha (come sempre) grandi idee. La prossima poltrona potrebbe essere tutta politica; non gli dispiacerebbe, per esempio, quella di sindaco della capitale. In questo caso, trasversale com’è, avrebbe un solo imbarazzo: scegliere se essere candidato dalla destra o dalla sinistra. Ma chi è davvero Giancarlo Elia Valori, l’inossidabile? Raccontarlo non è facile. Attorno a lui aleggiano leggende nere, che odorano, più che d’aglio, di incenso e, nello stesso tempo, di zolfo. è circondato da una barriera di protezione e di silenzio. Chi lo conosce bene, pur senza amarlo, sembra averne un sacro terrore. Tanto che viene la voglia, per una volta, di dimenticare la Regola Numero Uno del Bravo Giornalista («Non tediare il povero lettore con il racconto delle difficoltà incontrate nel raccogliere le notizie»), perché quelle difficoltà fanno parte del personaggio. Perfino una persona coraggiosa e senza scheletri nella cassapanca come Tina Anselmi, mitica presidente della Commissione parlamentare sulla P2, appena sentito il nome fatidico si blocca: «Non insista, io su quel signore non ho nulla da dire». Se risponde così lei, figuratevi gli altri. E, visto il personaggio, abituato a essere trattato più che bene dai giornali, non ci si potrà stupire neppure dei sospetti dietrologici con cui potrebbe essere accolta un’inchiesta sul Signor Autostrade: ma chi c’è dietro? quale gioco fanno? per conto di chi? E invece dietro - è la stampa, bellezza - c’è solo la curiosità per una maschera del teatro italiano del potere, c’è la voglia di capire perché Giancarlo Elia Valori è così potente, così misterioso, così temuto, così inossidabile. E, allora, proviamo a raccontarlo, partendo dal presente.
http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/focus_2.html
2. Dai dinosauri alla new economy
Valori dal marzo 1995 è presidente della Autostrade spa, la più grande rete autostradale del mondo, con i suoi 3 mila chilometri d’asfalto, 3.200 miliardi di fatturato, 426 di utili. Ma ci tiene a qualificarsi, prima che come manager, come «professore»: anche se le sue cattedre sono solo onorarie, virtuali, una a Pechino («Economia e politica internazionale») e una a Gerusalemme («Studi sulla pace e la cooperazione regionale»). L’elenco delle onorificenze, poi, riempie mezza pagina: cavaliere di Gran Croce della Repubblica italiana, cavaliere dell’Ordine di Isabella la Cattolica, cavaliere della Legion d’Onore e un vasto campionario di medaglie e riconoscimenti collezionati in giro per il mondo, a partire dall’Argentina e dalla Corea. La nuova poltrona che ha appena aggiunto alla sua collezione, quella di presidente degli industriali romani, è stata invece, fino a oggi, una briscola bassa, di poco valore, perché è al Nord che sta la grande industria privata. Ma ora, dopo le privatizzazioni, nel club romano sono entrate anche le ex imprese di Stato, il gigante Telecom, le Autostrade... Valori non ha perso tempo e si è subito piazzato. Lo ha fatto a modo suo, senza contrasti apparenti: ha incontrato il candidato naturale, espressione dei piccoli imprenditori romani (Gennaro Moccia) e lo ha velocemente convinto a ritirare la candidatura. Appena designato, ha incassato i complimenti di Francesco Rutelli, sindaco di Roma («Valori rappresenta la novità, ma anche la continuità...»). E ha subito buttato lì, in un intervento sul molto ospitale Messaggero, l’idea di Roma «cerniera tra Nord e Sud», tra «due Italie» da avvicinare: e come, se non con un paio di belle autostrade («riqualificazione della Salerno,Reggio Calabria e trasformazione della Taranto,Reggio») e un bel ponte sullo Stretto di Messina? In questo programma, Valori trova una sponda sinistra dentro il governo D’Alema: in quel Marco Minniti che è il braccio destro del presidente del Consiglio, ma prima ancora è un politico calabrese, che tanto si sta dando da fare per portare sviluppo (cioè soldi e lavori pubblici) alla sua regione. Un altro tema che Valori ha subito toccato dopo la sua ultima nomina, anche se non c’entrava niente, profuma di new economy: è il programma di Blu, il consorzio per la telefonia di cui è presidente. «Vogliamo grossi partner che rappresentino innanzitutto gli interessi nazionali e poi i grandi interessi europei». Blu (soci: Autostrade, cioè Benetton e il gruppo Caltagirone, più Mediaset, più British Telecom) è il quarto gestore Gsm e ha partecipato alla gara per le licenze Umts, il sistema che unisce telefonino e servizi internet, per poi ritirarsi a metà gara, per decisione di British Telecom. Una figuraccia per tutti. Questa volta, Valori non è riuscito a dimostrare di saper passare dai dinosauri di Stato alla new economy. Chissà che cosa gli riserverà il futuro. Ma intanto, per co no scere il personaggio, è necessario tuffarsi nel passato dei dinosauri.
http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/Valori_1.html
3. Il ragazzo prodigio
Giancarlo Elia nasce a Meolo, un paesotto vicino a San Donà di Piave non distante da Venezia, il 27 gennaio 1940, sotto il segno dell’Acquario. I genitori sono toscani, il padre Marco è compagno di scuola di Amintore Fanfani. Il ragazzo studia Economia e commercio e si trasferisce presto a Roma. Gli piacciono da morire gli ambienti vaticani, le divise e i riti della curia romana. Riesce a diventare «Cameriere di spada e cappa»: è la prima onorificenza della sua collezione, è il 1963, Giancarlo Elia ha 23 anni. C’è una foto che lo ritrae, giovanissimo, accanto all’uomo allora più potente Oltretevere, il cardinale Alfredo Ottaviani. Il fratello maggiore di Giancarlo, Leo, ex partigiano bianco, mandato da Enrico Mattei fin dal 1948 in Argentina a rappresentare l’Eni, lo introduce invece negli ambienti del governo di Buenos Aires. Il presidente Arturo Frondizi era amico del fratello, tanto da diventare padrino dei suoi figli. Nel 1965, a 25 anni, Giancarlo Elia entra nella Rai di Ettore Bernabei, prima come consulente e poi come funzionario: si occupa di relazioni internazionali, è una sorta di enfant prodige, stringere relazioni è la sua specialità. Ottime quelle con le curie, incredibili quelle con l’estero. Efficiente, attivissimo, ben introdotto: così lo ricorda lo scrittore Alvise Zorzi, che in quegli anni era condirettore centrale Rai per i rapporti esterni. Valori si specializza in dittatori: Kim Il Sung in Corea del Nord, Nicolae Ceausescu in Romania, i dirigenti della Cina. Nei primi anni Settanta organizza una visita in Italia di Frondizi, presidente democratico dell’Argentina tra il 1958 e il 1962, che fa incontrare con diverse personalità italiane. Ma Valori conosce bene anche l’ex dittatore argentino Juan Do min go Peron, a quei tempi esule a Madrid. è il fratello che gli passa i contatti, poi Giancarlo li coltiva. La nuova moglie di Peron, Isabelita, diventa amica della madre di Valori. E quando i due argentini vengono a Roma, sono ospiti di casa Valori, a Trastevere. Il 12 marzo 1972, dopo un lavorio durato sette mesi, sullo sfondo di un fitto impegno di lobby industriali internazionali, il trentaduenne Giancarlo Elia riesce a far incontrare a Madrid, faccia a faccia, Frondizi e Peron, l’ex presidente e l’ex dittatore: è la prima pietra del trionfale ritorno di Peron in Argentina. Quando Peron nel 1973 torna in Argentina da trionfatore, sull’aereo che lo porta da Madrid a Buenos Aires, insieme ai notabili peronisti, alla moglie Isabelita e al cadavere di Evita trafugato dal cimitero di Milano, ci sono due italiani: Licio Gelli e Giancarlo Elia Valori. I rapporti con l’Argentina sono anche rapporti massonici. E il cattolicissimo, papalino Giancarlo, malgrado la scomunica vaticana per i Liberi Muratori, comincia prestissimo a frequentare le Logge. A 25 anni si iscrive alla Loggia Romagnosi del Grande Oriente. Un anno dopo, nel 1966, si presenta però alle elezioni amministrative di Roma nelle liste della Dc, senza avvisare la Loggia: viene sottoposto a processo massonico e radiato. «Non accettarono la mia linea», tenterà di spiegare poi Valori, «del dialogo tra cattolicesimo e massoneria». Nel 1973, un iscritto alla Loggia Romagnosi che aveva voglia di mettersi in proprio, un certo Licio Gelli, lo contatta perché sa dei suoi ottimi rapporti con l’Argentina, lo iscrive al Centro Culturale Europeo (in realtà è la Loggia P2) e lo coinvolge in una società di import,export chiamata Ase. Che cosa importi e che cosa esporti - carne, armi, informazioni - non è dato sapere. Valori comunque sostiene di esserne uscito subito, lasciando Gelli al suo destino. Non prima, però, di avegli presentato, a Roma, all’Hotel Excelsior, il presidente Peron e il suo braccio destro, l’esoterico José Lopez Rega. Dopo il ritorno di Peron al potere, il rapporto con Gelli si rompe: il Gran Maestro della P2 gli scippa il contatto con l’Argentina, stringendo un rapporto diretto con Lopez Rega, che approfittando della malattia di Peron diventa il vero padrone del Paese. Valori lo disprezza: «Fino al ritorno di Peron in Argentina, Lopez Rega aveva un ruolo puramente da cameriere, ai colloqui di Peron non partecipava mai, se non per servire una bibita o un caffè... Era autore di un libro intitolato dall’Alfa all’Omega nel quale parlava di una chiesa al di sopra delle chiese. Un pazzo, io lo ritenevo, spessissimo nelle nostre conversazioni parlava di queste cose che mi facevano veramente ridere». Intanto, però, Gelli strappa a Valori il mercato (massonico, di contatti, di affari) argentino. Lo scontro Gelli,Valori, dunque, si conclude apparentemente con la sconfitta di quest’ultimo, che risulta infatti l’unico espulso dalla P2. Visto oggi, però, a vincere è Valori.
http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/Valori_2.html
4. Armi & agenti segreti
Nei primi anni Settanta, l’attivissimo Valo ri, stregato dal potere e dai suoi riti, si avvicina anche all’ambiente dei servizi segreti. Nel 1972 conosce Mino Pecorelli, giornalista che si muove in quel mondo e che dal suo giornale Op lancia messaggi, avvertimenti, ricatti. «Mi attaccava, non capivo perché», dichiarerà poi Valori alla Commissione parlamentare sulla P2. Allora lo contatta, e subito i rapporti tra i due diventano molto stretti: telefonate quotidiane, incontri frequenti. Spesso la domenica Pecorelli passa con la macchina a prendere Valori, che non guida, per serene gite nei dintorni di Roma. Ma è Pecorelli a inventare e diffondere quel soprannome allusivo, che accenna ai suoi contatti in Oriente e che lo fa andare su tutte le furie: Fiore di Loto. Sempre nel 1972, in Rai, Valori conosce Nicola Falde, ufficiale del Servizio di sicurezza militare a quell’epoca di fatto infiltrato nella Rai: «Cominciò allora la nostra frequentazione e la sua richiesta di giudizi su varie persone», ammetterà Valori molti anni dopo, nel 1996, davanti al giudice Rosario Priore, in un interrogatorio rimasto finora segreto. «Sapevo della provenienza dal Sid, Ufficio Ris, del Falde, che si occupava di conferire pareri di sicurezza circa l’esportazione di armamento». Valori diventa insomma fonte di Falde dentro la Rai, arricchisce i suoi contatti con l’estero (Cina, Corea, Romania, ma anche Stati Uniti, Canada, America Latina...) e si spiana la carriera dentro le aziende di Stato. Nel 1976, a 36 anni, è vicedirettore generale di Italstrade. «Avevo già realizzato», confessa a Priore, «che i servizi potevano avere un ruolo incisivo circa l’apertura economico,commerciale verso i mercati esteri, in particolar modo verso Libia, Iran, Algeria, Arabia Saudita e Turchia. Così nacque il mio contatto con Santovito». Giuseppe Santovito all’epoca è comandante del Comiliter di Roma e in seguito diventerà direttore del Sismi, il servizio segreto militare. è iscritto alla P2, come tanti altri amici e conoscenti di Valori in quegli anni: il magistrato Carmelo Spagnuolo, il faccendiere Francesco Pazienza, il giornalista Mino Pecorelli, l’agente Nicola Falde... «Conoscendo i rapporti che il Servizio aveva all’epoca con tutto il mondo arabo - come l’Arabia Saudita e la Libia - io chiesi al generale Santovito di tenere presente, nell’ambito della legalità e degli interessi dello Stato, la società dell’Italstrade, società a capitale Iri, per eventuali lavori da compiere in quei Paesi. Per questa ragione», dichiara Valori a Priore, «vedevo di tanto in tanto il generale Santovito e qualche volta lo sentivo per via telefonica. Sono stato, ma raramente, presso il suo ufficio in via XX Settembre e più di sovente presso la sua abitazione in via Flaminia». Spionaggio e affari. Appalti e barbe finte. In questo contesto Santovito, diventato capo del Sismi, nel 1978 presenta a Valori due libici che lo possono aiutare a ottenere commesse nei Paesi arabi: Salem Moussa e Ladheri Azzedine. In quegli anni, spiega Valori, Italstrade puntava a realizzare ponti e strade in Libia e la diga di Karakaya in Turchia. Ma evidentemente i due libici avevano in corso affari anche più pericolosi, perché Azzedine viene trovato morto, nel 1980, a Milano. «Lessi dai giornali che era morto. Certamente non di morte naturale», dichiara Valori a verbale. Ma nega di aver avuto a che fare con triangolazioni di armi: «Mai fatto da intermediario tra la Libia e la Fiat. Escludo di essermi mai interessato a commesse per la vendita di aerei o di armi alla Libia. Mai concluso affari di missili e aerei G47». Ammette però di aver mosso i primi passi all’ombra di Francesco Rota, direttore generale del San Paolo di Torino prima, della Fiat poi. E di avere, trentenne, redatto per la Fiat «analisi finanziarie internazionali sul mercato sudamericano, francese ed euro peo». Ed è costretto ad ammettere di avere avuto a che fare con la società finanziaria Sophinia, in affari con il mondo arabo. «Avevo poco più di trent’anni», sottolinea Valori. «Vi ero entrato su invito di Davide Pellegrini, vecchio amico del Quirinale». Di più, non dice.
http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/Valori_3.html
5. Amiche toghe
Forte dei suoi rapporti particolari, Valori procede nella sua carriera di boiardo di Stato. Lo scandalo P2, nel 1981, lo colpisce, ma solo di striscio: sulle liste di Castiglion Fibocchi è scritto: «Valori Giancarlo. Professore. Espulso». La Commissione parlamentare presieduta da Tina Anselmi riesce a sentirlo il 7 aprile 1983, solo dopo molte insistenze di alcuni commissari, e solo in seduta segreta. Pochi i commissari che lo bersagliano di domande vere; tra questi, Rino Formica, Giorgio Pisanò e Libero Riccardelli. Formica è convinto che Valori faccia traffico d’armi per i Servizi; Pisanò e Riccardelli ritengono che Valori sia stato la mente che, per vendette interne al gruppo P2, ha fatto scoppiare lo scandalo dei petroli, fornendo le informazioni sulla truffa (già nota ai servizi segreti) a due magistrati di Treviso, Domenico Labozzetta e Felice Napolitano. Valori, come al solito, nega. Ma i commissari insistono, sono convinti che Valori sia temuto da nemici e amici perché è in grado di arrivare a dossier riservati e di scatenare indagini giudiziarie. Valori durante la seduta continua a negare, ma fuori dall’aula non gli dispiace essere temuto. Contatti con magistrati ne ha tanti, e dove non ne ha gli piace che gli altri pensino che li abbia. Del resto, proprio da un magistrato ha iniziato la sua carriera: coltivando, per incarico della Rai, le relazioni con il procuratore generale di Roma Carmelo Spagnuolo che ave va appena avocato, strappandola al magistrato naturale, un’indagine su irregolarità contabili dell’ente radiotelevisivo di Stato. I contatti tra Valori e Spagnuolo sono intensi. Al termine, l’indagine sulla Rai è archiviata. Poi per agganciare i magistrati si inventa un’associazione: l’Istituto per le relazioni internazionali, che ha organizzato convegni invitando personalità (da Guido Carli a Ugo La Malfa, da Frondizi al governatore della Banca d’Israele David Oroviz) e coinvolgendo una folla di giudici.
Temeva Valori anche Romano Prodi, due volte presidente dell’Iri e quindi suo «superiore». Il primo mandato lo definì «il mio Vietnam»: tra i vietcong che gli facevano la guerra c’era anche Valori, ai tempi vicepresidente della Sme, la finanziaria agroalimentare dell’Iri. Prodi, che non vuole piduisti attorno, nel 1984 non lo ricandida ai vertici dell’azienda. Valori riesce però a farsi collocare alla presidenza della Sirti, una società della Stet, che allora era presieduta da Michele Principe (anch’egli iscritto alla P2). E promette vendetta. è lui infatti il sospettato numero uno del siluro sparato in quegli anni contro Prodi: un’inchiesta giudiziaria del procuratore romano Luciano Infelisi su Nomisma, la società di consulenza di Prodi a Bologna. Intanto Valori nel 1987 torna alla Sme, come presidente della Gs (supermercati). E nel 1990, spinto dal nuovo presidente dell’Iri Franco Nobili, si siede finalmente sulla agognata poltrona di presidente della Sme. Poi, nel 1995, nominato dal presidente dell’Iri Michele Tedeschi durante il governo Dini, diventa il Signore delle Autostrade.
http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/Valori_4.html
6. Vip, cene e giornali
Non è solo Cesare Romiti affezionato alle presentazioni dei suoi libri (una biografia di Ceausescu, una di Ben Gurion, il volume L’eredità di Mao, i saggi La pace difficile, Quattro scritti sulla pace nel mondo, La privatizzazione delle aziende dei servizi pubblici...). Sono tante, tantissime le personalità che corrono ai Valori-show, allietati dalla presenza di Carlo Rossella nella veste di presentatore, dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga che arriva a braccetto con l’ex amministratore dell’Alitalia Giovanni Bisignani, del produttore Vittorio Cecchi Gori sorridente, dell’ex presidente della Corte costituzionale Antonio Baldassarre, del ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio, del segretario della Uil Pietro Larizza (calabrese, dunque come Valori tifoso del ponte sullo Stretto). E di tanti, tanti altri. I giornali sono abituati a trattarlo con i guanti. I grandi quotidiani gli recensiscono i libri e raccontano con toni da Agenzia Stefani le cronache delle presentazioni infarcite di vip. Il Messaggero ospita i suoi articoli in prima pagina. E Panorama per lui ha inventato, in un numero del febbraio scorso, il genere giornalistico del «doppio servizio»: a pagina 70 un articolo di Marcella Andreoli che racconta le imbarazzanti telefonate (intercettate) tra il cardinale di Napoli Michele Giordano e Valori, alla ricerca di sostegni per Telon, un suo consorzio di telefonia («Eminenza, se entriamo noi, la Nokia apre uno stabilimento anche ad Avellino...»), con il direttore dell’Osservatore romano Mario Agnes che su Valori lancia comunque avvertimenti al cardinale («Vostra eminenza deve sapere che questo è Loggia nel senso stretto del termine...»); e a pagina 113 una entusiastica intervista di Tino Oldani allo stesso Valori sui suoi mirabolanti progetti nelle telecomunicazioni, dal titolo Valori della New economy («Rispondo con le stesse parole usate da Bill Clinton nel recente seminario di Davos...»). Valori è un professionista del contatto, un Nobel dei rapporti, un sacerdote delle pubbliche relazioni. Scrive lunghe lettere vergate a mano («Carissimo...») anche a chi ha visto una volta soltanto, non dimentica un compleanno, un anniversario, un’inaugurazione dell’anno giudiziario. Sembrerebbe non aver altro da fare che organizzare cene, incontri, presentazioni, convegni, inaugurazioni, messe votive, concerti di Natale. Specialista in lauree honoris causa, a fine febbraio (secondo quanto ha scritto il quotidiano Il Mattino di Padova) ha voluto far concedere al capo della Polizia Fernando Masone la cittadinanza onoraria di Padova, dove è sindaco la sua amica Giustina Destro. Ogni tanto, però, l’aggancio salta. Come quella volta che aveva organizzato una cena, in un albergo vicino all’aeroporto di Torino Caselle, a conclusione del funerale del dipendente della Società Autostrade morto nel rogo del Tunnel del Monte Bianco. Quando ha saputo che era stato invitato anche il magistrato che stava indagando sulla sciagura, il presidente dell’Iri (da cui Autostrade dipendeva prima della privatizzazione) Gian Maria Gros-Pietro ha fiutato che l’incontro non era opportuno ed è volato a Roma.
http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/Valori_5.html
7. Valori, ultimo atto
C’è stato, in verità, qualche magistrato che Valori non l’ha incontrato a cena, ma l’ha convocato per interrogarlo, nel corso di qualche indagine delicata. Domenico Sica ed Ernesto Cudillo sulla P2, Carlo Palermo sui traffici d’armi, Rosario Priore sui suoi rapporti con i Paesi arabi, nel contesto dell’inchiesta sulla strage di Ustica. Invece il pool Mani Pulite, che ha fatto un’ecatombe dei suoi colleghi boiardi, non ha trovato nulla contro di lui. L’unica ombra di Tangentopoli che lo ha sfiorato è un versamento di 150 milioni nel giugno 1991; ne parla, al sostituto procuratore di Milano Francesco Greco, Giuseppe Garofano, allora presidente della Montedison: «Si è trattato di un versamento da me effettuato a favore di Valori Giancarlo Elia, attuale presidente della Sme, che all’e po ca aveva prestato consulenze professionali alla Montedison. Il Valori mi chiese di erogare la somma in nero e per contanti, per motivi fiscali». Invece di darli, i soldi, come gli altri boiardi che finanziavano i partiti, questa volta lui li prende. Ma i magistrati di Mani Pulite non trovano ulteriori conferme e del resto il versamento in sé non costituisce reato, a parte la presunta evasione fiscale e la bizzarria, per un manager pubblico, di fornire consulenze a un’industria privata concorrente. Mani Pulite non è riuscita a togliere niente a Valori, Valori invece ha portato via qualcosa a Mani Pulite: Angelo Alfonso, già segretario del procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli, diventato collaboratore del Signor Autostrade. Dopodiché, superata d’un balzo l’era di Tangentopoli, Giancarlo Elia Valori si è presentato all’appuntamento con le privatizzazioni. Non troppo puntuale, magari, con qualche frenata, ma alla fine la sua Sme è andata ai privati. La Cirio-Bertolli-De Rica a una sconosciuta finanziaria nelle mani di uno sconosciuto finanziere, Saverio Lamiranda, che compra e subito rivende il latte a Sergio Cragnotti e l’olio all’Unilever. La plusvalenza realizzata dallo spezzettamento, così, non va nelle casse dello Stato, ma chissà dove. Poi è la volta degli Autogrill, che sono conquistati dalla famiglia Benetton. Passato alle Autostrade, Valori compie il suo capolavoro: prima frena, sostenendo che le autostrade sono troppo importanti perché lo Stato non mantenga un ruolo nel settore, poi si dà da fare per venderle alla cordata capeggiata dai Benetton e da Franco Caltagirone (quello della Vianini costruzioni e del Messaggero), mantenendo salda la poltrona e intatto il suo potere. Ci riesce. Aprendosi al «nuovo che avanza». Intanto le sue relazioni internazionali si sono consolidate. Ha progetti autostradali negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia. In Israele vuole realizzare «l’autostrada della pace». In Corea vuole unire le due capitali, finora nemiche, del Nord e del Sud. Nella sua casa romana continua a ospitare personaggi di caratura internazionale, come quel Joachim Bitterlich, consigliere di Helmut Kohl per la politica internazionale, che vi passò in un momento delicato, quando l’Italia premeva per entrare nell’Euro e la Germania di Kohl frenava. Ora Valori ha cancellato dalla sua bibliografia sul Who’s who il libro su Ceausescu, ha dimenticato le amicizie strette con libici e arabi, e punta tutto sui rapporti con Israele. L’unica donna della sua vita, la madre Emilia, per la quale fa celebrare una grande messa ogni anno, il 15 novembre 1998 ha ottenuto l’onore di avere un albero (un ulivo) piantato nel Giardino dei Giusti, a Gerusalemme, dove sono ricordati i non ebrei che hanno aiutato il popolo ebraico. Motivazione: Emilia Valori durante la Resistenza salvò dalle deportazioni numerose famiglie ebraiche. Durante la cerimonia a Gerusalemme, Shimon Peres in persona ha sottolineato «il grande ruolo che Giancarlo Valori ha svolto nel riconoscimento reciproco tra Israele e la Cina». Grazie alle sue relazioni con i dirigenti cinesi, infatti, Valori ha posto le premesse per il primo viaggio di Peres a Pechino, nel maggio 1993. Dieci anni prima, Valori è stato protagonista di un’azione che gli israeliani non dimenticheranno mai. Così la racconta lui stesso, interrogato a proposito dal giudice Priore: «Nel 1988 mi attivai per la liberazione di tre ostaggi ebrei francesi catturati dagli iraniani in Iran. La richiesta mi pervenne da amici francesi di ambiente governativo che mi dissero trattarsi di un “caso umano”. Mi rivolsi al presidente della Corea del Nord, Kim Il Sung, da me conosciuto nel 1975 allorché per la Rai mi recai in Estremo Oriente per allacciare contatti utili all’apertura di uffici». Il contatto funziona, gli iraniani liberano gli ostaggi, Valori è insignito dal presidente francese François Mitterrand della Legion d’Onore, da esibire sul revers della giacca nelle grandi occasioni, accanto al nastrino di Cavaliere di Gran Croce conferitogli da Cossiga. Con tutti questi onori e con tutta la sua storia, oggi Giancarlo Elia Valori progetta il suo futuro, in un mondo che non è più quello in cui si muoveva Fiore di Loto. Gli piacciono gli onori accademici, ama gli ambienti internazionali, strizza l’occhio alla new economy, forse fa un pensierino alla politica. Comunque non vuole uscire di scena. Sarebbe contrario alla sua religione, quella del Potere. (gb)
http://www.societacivile.it/focus/articoli_focus/Valori_6.html
1 - L' IRRESISTIBILE PASSIONE DI RENZI PER L' EMIRATO
La cartina al tornasole è stata la partita Alitalia. Dopo una serie di dichiarazioni a favore del Qatar e del modello Doha, il segretario del Pd, Matteo Renzi, ha smesso improvvisamente di parlare del tema. Dopo essersi adoperato per cercare nel piccolo emirato un salvagente destinato all' ex compagnia di bandiera ha mollato il dossier, lasciando campo libero al governo in carica, quello di Gentiloni.
Non a caso sono apparsi i cinesi di Hainan airlines con la mediazione (in inglese si direbbe advisoring) di Giancarlo Elia Valori e George Soros, il quale ha fatto un apposito blitz a Palazzo Chigi. Il motivo è stato un pesante veto da parte di una fetta della finanza italiana e di tutta l' area del Pd non fedele a Renzi.
Tutti si erano accorti ai primi di maggio della tempesta di sabbia in arrivo dal Medioriente. Tutti, tranne il Rottamatore, volevano evitare di trovarsi in piena trattativa su Alitalia nel momento in cui il Qatar sarebbe improvvisamente diventato lo Stato canaglia per eccellenza. La nazione che finanzia l' Isis. Esattamente quello che è successo dopo la visita di Trump a Riad e dopo che ieri Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto e Bahrain hanno tagliato ogni ponte diplomatico e pure i collegamenti aerei, accusando il vicino di casa salafita di finanziare quegli stessi terroristi che sono contigui alla Fratellanza Musulmana e che dalle basi siriane e libiche sono gli ispiratori di attentati nei quattro angoli del mondo.
Un freno a mano tirato bruscamente, che mette il nostro Paese in contropiede e lascia in seria difficoltà la diplomazia ufficiale. L' altra, ovvero quella del partito di maggioranza guidato da Renzi, è ancora oggi legata mani e piedi ai diktat di Barack Obama. Il che porta la strategia del nostro Paese a riallinearsi a quella odierna battente bandiera Trump o a schiantarsi contro il muro delle prossima quanto inevitabili sanzioni. In entrambe i casi sarà opportuno evitare, come è accaduto per Alitalia, che Renzi tenga da solo il pallino. O si muova disallineato. Cosa che ha fatto più volte anche da privato cittadino.
(continua ---> http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/chi-rsquo-rsquo-unico-politico-mondo-ad-avere-rapporti-149240.htm).
Uno dei numerosi contributi trovabili in rete, sempre su questo personaggio "misterioso":
(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2009/06/rizzovalori-e-diliberto.html)
RIZZO,VALORI E DILIBERTODue articoli tratti da Senza Soste,il primo del Manifesto di ieri e l'altro più corposo a firma di Nello Gradirà postato il 2 giugno scorso,forniscono un quadro di una situazione degna del migliore intrigo di un film di spionaggio e di giallo condito da immagini drammatiche...solo che quello raccontato non è cinema ma la realtà.
Che cosa hanno in comune Marco Rizzo,membro del partito dei Comunisti Italiani,Oliviero Diliberto,segretario dello stesso partito,e Giancarlo Elia Valori,ex piduista e importante e potente uomo di (mal)affari?
Un passo indietro quando nel periodo pre elettorale a Livorno Valori era presente ospite di un'associazione ebraica e dei rappresentanti politici cittadini e provinciali labronici per la presentazione del suo libro che tratta del mondo ebraico.
Questa infiltrazione di un personaggio ambiguo nella città ha insospettito il sito"Senza Soste"che ha scavato nel passato di Valori scoprendo che si tratta di una persona viscida,un classico uomo di merda che si vanta della sua famiglia che ai tempi della guerra salvò decine di ebrei e che poi appoggiò Peron in Argentina prima e durante la sua dittatura dove ci fu un massacro degli ebrei stessi.
Frequentatore del Vaticano fin dalla gioventù si iscrive alla Loggia P2 per poi venire scaricato da Licio Gelli per via dei suoi intrecci con la Chiesa e con Opus Dei:presidente nell'arco della sua carriera di importanti multinazionali,dirigente in altre aziende statali e non,insomma uno che ha messo le mani in pasta un poco ovunque negli ultimi cinquant'anni di storia italiana.
Negazionista del popolo palestinese come si può evincere in una sua famosa frase:"Serve cambiare registro: non è la Palestina, che peraltro non esiste come entità geopolitica, la soluzione, ma il problema. Parlare di popolo palestinese, siccome le parole sono pietre, vuol dire accettare la sua indipendenza, almeno semantica",negli ultimi periodi è stato assiduo frequentatore di Diliberto.
E Rizzo che fa?Critica questi strani colloqui tra il segretario del suo partito ed il luciferino Valori e di risposta il buon Oliviero caccia il povero ma non stupido Rizzo dai Comunisti Italiani.
Per la cronaca Valori è rimasto invischiato nell'ormai famosa inchiesta"Why not"condotta dal magistrato Luigi De Magistris in quanto sospettato di essere a capo della massoneria contemporanea avendo interessi in molti lavori pubblici,non ultimo l'insistere suo e delle sue aziende affinchè si costruisca il ponte sullo stretto.
Consiglio di andare direttamente sul link dell'articolo di Nello Gradirà sul sito di"Senza Soste"in quanto vi sono ulteriori links interessanti e importanti per la buona riuscita della stesura del suo articolo:http://www.senzasoste.it/la-mia-citt-/giancarlo-elia-valori-a-livorno-cosimi-lamberti-e-kutuf-omaggiano-il-capo-della-nuov.html anche perchè verso la fine dell'articolo ci sono dei rimandi a delle fotografie che non ho avuto lo spazio di pubblicare.
Rizzo espulso dai Comunisti Italiani a causa del piduista Valori .
Giancarlo Elia Valori, personaggio dal passato oscuro e oggetto di una nostra inchiesta nello scorso maggio in occasione di una sua visita a Livorno, è ancora una volta al centro della cronaca politica. Questa volta come causa indiretta dell'espulsione di Marco Rizzo dal partito dei Comunisti Italiani, che, giustamente, metteva in guardia e criticava il segretario Diliberto per la troppa frequentazione di questo personaggio. Diliberto e Il Manifesto minimizzano ma di fronte a questi personaggi c'è sempre da tenere la guardia alzata...
E’ stato espulso due giorni fa dal partito dei Comunisti italiani. Eppure Marco Rizzo non molla. Annuncia che resisterà alle querele già annunciate nei suoi confronti da Oliviero Diliberto. E non chiude la porta all’ipotesi di transitare nel partito di Rifondazione comunista.
«Sono convinto che Paolo Ferrero non si sarebbe mai seduto affianco a simili persone» ha detto ieri al Messaggero.Quali persone? Dall’inizio di questa polemica - vecchia per la verità di una decina di giorni - Rizzo è sceso in campo accusando Oliviero Diliberto di aver visto molto spesso in incontri pubblici con Giancarlo Elia Valori, oggi presidente di Sviluppo Lazio, holding di controllo di tutte le società partecipate dalla regione, ma in passato a capo di aziende importanti come la società autostrade.«Giancarlo Elia Valori stava nella P2», ha detto due giorni fa al Corriere: «Quando ho fatto notare la cosa a Diliberto lui ha minimizzato». Ammesso e non concesso che Valori sia ancora iscritto ad una loggia, partecipare alla massoneria non è reato. Il dirigente d’azienda, poi, fu espulso nel 1972 proprio da Gelli.
Giancarlo Elia Valori "il capo della nuova P2" ricevuto in pompamagna a Livorno.
Un articoletto in cronaca, a pagina 15 del Tirreno di oggi. Niente di appariscente. Il titolo è “Un libro di Valori racconta la Shoah e la sua negazione”. Il titolo del libro è “Antisemitismo, olocausto, negazione. La grande sfida del mondo ebraico del XXI secolo”, edizioni Mondadori. L’autore racconta: “Ero un ragazzino quando mia madre salvò più di 120 ebrei nascondendoli nei magazzini di tabacchi che avevamo in provincia di Venezia, a due passi dalle postazioni delle SS”. All’iniziativa, organizzata dall’Associazione ebraica Bené Berith di Livorno, hanno partecipato tra gli altri il sindaco Cosimi, l’ex sindaco e candidato Gianfranco Lamberti, il presidente della Provincia Kutufà e il senatore del PD Marco Filippi. Ed è stato addirittura trasmesso un videomessaggio del Presidente israeliano Shimon Peres.Fin qui niente di strano, se non fosse che Giancarlo Elia Valori è stato definito dal magistrato De Magistris come “il capo della nuova P2”. E’ un personaggio sconosciuto al grande pubblico (anch’io prima di occuparmi della storia argentina degli anni ’70 non sapevo neanche chi fosse) ma qualcuno lo considera addirittura “l’uomo più potente d’Italia”. Ha un passato incredibile alle spalle, e soprattutto un presente inquietante.Vediamo di raccontarlo. Poi facciamo alcune considerazioni conclusive.
Chi è Giancarlo Elia Valori.
Giancarlo Elia Valori nasce nel 1940 vicino a San Donà di Piave (VE) da genitori di origine toscana. Il padre era stato compagno di scuola di Amintore Fanfani e questo lo aiuta, una volta laureatosi in Economia e Commercio e trasferitosi a Roma, ad entrare negli ambienti vaticani e farsi nominare “Cavaliere di Cappa e Spada”. Nel 1965 entra alla RAI presieduta dal fanfaniano di ferro Ettore Bernabei e si iscrive alla massoneria, anche se formalmente la fede cattolica e l’appartenenza massonica sono incompatibili. Per questo viene espulso dalla Loggia Romagnosi. La sua passione sono le relazioni internazionali. Riesce a introdursi presso Kim Il Sung, Nicolae Ceausescu e Juan Domingo Perón, allora esule a Madrid.Il fratello Leo, che lavorava per l’ENI in Argentina, lo presenta all’ex presidente Arturo Frondizi, massone. Fa incontrare Perón e Frondizi e maturano le condizioni per il rientro in patria di Perón. Nel novembre 1972 Perón torna in Argentina su un aereo noleggiato da Valori. Valori si iscrive alla P2 (tessera 283) e con Licio Gelli è uno degli ispiratori della destra reazionaria argentina nel periodo della nuova presidenza Perón, nel quale si creano le premesse per la dittatura militare del 1976-1983. Ma Gelli, con il pretesto delle sue frequentazioni vaticane, espelle Valori anche dalla P2, per potersi affermare come principale punto di riferimento per i politici di Buenos Aires. Valori non se la prende più di tanto e continua le sue frequentazioni negli ambienti dei servizi segreti e del sottobosco della politica. Conosce Il generale Santovito, anche lui piduista, Mino Pecorelli, Francesco Pazienza e altri protagonisti delle trame di quegli anni.Per questi legami certamente non ordinari tra i manager e gli imprenditori italiani, Valori viene ripetutamente chiamato a deporre nelle indagini chiave dei primi anni ‘80, quelle della Procura di Roma sulla P2, del giudice Carlo Palermo sui traffici d’armi, di Rosario Priore sui suoi rapporti con i Paesi arabi, nel contesto dell’inchiesta sulla strage di Ustica.Grazie alle sue conoscenze nel 1976 diventa presidente di Italstrade, società dell’IRI.Nel 1981, quando vengono scoperte le liste della P2, Giancarlo Elia Valori è l’unico che risulta “espulso”, per cui l’inchiesta lo tocca marginalmente. Si dice che Tina Anselmi, presidente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta, non voglia assolutamente parlare di lui: “Io su quel signore non ho nulla da dire”.Diventa presidente della SME (anche questa società dell’IRI) e quando nel 1984 Prodi, presidente dell’IRI, non lo ricandida per il suo passato piduista, Valori si fa nominare presidente della telefonica SIRTI, società della Stet presieduta da un altro piduista, Michele Principe.Secondo alcune voci si sarebbe vendicato di Prodi facendo emergere lo scandalo Nomisma.Nel 1987 Valori diventa presidente della GS Supermercati (gruppo SME), poi nel 1990 presidente della SME. Nel 1995 è presidente di Italstrade, che lascerà poi per limiti di età.
Le attività odierne di Valori .
Attualmente è presidente dell’Unione degli Industriali di Roma.E' anche presidente della T-System Italia, "il marchio del Gruppo Deutsche Telekom dedicato alla clientela business"; è stato presidente di Blu, il consorzio di gestori di telefonia oggi in disarmo; ed è presidente onorario della filiale italiana del colosso cinese delle telecomunicazioni, Huawei Technologies. Come se non bastasse ricopre anche la presidenza di Sviluppo Lazio, la holding di controllo di tutte le società partecipate dalla Regione, gonfiata ai tempi di Francesco Storace fino a impiegare 4.300 persone.E’ vicepresidente dell’IGI (Istituto Grandi Infrastrutture), nella cui veste si batte a spada tratta per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina.L’assemblea degli azionisti di Italintesa S.p.A. gli ha conferito la presidenza onoraria della società. Tra gli azionisti troviamo il politologo americano Edward Luttwak, già consulente di Italintesa ed assiduo editorialista nelle testate del Gruppo Monti e della siciliana Gazzetta del Sud. Come Valori, Luttwak vanta un passato contiguo ai poteri atlantici più o meno occulti. E’ stato tra i fondatori e gli animatori del Csis – Center of Strategic and International Studies di Washington, il centro di studi strategici legato alla CIA e al Pentagono americano, noto per aver elaborato l’interventismo Usa a fianco dei regimi fascisti-militari in America latina ed in Europa.Valori presiede anche una "Fondazione per le Bioscienze" che nel 2004 fa ha stabilito un patto di cooperazione scientifica a tre, con l’Università Campus Biomedico dell'Opus Dei e l’israeliano-francese Weizmann Institute France Europe of Science. Un patto stilato alla presenza di Francesco Cossiga, nella sede di Capitalia. Nel corso della sua carriera come top manager nelle grandi società a maggioranza pubblica, Valori si è distinto nella politica delle privatizzazioni e delle dismissioni delle aziende controllate. Da presidente della Sme, ad esempio, ha ceduto le prestigiose marche alimentari Cirio-Bertolli-De Rica ad una società nelle mani di uno sconosciuto finanziere, Saverio Lamiranda, che presto le ha rivendute con insperati guadagni al presidente della Lazio Sergio Cragnotti e alla multinazionale Unilever. Prima di passare alle autostrade, Valori ha avuto il tempo di disfarsi della nota catena di distribuzione alimentare e di ristorazione autostradale Autogrill, trasferita alla famiglia Benetton, che l’ex manager Sme ritroverà nei consigli d’amministrazione dell’Autostrade S.p.A. e del consorzio telefonico Blu. Alla guida della concessionaria Valori convincerà il governo a ridurre la propria presenza societaria e a cedere parte del pacchetto azionario ad una cordata d’imprenditori capeggiata dai Benetton e da Franco Caltagirone, l’editore de Il Messaggero a capo della Vianini costruzioni, socia IGI. Anche Caltagirone, come Benetton, entrerà poi nel consorzio Blu presieduto da Valori.
Valori nell’inchiesta Why not .
Il magistrato Luigi De Magistris, già pubblico ministero a Catanzaro, aveva condotto tempo fa l'inchiesta Why Not, partendo da un'agenzia di lavoro interinale e finendo per coinvolgere un consulente della Presidenza del Consiglio, il senatore Giancarlo Pittelli di Forza Italia, Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle opere della Calabria e persino l'allora presidente della Commissione Europea Romano Prodi, assieme - come ricorderete - a Clemente Mastella. Il presidente Giorgio Napolitano interviene di persona per stroncare l'intraprendente magistrato, e l'inchiesta gli viene tolta. Interrogato a sua volta dai magistrati, Luigi De Magistris dichiara che negli atti di Why Not ci sarebbero "le carte della nuova P2": “Le indagini Why Not stavano ricostruendo l’influenza di poteri occulti (…) in meccanismi vitali delle istituzioni repubblicane: in particolare stavo ricostruendo i contatti intrattenuti da Giancarlo Elia Valori, Luigi Bisignani, Franco Bonferroni e altri, e la loro influenza sul mondo bancario ed economico finanziario”.Non solo: “Giancarlo Elia Valori - dice De Magistris - pareva risultare ai vertici attuali della 'massoneria contemporanea' e Valori s’è occupato spesso di lavori pubblici”.
Valori e i politici .
Non si deve pensare che Valori abbia legami con una sola parte politica. Le sue relazioni sono bipartisan, e nonostante la sua inimicizia per Prodi è in buoni rapporti con molti espondenti del centro-sinistra, in particolare con i dalemiani (soprattutto Minniti) e Rutelli (anche lui vicino a Caltagirone), che al momento della sua nomina alla presidenza dell’Unione Industriali di Roma gli ha dedicato parole di grande apprezzamento.
Il Valori sionista .
Valori ama presentarsi come docente di politica internazionale e le sue posizioni ricalcano quelle dell’estrema destra sionista. E’ uno degli sponsor del grottesco islamico pentito Magdi Allam, e un teorico della guerra di civiltà contro l’Islam. Nella prefazione a uno dei libri di Allam scrive: "È la difesa di Israele la nuova piattaforma della Grand Strategy europea e USA, fuori dalle chiacchiere democraticiste e dalla retoriche elettorali. Il libro di Magdi Allam è un buon inizio per questo progetto".Si oppone fermamente all’idea di uno Stato palestinese, anzi, all’idea stessa di popolo palestinese: “Serve cambiare registro: non è la Palestina, che peraltro non esiste come entità geopolitica, la soluzione, ma il problema. Parlare di popolo palestinese, siccome le parole sono pietre, vuol dire accettare la sua indipendenza, almeno semantica."Valori propone l’attribuzione a Israele di buona parte dei Territori Occupatii, mentre la Striscia di Gaza e la Cisgiordania dovrebbero essere assegnate rispettivamente all’Egitto e alla Giordania. Con l'aggiunta di una "area" palestinese, fuori dall'attuale Palestina, che Giancarlo Elia Valori forse intende come una sorta di riserva sul modello statunitense.Inoltre propone per i palestinesi una “rinuncia al ritorno” o, “in secundis, una dislocazione personale nelle aree designate fuori da quelle controllate dall’estremismo jihadista”. E si propone come gestore dei finanziamenti che arriverebbero per questo progetto.
In questa foto scattata alla serata in sostegno dell’aggressione israeliana a Gaza Valori (al centro) compare con Raffaele Sassun, presidente per l'Italia del Keren Keyemet LeIsrael (KKL) o Fondo Nazionale Ebraico, una gigantesca impresa multinazionale il cui capitale immobiliare è costituito da 372 villaggi palestinesi i cui abitanti sono stati espulsi con la forza, e con Cesare Anticoli che dirige invece la sezione italiana di Keren Hayesod o United Jewish Appeal, che Wikipedia definisce "la centrale finanziaria del movimento sionista mondiale".
Qui, sempre nella stessa occasione, è invece con Fabrizio Cicchitto, altro piduista oggi tra gli esponenti più in vista del governo Berlusconi.
Conclusioni
I politici livornesi che abbiamo citato si sono dunque sentiti in dovere, in piena campagna elettorale quando gli impegni sono numerosi e pressanti, di andare ad omaggiare questo personaggio in un’iniziativa che non era stata pubblicizzata e che quindi si deve ritenere riservata agli addetti ai lavori se non agli intimi. Sorgono spontanee alcune domande: perché? Quali reti di relazioni ha intessuto Valori a Livorno? Quali influenze esercitano sul territorio locale le lobby massoniche e sioniste? Non c’è stato nessun imbarazzo a legittimare un personaggio che propone soluzioni tanto aberranti per il Medio Oriente? Qual è il ruolo dell’Associazione ebraica Bené Berith, organizzatrice dell’evento? Chissà se qualcuno risponderà. Vorrei concludere con la dichiarazione di un sopravvissuto alla repressione dei militari argentini degli anni ’70, amici dei piduisti e in taluni casi piduisti essi stessi, per dimostrare che la madre di Valori potrà anche aver salvato 120 ebrei ma il figlio forse ne ha sulla coscienza molti di più: “Gli ebrei volevano cancellarli. L’interrogatorio ai nemici era un lavoro, quello agli ebrei un piacere o una maledizione. La tortura di un prigioniero ebreo riservava sempre un momento di divertimento per i reparti di sicurezza argentini (…). Un prigioniero politico poteva essere odiato perché stava dall’altra parte, ma si poteva anche provare a convincerlo, rigirarlo, fargli comprendere che stava sbagliando, fargli cambiare idea, farlo lavorare per sé. Ma come si può cambiare un ebreo? È l’odio eterno, interminabile, perfetto, inevitabile”. Gli ebrei soffrirono in misura particolare e furono sottoposti ad apposite e sadiche torture sotto la dittatura. Sebbene la percentuale di ebrei rispetto alla popolazione argentina non raggiunga l'1%, più del 10% dei desaparecidos (secondo alcuni addirittura il 13%) erano ebrei. L’ammiraglio Massera, piduista, dichiarava che la crisi dell'umanità era da imputare a Sigmund Freud,Albert Einstein e Karl Marx(non a caso tutti e tre ebrei), i quali, con le loro opere, minavano l'integrità e la dignità della civiltà occidentale e cristiana.
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Ultime news: 12/02/2016
Centrale Finanziaria: il Tribunale dice no al ricorso soci
Il Tribunale di Milano non ha accolto il ricorso di un gruppo di soci de La Centrale Finanziaria Generale , la società di investimenti internazionali con sede a Roma (Acciaierie Valbruna, Beniamino Itri e Cesare Mozzi) di ispezionare la gestione e amministrazione della società, nonché la revoca degli organi sociali. Il Collegio della sezione imprese ha ampiamente motivato l’inesistenza dei presupposti dell’azione e la carenza di alcun pericolo di danno, men che mai attuale.
Il Presidente de La Centrale Finanziaria Generale, Giancarlo Elia Valori, unitamente ai componenti degli organi sociali, ha espresso vivo apprezzamento per l'esito di un contenzioso particolarmente complesso, nel quale era stata posta in dubbio la correttezza degli amministratori e dei sindaci, che invece hanno espletato i complessi e onerosi compiti unicamente per il perseguimento dell’interesse sociale a tutela dei diritti di tutti gli azionisti.
---> http://www.affaritaliani.it/roma/centrale-finanziaria-il-tribunale-dice-no-al-ricorso-soci-406661.html
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4 ANNI PER SCALATA ALITALIA...
''Condannare l'ex presidente della Consulta, Antonio Baldassarre e l'ex presidente di Autostrade, Giancarlo Elia Valori a 4 anni di reclusione''. Cosi' il procuratore generale, Otello Lupacchini, al termine della requisitoria nel processo davanti alla I corte d'appello su un tentativo di scalata ad Alitalia. Il procuratore ha chiesto, inoltre, una condanna a 2 anni e sei mesi per Claudio Prati e Danilo Dini, ex consulenti di Sviluppo del Mediterraneo, societa' finanziaria legata a Valori. A tutti e' contestato il reato di manipolazione del mercato. In primo grado Baldassarre e Elia Valori erano stati condannati a 2 anni di reclusione mentre gli altri due imputati 1 anno e 4 mesi. La vicenda giudiziaria riguardava un tentativo di scalata da parte di un gruppo di soggetti investitori, capeggiati, secondo l'accusa, da Baldassarre. Secondo l'impianto accusatorio, Baldassarre in questa vicenda si era ritagliato il ruolo di portavoce di una ''fantomatica cordata'', mentre Elia Valori era considerato una sorta di ''manovratore occulto''.http://www.ilnord.it/i-3055_4_ANNI_PER_SCALATA_ALITALIA
Vedi anche:
---> DIO ESISTE E FA GIUSTIZIA
CHIESTI 4 ANNI DI GALERA PER BALDASSARRE, EX PRESIDENTE DELLA CONSULTA, E GIANCARLO ELIA VALORI: PER I PM, NEL 2007, LA LORO “CORDATA” FARLOCCA PUNTÒ AD ALITALIA SOLO PER MANIPOLARE IL MERCATO
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/dio-esiste-fa-giustizia-chiesti-anni-galera-baldassarre-ex-67720.htm
Master in Intelligence: al via quinta edizione all'Unical di cui due relatori appena ricondannati per il caso Alitalia:
Master in Intelligence: al via quinta edizione all'Unical
L'obiettivo è allungare il campo, e contribuire a far comprendere il ruolo dell'Intelligence: costruire una rete di sicurezza partecipata con il mondo dell'Accademia e della ricerca. Infatti, all'Università della Calabria ha preso il più consolidato Master in Intelligence di un ateneo pubblico del nostro Paese che è giunto alla quinta edizione, inaugurato nell'aula magna "Beniamino Andreatta" dal Rettore Gino Crisci. Il Rettore ha affermato che "iniziative come queste, che durano da anni, sono estremamente positive e rafforzano la missione scientifica dell'Università della Calabria che è stata la prima in Italia a sviluppare questo tipo di studi, che oggi è diventato di grande attualità".
È seguito poi l'intervento del Direttore del Dipartimento di Lingue e Scienze dell'Educazione dell'Ateneo calabrese Francesco Altimari che ha messo in luce l'impegno multidisciplinare previsto dal Master che vede coinvolti diversi settori scientifici, dalla linguistica all'ingegneria. Ha quindi relazionato il Direttore del Master Mario Caligiuri che ha illustrato l'importanza dell'intelligence nella società contemporanea, in quanto rappresenta un metodo indispensabile per cittadini, imprese e Nazioni per orientarsi nella società della disinformazione. Ha quindi ricordato l'impegno dell'Università della Calabria nello studio scientifico dell'intelligence che risale alle fine degli anni Novanta, sviluppandosi poi nel 2007 attraverso l'istituzione, con il sostegno del del Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga, del primo Master di una università pubblica italiana; nel 2008 con la costituzione del Centro di Documentazione Scientifica sull'Intelligence e nel 2009 con l'avvio della Collana editoriale della Rubbettino che finora ha prodotto numerosi volumi, dei quali l'ultimo è "Intelligence e Scienze umane. Una disciplina accademica per il XXI secolo", recentemente presentato alla Camera dei Deputati e all'Università LUISS "Guido Carli" di Roma. Caligiuri ha poi illustrato il programma della quinta edizione. Tra i docenti previsti ci sono il Segretario Generale della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane Alberto De Toni, il Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri Michele Valensise, il Direttore della Scuola di Formazione del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza Paolo Scotto di Castelbianco, il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, i docenti universitari Antonio Baldassarre, Roberto Baldoni e Umberto Gori, il consigliere di Stato Carlo Mosca, gli ex direttori dei Servizi Vittorio Stelo, Nicolò Pollari e Luigi Ramponi, il responsabile della sicurezza dell'Eni Alfio Rapisarda, i giornalisti Lucio Caracciolo, Loretta Napoleoni e Paolo Messa, i generali Carlo Jean e Fabio Mini, i manager Giancarlo Elia Valori e Giuseppe Cossiga, gli ex ministri Paolo Savona e Giulio Tremonti, che il 9 luglio concluderà il Master con una lectio magistralis. Seguiranno poi dall'11 al 22 luglio i laboratori sulla Cyberintelligence, dove si analizzeranno dei casi di studio sotto la guida, tra gli altri, di Domenico Saccà e Domenico Talia dell'Università della Calabria e in collaborazione con il Distretto della Cybersecurity di Poste Italiane. "L'obiettivo finale - ha concluso Caligiuri - è quello di fare diventare l'intelligence una materia di studio nelle università del nostro Paese ed anche, come ha confermato il Segretario Generale della CRUI Alberto De Toni, cominciare a promuovere dei corsi di laurea triennali negli atenei italiani". Sono seguiti poi gli interventi dei professori dell'Università della Calabria Alberto Ventura, Giuseppe Spadafora, Domenico Talia e Giancarlo Costabile e le testimonianze di Donatella Romeo, responsabile del progetto "Insider" individuato dall'OCSE come uno dei migliori dieci progetti innovativi italiani e che ha preso spunto proprio dalle attività del Master sull'Intelligence, e di Claudio Paya Santos, dell'Università "Nebrija" di Madrid che nel 2009/2010 ha frequentato il Master dell'ateneo calabrese e che ha proposto interessanti forme di collaborazione sulla formazione nell'intelligence tra l'Università della Calabria e università spagnole e latino-americane. I lavori sono stati seguiti da Radio Radicale e dalla tv dell'Università della Calabria Unical Channel che trasmetterà integralmente la manifestazione sul canale digitale terreste 685. Le lezioni del Master si svolgeranno di sabato nell'aula "Caldora" dell'Università della Calabria. Il prossimo sabato 5 marzo 2016 sono in programma le lezioni su "Introduzione all'intelligence" alle 9 del Direttore del Master Mario Caligiuri e alle 14 del criminologo Francesco Bruno.
FONTE: http://ildispaccio.it/cosenza/101243-master-in-intelligence-al-via-quinta-edizione-all-unical
Il Giudice IMPOSIMATO già sulle tracce di Giancarlo Elia Valori nel 1990
RISPOSTE SCRITTE AD INTERROGAZIONI - SENATO:
FONTE: https://goo.gl/gVs2rm
Venerdì 18 Marzo a Pescara
Giancarlo Elia Valori su Intelligence e geopolitica:
Fonte: https://goo.gl/2H3hyL
- Sergio Santoro http://www.avcp.it/portal/public/classic/Autorita/Composizione/_cvsantoro
- Nicola La Torre https://it.wikipedia.org/wiki/Nicola_Latorre
- Oliviero Diliberto http://www.huffingtonpost.it/2014/06/29/diliberto-scrive-codice-civile-cinese_n_5541286.html
- Stefano Folli https://it.wikipedia.org/wiki/Stefano_Folli
- Luciano D'Alfonso https://it.wikipedia.org/wiki/Luciano_D%27Alfonso
SERVIZI SEGRETI
TORNA IN CAMPO IL PIDUISTA #GIANCARLOELIAVALORI
Servizi di casa nostra stile Mossad? Più stretti i legami della “Nuova Intelligence” che si sta formando per impulso del premier Renzi con Netanyahu & C.? Parecchi segnali sembrano condurre in questa direzione, mentre gli scenari di guerra sui cieli libici si fanno man mano più plumbei e si profila un intervento italiano sotto la regia dei “Servizi” per precisa volontà Usa. E i segnali hanno due nomi ben precisi: Giancarlo Elia Valori, l’uomo di tanti misteri che sta tornando alla ribalta dopo qualche anno in “sonno”; e Marco Carrai, l’amico del cuore del primo ministro, già in pole position per guidare la Cibersecurity che – Nuovo Grande Fratello – “proteggerà” i nostri destini.Lo scenario “ufficiale” ha cominciato a delinearsi esattamente un mese fa, quando il 10 febbraio è stato approvato un decreto del presidente del Consiglio dei ministri: atto secretato – val la pena di sottolinearlo – materia incandescente che Renzi qualche giorno prima aveva affrontato in un colloquio riservato con il capo dello stato Sergio Mattarella. Snello, solo 5 articoli, il Dpcm, e tale da poter incidere sui nostri destini a breve, sul fronte della sicurezza in un momento tanto delicato. Ecco cosa recita l’articolo 2: “Nelle situazioni di crisi e di emergenza che richiedono l’attuazione di provvedimenti eccezionali e urgenti, il presidente del Consiglio, previa attivazione di ogni misura preliminare ritenuta opportuna, può autorizzare, avvalendosi del Dis, l’Aise, ad adottare misure di intelligence e di contrasto anche con la cooperazione tecnica operativa fornita dalle forze speciali della Difesa con i conseguenti assetti di supporto della Difesa stessa”.
In soldoni: un premier da poteri quasi assoluti, con gli altri ministri (in particolare della Difesa e degli Esteri), semplici maggiordomi-spettatori. Anello di congiunzione strategico sarà il Dis, ossia il Dipartimento Informazione Sicurezza, alle dipendenze dirette del premier e, in subordine, del sottosegretario con delega ai Servizi, il pd (un tempo dalemiano doc) Marco Minniti: a guidarlo Giampiero Massolo, ora renziano convinto dopo il decollo ai tempi di Gianfranco Fini agli Esteri. E’ Massolo l’uomo che ha annunciato il nuovo verbo di Matteo in tema di glasnost sui misteri e le stragi di Stato: fino ad oggi una autentica bufala, come hanno denunciato, ad un anno dal taumaturgico provvedimento parecchie associazioni di familiari delle vittime.
Braccio operativo, invece, sarà l’Aise, ossia il servizio segreto sul fronte della sicurezza estera: sarà l’Aise, infatti, a dirigere le operazioni a base delle
Unità Speciali, un dream team composto da 007 che, a quanto pare, come tutti i James Bond che si rispettino avranno “licenza di uccidere e impunità per ogni eventuale reato commesso” (è stato il leit motiv che ha condotto in passato i vertici dei Servizi made in Pollari ad oltrepassare abbondantemente i confini della legalità – come nel caso Abu Omar e nei dossieraggi di magistrati e giornalisti scomodi – invocando il Segreto di Stato). A sua volta, la super task force dei nostri 007 potrà avvalersi in territorio libico del supporto di tre ulteriori team, ognuno composto da 12 unità altrettanto speciali, che già da mesi operano in zona, e a loro volta hanno creato reti di intelligence. Tutto trasparente? Tutto approvato dal parlamento? Non se siamo così sicuri, dal momento che – fanno notare alla Difesa – “il Parlamento verrà informato solo con atti scritti e sempre secretati, tramite il Copasir, circa le missioni che verranno affidate alle unità speciali”.
Una delle prime nomine made in Renzi, quella del nuovo vertice dell’Aise: Alberto Manenti, infatti, ha preso il posto del generale Alberto Santini ad aprile 2014. Ricorda Giorgio Dell’Arti, nel suo Catalogo dei Viventi: “Manenti ha guidato l’ottava divisione ai tempi di Telekom Serbia ed è stato capo dell’unità ‘Armi di distruzione di massa’ ai tempi dell’inchiesta Nigergate. Ha ottimi rapporti con la Cia, con il Mossad e Shin Bet. Il suo nome è finito nei verbali di Lorenzo Borgogni, ex numero due di Finmeccanica (e capo delle relazioni esterne, ndr), quando ha cominciato a raccontarne il sistema e ha spiegato che era proprio il generale la loro ‘copertura’ con l’intelligence. Ha fama di eccellente negoziatore, gode di credito all’estero, è molto attento alle nuove tecnologie”.
VALORI BOLLATI GELLI E MOSSAD
Passiamo ad un uomo che ha costruito molto della sua carriera proprio basandosi su strategiche amicizie estere, Giancarlo Elia Valori. Che ora – passato qualche anno dietro le quinte dopo i grandi affari del parastato a partire dai ’70 – sta tornando alla ribalta. Proprio per occuparsi di alta “Intelligence” e super “Security”. Lo fa al timone di una neonata sigla, “Italian Council for National Security Affairs”, da noi più semplicemente “Associazione per la Sicurezza Nazionale Italiana”. Evidente l’ispirazione a già sperimentati modelli stranieri, stella polare il “Center for Strategic & International Studies” di Washington. “E’ proprio il sistema inaugurato dal Csis che lo ispira – notano alla Farnesina – con la sua sigla Valori intende creare una sorta di intercapedine tra la sua struttura, che sarà al servizio di grossi clienti privati, come banche, finanziarie, aziende impegnate in settori strategici come quello energetico, e gli apparati statali, che dal canto loro tendono in qualche modo a privatizzarsi sempre di più, come sta dimostrando la vicenda Carrai”.
Ma ecco, dalla penna dell’ex piduista pronto a trasformarsi nel Salvatore della Patria, la ricetta per il nostro futuro: “L’Intelligence oggi è sempre più il vero centro dello Stato. L’espansione delle funzioni statuali, la sempre maggiore complessità sociale e produttiva, la globalizzazione dei mercati e della produzione fanno sì che l’intelligence divenga l’asse portante delle decisioni pubbliche”. E più nel merito: “Una intelligence economica, finanziaria, industriale, quindi, laddove, tradizionalmente, i Servizi si occupavano solo di equilibri di potenza e organizzazioni militari. I Servizi stanno quindi divenendo il centro dell’azione e delle attività statali, ma vi è una domanda di intelligence che sorge dalle organizzazioni private, dalle imprese, dalle strutture finanziarie che devono conoscere il meccanismo generatore dei pensieri e delle decisioni dell’avversario, del concorrente, dell’alleato”.
Prosegue l’analisi di Valori: “Trasformazione dell’intelligence, quindi, sempre più indirizzata a organizzazioni ‘civili’ e sua espansione, visto che ormai oggi ogni decisione di rilievo ha bisogno di una sua base di conoscenza riservata”. Ed ecco la mission della sua creatura: l’Italian Council nasce per coordinare “le attività di studio e ricerca sull’intelligence e la politica estera di buona parte delle imprese, dei centri di ricerca, delle stesse Agenzie dello Stato”. Poi in concreto: “Sarà una rete, un network stabile e strutturato tra figure delle Forze dell’Ordine, della Magistratura, dei mass media, dell’Accademia e delle Forze Armate, oltre ai manager d’impresa e agli studiosi ed esperti del settore”. E ancor più nello specifico: “Costituiremo, all’interno dell’Italian Council, un centro di analisi che si occuperà della sicurezza nazionale in senso ampio: la sicurezza informatica e la protezione dei sistemi produttivi sensibili, le tecnologie di punta, anche in un mercato globalizzato, la cybersecurity in senso stretto, quindi la tutela delle reti informatiche”.
Non può mancare, poi, un esplicito cenno agli “amici” di sempre: Usa e Regno Unito, quindi i poli strategici emergenti (Russia e Cina), ma “mantenendo un rapporto di particolare amicizia con Israele”. Il faro di sempre, negli orizzonti “politici” di Valori: che però non ha mai mancato di tessere rapporti d’affari anche col mondo arabo. Come successe, tanti anni fa, quando era vicedirettore generale del colosso d’infrastrutture pubbliche Italstrade, fine anni ’70, e tramite il Sismi degli amici Nicola Falde e soprattutto Giuseppe Santovito (protagonista anche nelle trattative con camorra e Bierre per il caso Cirillo) tesseva rapporti con Libia, Iran, Algeria, Arabia Saudita e Turchia.
Proprio a proposito degli scenari libici, il sito “Formiche” ha appena pubblicato un ampio saggio firmato Valori. Ecco un estratto del suo Pensiero Schermata 2016-03-10 alle 08.47.20strategico: “Se avverrà un intervento europeo o, per essere più esatti, francese, italiano e britannico, con il sostegno degli Usa, la sequenza dei fatti diviene ancor più prevedibile. Ci sarà una richiesta di aiuti del governo unitario libico, che non per questo certo metterà a tacere le discordie e gli interessi divergenti al suo interno, una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, quella organizzazione che Francesco Cossiga (suo grande amico, ndr) definiva un ‘ente inutile’, poi arriveranno i militari (i 3000 di cui si parla in questi giorni, ndr), magari con un comando unitario dell’Italia, ad ‘addestrare’ la polizia locale, con qualche operazione dei Corpi Speciali. Anche tutto ciò avviene troppo tardi e troppo poco”. Pessimistico anche lo scenario finale delineato dall’ex vice di Licio Gelli: “L’Ue mostra una debolezza strutturale che fa pensare ad un rapido decadimento geopolitico ed economico, gli Stati Uniti stanno subendo la loro ciclica tensione isolazionista; e allora il mondo sunnita vuole prendersi quel Maghreb per minacciare l’Europa, inondarla di immigrati, controllarla con il petrolio nordafricano che farà, tra poco, concorrenza a quello russo (e iraniano)”.
Ma scorriamo in rapida carrellata il curriculum del Profeta. Veneziano da Meolo, virgulto fresco di laurea entra subito in Rai come consulente (ha 25 anni!), per passare presto alle “relazioni internazionali” di viale Mazzini. Ottimi e abbondanti i rapporti vaticani, tanto da essere incoronato “Cameriere di cappa e spada”. E’ poi la volta dei Cappucci, quando, nel 1965, si iscrive alla Loggia Romagnosi del Grande Oriente d’Italia, per poi spiccare il salto verso la P2. Da cui anni dopo verrà espulso dal Venerabile in persona, al quale aveva non garbava una presenza di tal peso, quasi da fargli ombra. Fervono, intensi, i rapporti con il Sismi, soprattutto per accrescere la sfera d’influenza sui mercati esteri (strategico anche l’appoggio del fratello, che dalla sua postazione di responsabile Eni per l’Argentina, gli apre quello e altri mercati sudamericani). All’amico Santovito chiederà una “manina” sul fronte nordafricano, “per eventuali lavori da compiere in quei paesi con la società Italstrade, società a capitale Iri”, verbalizza davanti al giudice Rosario Priore. Strategico, il suo ruolo, in una vicenda che fa parlare il mondo, il rapimento di tre francesi nel 1985 in Iran, ad opera di “estremisti islamici”: a quanto pare fa intervenire addirittura il dittatore nordcoreano Kim II Sung – suo amico – per ottenere la liberazione dei tre ostaggi, tanto che Francois Mitterand gli conferirà la Legion d’Onore. E’ il personaggio centrale, Valori, in un’altra maxi inchiesta, la Why Not di Luigi de Magistris, che verrà fermato dal guardasigilli Clemente Mastella ed “espulso” dalla magistratura che non tollerava certo venissero scoperchiati i suoi santuari. In Why Not la figura di Valori è basilare per comprendere i nuovi, potenti assetti della “massoneria contemporanea”: il pm, in particolare, indagava sul ruolo svolto in quegli anni da Valori al timone di Torno International, altra carica nel suo vastissimo arcipelago del parastato (dalla SME ad Autostrade per l’Italia, passando per Sviluppo Lazio).
Continuo, negli anni, l’impegno massonico e al fianco di Israele. Nel 2012 pubblica due corposi studi per la rivista del Grande Oriente “Hiram” sulle “Società dello Spirito”. Mentre l’università ebraica di Gerusalemme gli affida la presidenza della “Cattedra della pace e della cooperazione regionale”. E’ al timone anche dell’associazione “Israele 60”, che più volte esprime la sua solidarietà alle forze armate israeliane impegnate nell’occupazione (illegale) della striscia di Gaza.
TUTTE LE SIGLE E GLI AMICI DI CYBER MARCO CARRAI
Ma passiamo al secondo protagonista delle “Security” stories di casa nostra, e altro grande amico di pezzi da novanta dell’establishment israeliano, Marco Carrai, l’uomo che sussurra all’orecchio del premier Renzi. Primattore, Carrai, nella nomina di Fiamma Nirensteim come ambasciatrice di Israele a Roma. La giornalista ed ex parlamentare berlusconiana, infatti, è un’amica storica di casa Carrai, così come il figlio trentaquattrenne, che lavora per i Servizi. Ed è stato proprio Marco ad accogliere all’aeroporto di Firenze (del quale è stato presidente) Bibi Netanyahu, che ha restituito a Renzi la visita di metà 2015.
Del resto, l’ammiraglia nella sempre più numerosa flotta societaria targata Carrai, la fresca CYS4 che dovrebbe occuparsi dei nostri futuri destini per la Cibersecurity – la clamorosa decisione ora è andata in stand by, dopo le polemiche suscitate per la montagna di conflitti d’interesse e non solo che comporterebbe – parla non poco in ebraico. Nel suo azionariato, infatti, fa capolino Jonathan Pacifici, imprenditore italo-israeliano, quartier generale a Gerusalemme, amministratore delegato del “World Jewish Economic Forum”. Una compagine societaria da novanta, quella firmata Cys4. In formazione Leonardo Bellodi, un passato come braccio destro di Paolo Scaroni (oggi in pole position per la guida della futura Ilva post Riva secondo i progetti renziani) all’Eni, e oggi in ottimi rapporti con il capo dell’Aise Manenti. Altra presenza strategica quella dell’ex vertice Telecom Franco Bernabè, a bordo del suo FB Group, attraverso cui ha arruolato svariati partner tecnologici per l’amico Carrai, in larga prevalenza – guarda caso – israeliani. Last but not least, Mauro Tanzi, che al timone della fiorentina Aicom è l’azionista di maggioranza: specializzata in sicurezza informatica, Aicom può contare, nel suo cda, anche sulla presenza di Stefano Carrai, fratello di Marco (a sua volta socio dell’immobiliare “Chiantishire” in compagnia dell’ex presidente Fiat Paolo Fresco). Per anni alla guida, Tanzi, di Real Estate targata Finmeccanica, che gestiva un immenso patrimonio immobiliare: voluto su quella poltrona proprio dal toscano Francesco Guarguaglini, l’ex super vertice formatosi alla Sant’Anna di Pisa (ottima leva anche per tanti cervelli della “sinistra”, da Giuliano Amato a Vannino Chiti, passando per l’ex premier Enrico Letta) e poi “dimissionato” per una serie di inchieste giudiziarie partite dalla procura di Napoli.
Nelle altre sigle made in Carrai è di nuovo un via vai di potenti soci & amici. Che spesso e volentieri ritornano. Nella compagine della “Cambridge Management Consulting”, ad esempio, torna alla ribalta l’ubiquo Bernabè; mentre nella formazione battezzata “CGNAL”, una newco, si ripropone la “Jonathan Pacifici & Partners Ldt”: evidentemente si continua a parlare in prevalenza la lingua di Abramo.
Non può mancare una pasticca miracolosa, nel pedigree del rampante Carrai. Eccoci quindi alla presidenza di un’altra sigla fiorentina, “K Cube”, newco che si interessa ad “investimenti in progetti di ricerca in settori tecnologici con possibili applicazioni produttive e nei servizi, con particolare interesse nel settore farmaceutico e nelle nuove tecnologie in campo biomedicale”. Un settore, il farmaceutico, che super tira a livello mondiale, e molto caro ai Renzi boys, in prima linea Andrea Marcucci, “l’antenna” del premier al Senato, al vertice della dinasty leader nazionale (e non solo) nel milionario settore degli emoderivati (in questi giorni a Napoli comincia il processo per il sangue infetto, alla sbarra il re Mida della Sanità Duilio Poggiolini).
Veniamo, per finire il tour made in Carrai, alla compagine di K Cube. In prima fila Flavio Maffeis, ex consigliere di Ferbanca, l’istituto di credito promosso dai farmacisti, riconducibile alla Banca Popolare di Vicenza, oggi al centro del maxi scandalo per prestiti & affari intrecciati col mattonaro Alfio Marchini, in corsa per il Campidoglio. Nel pedigree di Maffeis c’è però un’altra gemma: è stato responsabile in Italia della multinazionale farmaceutica Glaxo, finita nelle maglie della magistratura per la celebre “Farmatruffa” anni 90 che ha portato alle condanne definitive proprio di Poggiolini e dell’allora ministro della Sanità Franco De Lorenzo (5 milioni di euro a testa di risarcimento decisi dalla Corte dei Conti per i danni d’immagine provocati allo Stato). In quella vicenda Maffei riuscì a farla franca. Altri partner eccellenti di Marco Carrai, nell’occasione, sono l’avvocato Carlo Alberto Bianchi, nominato dall’esecutivo Renzi nel cda di Enel. E il commercialista d’oro Tommaso Di Tanno: il quale, nel suo pedigree, può contare sulla importante poltrona nel cda di Alitalia-Etihad; mentre più indigesta è risultata per lui la presidenza del collegio sindacale del Monte dei Paschi di Siena, era Mussari, quella dello scandalo Antonveneta per il quale Di Tanno è stato rinviato a giudizio, nel processo che, partito a Siena, è passato a Milano.
(fonte http://www.lavocedellevoci.it/?p=5196)
Laura Boldrini ci indica la verità... con Giancarlo Elia Valori
Quando il potere parla attraverso figure eminenti, c’inganna sempre circa le sue reali intenzioni.La tecnica è sistematica.
Se Obama, Hollande o Renzi dicono qualcosa, essi celano la verità sotto una coltre di distinguo e false piste. I media, di solito, acconsentono a queste diversioni.
Per questo occorre dissezionare e, quindi, decrittare le parole e i discorsi dei leader.
Spesso è una fatica inutile.
Il potere, infatti, ci parla anche direttamente, senza finzioni. Crudamente.
Questo avviene quando esso lo fa a mezza bocca, per il tramite di certe sue figure potenti e oscure, oppure di secondo rango, o, addirittura, traverso personaggi che i più ritengono inessenziali, se non ridicoli.
Come sentenziò il Filosofo: l’origine delle cose ama nascondersi.
Alla prima categoria appartengono uomini come Giancarlo Elia Valori e Antonio Maccanico. O Eugenio Cefis.
Alle altre categorie, alcune figure minori, ma non meno importanti, come vedremo: Daniele Capezzone e Laura Boldrini, ad esempio.
Di Eugenio Cefis abbiamo già parlato da questi lidi:
http://pauperclass.myblog.it/2015/06/20/il-destino-delleuropa-era-gia-segnato-quarantanni-fa-alceste/
Il discorso che Cefis tenne ai cadetti deall’Accademia di Modena (1972; potete scaricarlo qui: http://www.mediafire.com/download/cwbaoghn25d2afu/Pasolini+e+Cefis.rar) anticipa di trent’anni tutte le denunce sulla globalizzazione. I no global dei primi anni Duemila, infatti, arrivano a giochi già decisi (a babbo morto, si dice a Roma): a posteriori essi ricordano il miserevole protagonista de L’ultima carrozzella di Berlino che sbraitava, patetico, dalla propria vettura a cavalli, contro il proliferare dei tassì.
Cefis lo lessero in pochissimi. Giusto rileggerlo oggi.
Cefis non vaticina. Non è un profeta né un fanatico; egli sa. Per questo vanta una pragmatica, disarmante sicurezza; egli prende atto (nel 1972) di eventi che sono già realtà tangibili nella sua mente. La strada è tracciata; il futuro seguirà: sparizione progressiva degli Stati, multinazionali come uniche entità politico-economiche di rilievo, scioglimento di polizie ed eserciti locali in legioni fedeli ai nuovi poteri sovrastatali.
Un altro che spiattella la verità nuda e cruda, dal basso della sua presunta insignificanza (presunta da noi), è Daniele Capezzone. Un suo librino del 2003 s’intitola:
Uno shock radicale per il 21. Secolo. Stati Uniti d’Europa e d’America verso l’organizzazione mondiale della democrazia: abbattere in tutto il mondo gli ostacoli alla libertà individuale, alla libertà e alla democrazia
Sulla copertina il termine ‘radicale’ è in evidenza: con tale calembour egli rende memoria al proprio antico gruppo d’appartenenza, il Partito Radicale, la quinta colonna par excellence del potere natoamericano in Italia.
Nel pamphlet c’è tutto: TTIP, Stati Uniti d’Europa, dottrina neocon sulla guerra preventiva, l’auspicio che la democrazia israeliana divenga matrice e nutrice d’una riorganizzazione politica in Medio Oriente.
In poche pagine abbiamo condensata la politica estera (e interna) italiana ed europea degli ultimi quindici anni (dallo shock stile Pearl Harbour delle Torri Gemelle a Bruxelles).
Capezzone non è Cefis, eppure, ad onta delle nostre derisioni e della sua ancor giovane età, è ormai un politico dal cursus honorum ragguardevole.
E anche un intoccabile.
Anche Laura Boldrini ha un cursus di tutto rispetto. Al pari di Capezzone, anch’ella è magnificamente inserita negli ingranaggi del potere senza patria.
Quale personaggio di seconda o terza fila, possiede il privilegio di dire la verità.
Sì, Laura Boldrini dice la verità: su di noi, sul nostro futuro. E, quando parla, occorre prenderla sul serio. In un articolo de Il Corriere della Sera del 27 marzo (ma gli stessi intendimenti sono stati ribaditi in un incontro all’Accademia dei Lincei, il 31 marzo), la Presidente apre il suo cuore.
http://presidente.camera.it/application/xmanager/projects/presidente17/attachments/interviste_articoli/files/000/000/106/2016.03.27_-_Corriere_della_Sera.pdf
Il titolo dell’articolo è già illuminante: “Contro il terrorismo serve maggiore unione”
Apprezzerete, anche qui, il delicato bisticcio: fra unione e Unione.
Europea, ovviamente.
Il robusto incipit sgombra il campo dai malintesi:
“Ci vuole più Europa. È apparentemente impopolare dirlo, in giorni nei quali al pianto dei feriti si sovrappongono le urla dei demagoghi che speculano anche sul sangue di Bruxelles pur di convincerci che, per stare sicuri, dobbiamo rinchiuderci nei confini nazionali. E invece no, è questo il momento di ribadirlo senza timidezze … l’unica risposta razionale, doverosa, dura è: più Europa“.
Noterete il tono: vittimismo (il sangue degli innocenti!), arroganza, rivendicazione perbenista di responsabilità (noi, le istituzioni!) contro chiunque osi dissentire dall’ideologia dominante (l’unica possibile). Noterete, altresì, che la Boldrini (come i precedenti sodali) non dialoga, né predica, né usa condizionali.
Espone semplicemente un programma prestabilito da altri.
La Nostra Presidente prosegue:
“È evidente che bisogna far lavorare insieme i servizi di intelligence, condividere informazioni tra gli apparati di sicurezza, far agire squadre investigative comuni, come appare dai primi orientamenti emersi giovedì sera dal vertice dei Ministri Europei della Giustizia e dell’Interno, e questo richiede più Europa“.
La Pitonessa lo ripete due volte il suo ora pro nobis: “e questo richiede più Europa“, sgranando il rosario della determinazione.
La Pizia di Macerata, quindi, passa a proferire le logiche conclusioni del ragionamento che, come detto, non ammettono repliche: come a Delfi non è lei a parlare, infatti, ma lo stesso dio della globalizzazione traverso il suo corpo da fattucchiera misterica:
“[Ecco] il contributo che vorrei portare alla discussione comune. Senza giri di parole: si chiama integrazione politica. Gli obiettivi che ci stiamo dando in materia di sicurezza reclamano una cornice istituzionale diversa, più solida, più coesa. Un’unione federale tra Stati … È il cammino che … ho intrapreso da mesi con le altre Camere europee. La dichiarazione che abbiamo sottoscritto a settembre a Montecitorio si intitola, significativamente: ‘Più integrazione europea: la strada da percorrere’. Siamo partiti con quattro firme … e contiamo di arrivare presto ad avere la maggioranza tra i 28 paesi Ue [le adesioni, sinora, sono 11]“.
Avrete capito il succo del discorso; che è questo: i 28 staterelli Ue, fra cui l’Italia, dovranno ben presto aggiungersi ai 50 (presto 51) Stati federali degli Stati Uniti.
La visione è raggelante, ma coerente.
Un blocco atlantico unico, da Los Angeles a Varsavia, rafforzato da ramificazioni, quinte colonne e volenterosi satelliti ancora non ricompresi in tale Pangea: Arabia, Kuwait, Est Europa et cetera.
Gli Stati Uniti d’America (madrepatria ideologica, più che geografica) sono ormai un buco nero che cerca di risucchiare a sé ogni forma di vita politica alternativa; la globalizzazione è l’uniformazione a tale ideologia totalitaria che vediamo dipanarsi ogni giorno nelle sue multiformi epifanie culturali, economiche e sociali.
L’Europa Unita (sotto queste insegne apolidi) è la conquista più vistosa di un processo più che cinquantennale (se visitate il sito di Laura Boldrini, http://www.lauraboldrini.it/, potrete persino ammirare i graziosi gadget allegati a tale operazione: spillette azzurre e gialle, con le dodici stelle che aureolano il logo USE, United States of Europe).
Da Cefis a Capezzone a Laura Boldrini, il potere espone in modo chiaro ed esauriente il proprio programma: con una tenacia e una chiarezza di visione storica disarmanti.
Non c’è bisogno di analizzare, confutare e sprecarsi in ipotesi fantastiche; o sezionare eventi locali. Ogni manifestazione politica ed economica (anche minuscola, come la legge Fornero) ha la propria scaturigine in tale progetto sovranazionale: un vero fiume carsico che scorre sotterraneo e invisibile, ma tutto sradica e travolge alle fondamenta.
A volte la corrente affiora … la fatwa boldriniana è uno di questi affioramenti.
Eugenio Cefis, Daniele Capezzone, Laura Boldrini … e noi qui a scannarci sulle virgole.
Eugenio Cefis, una personalità complessa, magmatica. Partigiano, capitano d’industria, ideologo, vicepresidente ENI … e poi Presidente stesso dell’ENI, successore di Giuseppe Boldrini … a sua volta successore di Enrico Mattei …
Chissà se il buon Eugenio ha mai tenuto sulle proprie ginocchia la piccola Laura.
Ah, i bei tempi!
(fonte http://pauperclass.myblog.it/2016/04/06/laura-boldrini-ci-indica-la-verita-alceste/)
Centrale Finanziaria:
corte appello Milano respinge reclamo di alcuni soci
Esplora il significato del termine: 19:28 (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) - Milano, 03 mag - La Corte d’Appello di Milano ha respinto il reclamo presentato da alcuni soci de La Centrale Finanziaria Generale (Acciaierie Valbruna e Beniamino Itri) avverso il decreto con cui il Tribunale aveva rigettato la denunzia finalizzata all’ispezione giudiziaria della societa’ e alla revoca degli organi sociali. E’ quanto afferma una nota. Il Presidente de La Centrale Finanziaria Generale, Giancarlo Elia Valori, unitamente ai componenti degli organi sociali, ha espresso vivo apprezzamento per l’esito di un contenzioso particolarmente complesso, nel quale era stata posta in dubbio la correttezza degli amministratori e dei sindaci, che invece hanno espletato i complessi e onerosi compiti unicamente per il perseguimento dell’interesse sociale a tutela dei diritti di tutti gli azionisti.
(fonte http://goo.gl/dDnhJk)
Roma, 21 mag (Prima Pagina News) Giancarlo Elia Valori, presidente della merchant bank “La Centrale Finanziaria Generale S.p.A.”, è stato nominato Socio onorario della prestigiosa Accademia Cosentina, in riconoscimento del suo insigne e poliedrico impegno di manager, economista, docente e pubblicista a respiro internazionale, indirizzato a sviluppare progresso e sapienza, nonché a tutelare i grandi valori umani, artistici, scientifici, culturali della società nazionale. L’investitura ufficiale dell’ambito attestato è avvenuta nella sede dell’Accademia, ubicata nel centro storico di Cosenza, alla presenza dell’Assemblea plenaria dei soci, con in primissimo piano il presidente, avvocato Ernesto d’Ippolito, e il Segretario perpetuo, prof. Coriolano Martirano. L'Accademia Cosentina, che è la più antica d'Italia, fu fondata a Cosenza da Aulo Giano Parrasio nel 1511 per l’apprendimento degli studi filosofici e letterari, e la città grazie a questa prerogativa venne ribattezzata “l’Atene della Calabria”. Il professor Valori, a pieno titolo,Socio onorario dell’Accademia Cosentina, vanta inoltre – come unico italiano dopo il cardinal Giulio Mazzarino – il prestigioso attestato di “Honorable”dell’Académie des Sciences dell’Institut de France.Tale qualifica non è solo una “onorificenza davvero straordinaria”, creata eccezionalmente per lui il 18 febbraio 2002, ma è principalmente un “titolo a vita”, pari a quel rango di “immortel”, insito di ogni membro dell’Institut de France, di cui l’Académie des Sciences, fondata nel 1666 da Jean Baptiste Colbert, fa parte.
(PPN) 21 mag 2016 09:34
(fonte: http://www.primapaginanews.it/dettaglio_news_hr.asp?ctg=2&id=349586)
Giancarlo Elia Valori:
L’ultimo potere forte
1. Il manager che ama l’aglioL’ultimo potere forte
Chissà se è davvero, come dicono tanti, l’uomo più potente d’Italia. Certo è uno dei più temuti. E dei più misteriosi. E con le migliori relazioni internazionali. Sicuramente Giancarlo Elia Valori, il supermanager che lascia dietro di sé una scia di odore d’aglio (lo divora a spicchi, crudo, convinto delle sue virtù salutari) è l’unico sopravvissuto di una specie ormai estinta: quella dei boiardi di Stato. Tutti gli esemplari della specie sono scomparsi: i potentissimi membri della casta che presidiava le imprese pubbliche per conto dei boss dei vecchi partiti sono stati spazzati via da Mani Pulite, dal tramonto della Prima Repubblica, dalla nuovelle vague delle privatizzazioni...
Ma lui, il Manager, Professore, il Signor Autostrade, è sopravvissuto felicemente al crollo della Nomenklatura (e non è la prima volta che attraversa il fuoco come una salamandra). Ha pilotato la privatizzazione della società Autostrade, restandone - caso unico - presidente. E continua a collezionare onori, cariche, poltrone. Ora, come amministratore delegato, alle Autostrade è arrivato un manager forte, Vito Gamberale; e Valori, a cui non basta fare il presidente di rappresentanza, ha cominciato a cercare altri spazi di potere. Tanto per cominciare, all’inizio di marzo è stato eletto presidente dell’Unione Industriali di Roma, ma non ha certo intenzione di fermarsi lì: sta decidendo che cosa farà da grande, e ha (come sempre) grandi idee. La prossima poltrona potrebbe essere tutta politica; non gli dispiacerebbe, per esempio, quella di sindaco della capitale. In questo caso, trasversale com’è, avrebbe un solo imbarazzo: scegliere se essere candidato dalla destra o dalla sinistra. Ma chi è davvero Giancarlo Elia Valori, l’inossidabile? Raccontarlo non è facile. Attorno a lui aleggiano leggende nere, che odorano, più che d’aglio, di incenso e, nello stesso tempo, di zolfo. è circondato da una barriera di protezione e di silenzio. Chi lo conosce bene, pur senza amarlo, sembra averne un sacro terrore. Tanto che viene la voglia, per una volta, di dimenticare la Regola Numero Uno del Bravo Giornalista («Non tediare il povero lettore con il racconto delle difficoltà incontrate nel raccogliere le notizie»), perché quelle difficoltà fanno parte del personaggio. Perfino una persona coraggiosa e senza scheletri nella cassapanca come Tina Anselmi, mitica presidente della Commissione parlamentare sulla P2, appena sentito il nome fatidico si blocca: «Non insista, io su quel signore non ho nulla da dire». Se risponde così lei, figuratevi gli altri. E, visto il personaggio, abituato a essere trattato più che bene dai giornali, non ci si potrà stupire neppure dei sospetti dietrologici con cui potrebbe essere accolta un’inchiesta sul Signor Autostrade: ma chi c’è dietro? quale gioco fanno? per conto di chi? E invece dietro - è la stampa, bellezza - c’è solo la curiosità per una maschera del teatro italiano del potere, c’è la voglia di capire perché Giancarlo Elia Valori è così potente, così misterioso, così temuto, così inossidabile. E, allora, proviamo a raccontarlo, partendo dal presente.
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2. Dai dinosauri alla new economy
Valori dal marzo 1995 è presidente della Autostrade spa, la più grande rete autostradale del mondo, con i suoi 3 mila chilometri d’asfalto, 3.200 miliardi di fatturato, 426 di utili. Ma ci tiene a qualificarsi, prima che come manager, come «professore»: anche se le sue cattedre sono solo onorarie, virtuali, una a Pechino («Economia e politica internazionale») e una a Gerusalemme («Studi sulla pace e la cooperazione regionale»). L’elenco delle onorificenze, poi, riempie mezza pagina: cavaliere di Gran Croce della Repubblica italiana, cavaliere dell’Ordine di Isabella la Cattolica, cavaliere della Legion d’Onore e un vasto campionario di medaglie e riconoscimenti collezionati in giro per il mondo, a partire dall’Argentina e dalla Corea. La nuova poltrona che ha appena aggiunto alla sua collezione, quella di presidente degli industriali romani, è stata invece, fino a oggi, una briscola bassa, di poco valore, perché è al Nord che sta la grande industria privata. Ma ora, dopo le privatizzazioni, nel club romano sono entrate anche le ex imprese di Stato, il gigante Telecom, le Autostrade... Valori non ha perso tempo e si è subito piazzato. Lo ha fatto a modo suo, senza contrasti apparenti: ha incontrato il candidato naturale, espressione dei piccoli imprenditori romani (Gennaro Moccia) e lo ha velocemente convinto a ritirare la candidatura. Appena designato, ha incassato i complimenti di Francesco Rutelli, sindaco di Roma («Valori rappresenta la novità, ma anche la continuità...»). E ha subito buttato lì, in un intervento sul molto ospitale Messaggero, l’idea di Roma «cerniera tra Nord e Sud», tra «due Italie» da avvicinare: e come, se non con un paio di belle autostrade («riqualificazione della Salerno,Reggio Calabria e trasformazione della Taranto,Reggio») e un bel ponte sullo Stretto di Messina? In questo programma, Valori trova una sponda sinistra dentro il governo D’Alema: in quel Marco Minniti che è il braccio destro del presidente del Consiglio, ma prima ancora è un politico calabrese, che tanto si sta dando da fare per portare sviluppo (cioè soldi e lavori pubblici) alla sua regione. Un altro tema che Valori ha subito toccato dopo la sua ultima nomina, anche se non c’entrava niente, profuma di new economy: è il programma di Blu, il consorzio per la telefonia di cui è presidente. «Vogliamo grossi partner che rappresentino innanzitutto gli interessi nazionali e poi i grandi interessi europei». Blu (soci: Autostrade, cioè Benetton e il gruppo Caltagirone, più Mediaset, più British Telecom) è il quarto gestore Gsm e ha partecipato alla gara per le licenze Umts, il sistema che unisce telefonino e servizi internet, per poi ritirarsi a metà gara, per decisione di British Telecom. Una figuraccia per tutti. Questa volta, Valori non è riuscito a dimostrare di saper passare dai dinosauri di Stato alla new economy. Chissà che cosa gli riserverà il futuro. Ma intanto, per co no scere il personaggio, è necessario tuffarsi nel passato dei dinosauri.
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3. Il ragazzo prodigio
Giancarlo Elia nasce a Meolo, un paesotto vicino a San Donà di Piave non distante da Venezia, il 27 gennaio 1940, sotto il segno dell’Acquario. I genitori sono toscani, il padre Marco è compagno di scuola di Amintore Fanfani. Il ragazzo studia Economia e commercio e si trasferisce presto a Roma. Gli piacciono da morire gli ambienti vaticani, le divise e i riti della curia romana. Riesce a diventare «Cameriere di spada e cappa»: è la prima onorificenza della sua collezione, è il 1963, Giancarlo Elia ha 23 anni. C’è una foto che lo ritrae, giovanissimo, accanto all’uomo allora più potente Oltretevere, il cardinale Alfredo Ottaviani. Il fratello maggiore di Giancarlo, Leo, ex partigiano bianco, mandato da Enrico Mattei fin dal 1948 in Argentina a rappresentare l’Eni, lo introduce invece negli ambienti del governo di Buenos Aires. Il presidente Arturo Frondizi era amico del fratello, tanto da diventare padrino dei suoi figli. Nel 1965, a 25 anni, Giancarlo Elia entra nella Rai di Ettore Bernabei, prima come consulente e poi come funzionario: si occupa di relazioni internazionali, è una sorta di enfant prodige, stringere relazioni è la sua specialità. Ottime quelle con le curie, incredibili quelle con l’estero. Efficiente, attivissimo, ben introdotto: così lo ricorda lo scrittore Alvise Zorzi, che in quegli anni era condirettore centrale Rai per i rapporti esterni. Valori si specializza in dittatori: Kim Il Sung in Corea del Nord, Nicolae Ceausescu in Romania, i dirigenti della Cina. Nei primi anni Settanta organizza una visita in Italia di Frondizi, presidente democratico dell’Argentina tra il 1958 e il 1962, che fa incontrare con diverse personalità italiane. Ma Valori conosce bene anche l’ex dittatore argentino Juan Do min go Peron, a quei tempi esule a Madrid. è il fratello che gli passa i contatti, poi Giancarlo li coltiva. La nuova moglie di Peron, Isabelita, diventa amica della madre di Valori. E quando i due argentini vengono a Roma, sono ospiti di casa Valori, a Trastevere. Il 12 marzo 1972, dopo un lavorio durato sette mesi, sullo sfondo di un fitto impegno di lobby industriali internazionali, il trentaduenne Giancarlo Elia riesce a far incontrare a Madrid, faccia a faccia, Frondizi e Peron, l’ex presidente e l’ex dittatore: è la prima pietra del trionfale ritorno di Peron in Argentina. Quando Peron nel 1973 torna in Argentina da trionfatore, sull’aereo che lo porta da Madrid a Buenos Aires, insieme ai notabili peronisti, alla moglie Isabelita e al cadavere di Evita trafugato dal cimitero di Milano, ci sono due italiani: Licio Gelli e Giancarlo Elia Valori. I rapporti con l’Argentina sono anche rapporti massonici. E il cattolicissimo, papalino Giancarlo, malgrado la scomunica vaticana per i Liberi Muratori, comincia prestissimo a frequentare le Logge. A 25 anni si iscrive alla Loggia Romagnosi del Grande Oriente. Un anno dopo, nel 1966, si presenta però alle elezioni amministrative di Roma nelle liste della Dc, senza avvisare la Loggia: viene sottoposto a processo massonico e radiato. «Non accettarono la mia linea», tenterà di spiegare poi Valori, «del dialogo tra cattolicesimo e massoneria». Nel 1973, un iscritto alla Loggia Romagnosi che aveva voglia di mettersi in proprio, un certo Licio Gelli, lo contatta perché sa dei suoi ottimi rapporti con l’Argentina, lo iscrive al Centro Culturale Europeo (in realtà è la Loggia P2) e lo coinvolge in una società di import,export chiamata Ase. Che cosa importi e che cosa esporti - carne, armi, informazioni - non è dato sapere. Valori comunque sostiene di esserne uscito subito, lasciando Gelli al suo destino. Non prima, però, di avegli presentato, a Roma, all’Hotel Excelsior, il presidente Peron e il suo braccio destro, l’esoterico José Lopez Rega. Dopo il ritorno di Peron al potere, il rapporto con Gelli si rompe: il Gran Maestro della P2 gli scippa il contatto con l’Argentina, stringendo un rapporto diretto con Lopez Rega, che approfittando della malattia di Peron diventa il vero padrone del Paese. Valori lo disprezza: «Fino al ritorno di Peron in Argentina, Lopez Rega aveva un ruolo puramente da cameriere, ai colloqui di Peron non partecipava mai, se non per servire una bibita o un caffè... Era autore di un libro intitolato dall’Alfa all’Omega nel quale parlava di una chiesa al di sopra delle chiese. Un pazzo, io lo ritenevo, spessissimo nelle nostre conversazioni parlava di queste cose che mi facevano veramente ridere». Intanto, però, Gelli strappa a Valori il mercato (massonico, di contatti, di affari) argentino. Lo scontro Gelli,Valori, dunque, si conclude apparentemente con la sconfitta di quest’ultimo, che risulta infatti l’unico espulso dalla P2. Visto oggi, però, a vincere è Valori.
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4. Armi & agenti segreti
Nei primi anni Settanta, l’attivissimo Valo ri, stregato dal potere e dai suoi riti, si avvicina anche all’ambiente dei servizi segreti. Nel 1972 conosce Mino Pecorelli, giornalista che si muove in quel mondo e che dal suo giornale Op lancia messaggi, avvertimenti, ricatti. «Mi attaccava, non capivo perché», dichiarerà poi Valori alla Commissione parlamentare sulla P2. Allora lo contatta, e subito i rapporti tra i due diventano molto stretti: telefonate quotidiane, incontri frequenti. Spesso la domenica Pecorelli passa con la macchina a prendere Valori, che non guida, per serene gite nei dintorni di Roma. Ma è Pecorelli a inventare e diffondere quel soprannome allusivo, che accenna ai suoi contatti in Oriente e che lo fa andare su tutte le furie: Fiore di Loto. Sempre nel 1972, in Rai, Valori conosce Nicola Falde, ufficiale del Servizio di sicurezza militare a quell’epoca di fatto infiltrato nella Rai: «Cominciò allora la nostra frequentazione e la sua richiesta di giudizi su varie persone», ammetterà Valori molti anni dopo, nel 1996, davanti al giudice Rosario Priore, in un interrogatorio rimasto finora segreto. «Sapevo della provenienza dal Sid, Ufficio Ris, del Falde, che si occupava di conferire pareri di sicurezza circa l’esportazione di armamento». Valori diventa insomma fonte di Falde dentro la Rai, arricchisce i suoi contatti con l’estero (Cina, Corea, Romania, ma anche Stati Uniti, Canada, America Latina...) e si spiana la carriera dentro le aziende di Stato. Nel 1976, a 36 anni, è vicedirettore generale di Italstrade. «Avevo già realizzato», confessa a Priore, «che i servizi potevano avere un ruolo incisivo circa l’apertura economico,commerciale verso i mercati esteri, in particolar modo verso Libia, Iran, Algeria, Arabia Saudita e Turchia. Così nacque il mio contatto con Santovito». Giuseppe Santovito all’epoca è comandante del Comiliter di Roma e in seguito diventerà direttore del Sismi, il servizio segreto militare. è iscritto alla P2, come tanti altri amici e conoscenti di Valori in quegli anni: il magistrato Carmelo Spagnuolo, il faccendiere Francesco Pazienza, il giornalista Mino Pecorelli, l’agente Nicola Falde... «Conoscendo i rapporti che il Servizio aveva all’epoca con tutto il mondo arabo - come l’Arabia Saudita e la Libia - io chiesi al generale Santovito di tenere presente, nell’ambito della legalità e degli interessi dello Stato, la società dell’Italstrade, società a capitale Iri, per eventuali lavori da compiere in quei Paesi. Per questa ragione», dichiara Valori a Priore, «vedevo di tanto in tanto il generale Santovito e qualche volta lo sentivo per via telefonica. Sono stato, ma raramente, presso il suo ufficio in via XX Settembre e più di sovente presso la sua abitazione in via Flaminia». Spionaggio e affari. Appalti e barbe finte. In questo contesto Santovito, diventato capo del Sismi, nel 1978 presenta a Valori due libici che lo possono aiutare a ottenere commesse nei Paesi arabi: Salem Moussa e Ladheri Azzedine. In quegli anni, spiega Valori, Italstrade puntava a realizzare ponti e strade in Libia e la diga di Karakaya in Turchia. Ma evidentemente i due libici avevano in corso affari anche più pericolosi, perché Azzedine viene trovato morto, nel 1980, a Milano. «Lessi dai giornali che era morto. Certamente non di morte naturale», dichiara Valori a verbale. Ma nega di aver avuto a che fare con triangolazioni di armi: «Mai fatto da intermediario tra la Libia e la Fiat. Escludo di essermi mai interessato a commesse per la vendita di aerei o di armi alla Libia. Mai concluso affari di missili e aerei G47». Ammette però di aver mosso i primi passi all’ombra di Francesco Rota, direttore generale del San Paolo di Torino prima, della Fiat poi. E di avere, trentenne, redatto per la Fiat «analisi finanziarie internazionali sul mercato sudamericano, francese ed euro peo». Ed è costretto ad ammettere di avere avuto a che fare con la società finanziaria Sophinia, in affari con il mondo arabo. «Avevo poco più di trent’anni», sottolinea Valori. «Vi ero entrato su invito di Davide Pellegrini, vecchio amico del Quirinale». Di più, non dice.
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5. Amiche toghe
Forte dei suoi rapporti particolari, Valori procede nella sua carriera di boiardo di Stato. Lo scandalo P2, nel 1981, lo colpisce, ma solo di striscio: sulle liste di Castiglion Fibocchi è scritto: «Valori Giancarlo. Professore. Espulso». La Commissione parlamentare presieduta da Tina Anselmi riesce a sentirlo il 7 aprile 1983, solo dopo molte insistenze di alcuni commissari, e solo in seduta segreta. Pochi i commissari che lo bersagliano di domande vere; tra questi, Rino Formica, Giorgio Pisanò e Libero Riccardelli. Formica è convinto che Valori faccia traffico d’armi per i Servizi; Pisanò e Riccardelli ritengono che Valori sia stato la mente che, per vendette interne al gruppo P2, ha fatto scoppiare lo scandalo dei petroli, fornendo le informazioni sulla truffa (già nota ai servizi segreti) a due magistrati di Treviso, Domenico Labozzetta e Felice Napolitano. Valori, come al solito, nega. Ma i commissari insistono, sono convinti che Valori sia temuto da nemici e amici perché è in grado di arrivare a dossier riservati e di scatenare indagini giudiziarie. Valori durante la seduta continua a negare, ma fuori dall’aula non gli dispiace essere temuto. Contatti con magistrati ne ha tanti, e dove non ne ha gli piace che gli altri pensino che li abbia. Del resto, proprio da un magistrato ha iniziato la sua carriera: coltivando, per incarico della Rai, le relazioni con il procuratore generale di Roma Carmelo Spagnuolo che ave va appena avocato, strappandola al magistrato naturale, un’indagine su irregolarità contabili dell’ente radiotelevisivo di Stato. I contatti tra Valori e Spagnuolo sono intensi. Al termine, l’indagine sulla Rai è archiviata. Poi per agganciare i magistrati si inventa un’associazione: l’Istituto per le relazioni internazionali, che ha organizzato convegni invitando personalità (da Guido Carli a Ugo La Malfa, da Frondizi al governatore della Banca d’Israele David Oroviz) e coinvolgendo una folla di giudici.
Temeva Valori anche Romano Prodi, due volte presidente dell’Iri e quindi suo «superiore». Il primo mandato lo definì «il mio Vietnam»: tra i vietcong che gli facevano la guerra c’era anche Valori, ai tempi vicepresidente della Sme, la finanziaria agroalimentare dell’Iri. Prodi, che non vuole piduisti attorno, nel 1984 non lo ricandida ai vertici dell’azienda. Valori riesce però a farsi collocare alla presidenza della Sirti, una società della Stet, che allora era presieduta da Michele Principe (anch’egli iscritto alla P2). E promette vendetta. è lui infatti il sospettato numero uno del siluro sparato in quegli anni contro Prodi: un’inchiesta giudiziaria del procuratore romano Luciano Infelisi su Nomisma, la società di consulenza di Prodi a Bologna. Intanto Valori nel 1987 torna alla Sme, come presidente della Gs (supermercati). E nel 1990, spinto dal nuovo presidente dell’Iri Franco Nobili, si siede finalmente sulla agognata poltrona di presidente della Sme. Poi, nel 1995, nominato dal presidente dell’Iri Michele Tedeschi durante il governo Dini, diventa il Signore delle Autostrade.
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6. Vip, cene e giornali
Non è solo Cesare Romiti affezionato alle presentazioni dei suoi libri (una biografia di Ceausescu, una di Ben Gurion, il volume L’eredità di Mao, i saggi La pace difficile, Quattro scritti sulla pace nel mondo, La privatizzazione delle aziende dei servizi pubblici...). Sono tante, tantissime le personalità che corrono ai Valori-show, allietati dalla presenza di Carlo Rossella nella veste di presentatore, dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga che arriva a braccetto con l’ex amministratore dell’Alitalia Giovanni Bisignani, del produttore Vittorio Cecchi Gori sorridente, dell’ex presidente della Corte costituzionale Antonio Baldassarre, del ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio, del segretario della Uil Pietro Larizza (calabrese, dunque come Valori tifoso del ponte sullo Stretto). E di tanti, tanti altri. I giornali sono abituati a trattarlo con i guanti. I grandi quotidiani gli recensiscono i libri e raccontano con toni da Agenzia Stefani le cronache delle presentazioni infarcite di vip. Il Messaggero ospita i suoi articoli in prima pagina. E Panorama per lui ha inventato, in un numero del febbraio scorso, il genere giornalistico del «doppio servizio»: a pagina 70 un articolo di Marcella Andreoli che racconta le imbarazzanti telefonate (intercettate) tra il cardinale di Napoli Michele Giordano e Valori, alla ricerca di sostegni per Telon, un suo consorzio di telefonia («Eminenza, se entriamo noi, la Nokia apre uno stabilimento anche ad Avellino...»), con il direttore dell’Osservatore romano Mario Agnes che su Valori lancia comunque avvertimenti al cardinale («Vostra eminenza deve sapere che questo è Loggia nel senso stretto del termine...»); e a pagina 113 una entusiastica intervista di Tino Oldani allo stesso Valori sui suoi mirabolanti progetti nelle telecomunicazioni, dal titolo Valori della New economy («Rispondo con le stesse parole usate da Bill Clinton nel recente seminario di Davos...»). Valori è un professionista del contatto, un Nobel dei rapporti, un sacerdote delle pubbliche relazioni. Scrive lunghe lettere vergate a mano («Carissimo...») anche a chi ha visto una volta soltanto, non dimentica un compleanno, un anniversario, un’inaugurazione dell’anno giudiziario. Sembrerebbe non aver altro da fare che organizzare cene, incontri, presentazioni, convegni, inaugurazioni, messe votive, concerti di Natale. Specialista in lauree honoris causa, a fine febbraio (secondo quanto ha scritto il quotidiano Il Mattino di Padova) ha voluto far concedere al capo della Polizia Fernando Masone la cittadinanza onoraria di Padova, dove è sindaco la sua amica Giustina Destro. Ogni tanto, però, l’aggancio salta. Come quella volta che aveva organizzato una cena, in un albergo vicino all’aeroporto di Torino Caselle, a conclusione del funerale del dipendente della Società Autostrade morto nel rogo del Tunnel del Monte Bianco. Quando ha saputo che era stato invitato anche il magistrato che stava indagando sulla sciagura, il presidente dell’Iri (da cui Autostrade dipendeva prima della privatizzazione) Gian Maria Gros-Pietro ha fiutato che l’incontro non era opportuno ed è volato a Roma.
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7. Valori, ultimo atto
C’è stato, in verità, qualche magistrato che Valori non l’ha incontrato a cena, ma l’ha convocato per interrogarlo, nel corso di qualche indagine delicata. Domenico Sica ed Ernesto Cudillo sulla P2, Carlo Palermo sui traffici d’armi, Rosario Priore sui suoi rapporti con i Paesi arabi, nel contesto dell’inchiesta sulla strage di Ustica. Invece il pool Mani Pulite, che ha fatto un’ecatombe dei suoi colleghi boiardi, non ha trovato nulla contro di lui. L’unica ombra di Tangentopoli che lo ha sfiorato è un versamento di 150 milioni nel giugno 1991; ne parla, al sostituto procuratore di Milano Francesco Greco, Giuseppe Garofano, allora presidente della Montedison: «Si è trattato di un versamento da me effettuato a favore di Valori Giancarlo Elia, attuale presidente della Sme, che all’e po ca aveva prestato consulenze professionali alla Montedison. Il Valori mi chiese di erogare la somma in nero e per contanti, per motivi fiscali». Invece di darli, i soldi, come gli altri boiardi che finanziavano i partiti, questa volta lui li prende. Ma i magistrati di Mani Pulite non trovano ulteriori conferme e del resto il versamento in sé non costituisce reato, a parte la presunta evasione fiscale e la bizzarria, per un manager pubblico, di fornire consulenze a un’industria privata concorrente. Mani Pulite non è riuscita a togliere niente a Valori, Valori invece ha portato via qualcosa a Mani Pulite: Angelo Alfonso, già segretario del procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli, diventato collaboratore del Signor Autostrade. Dopodiché, superata d’un balzo l’era di Tangentopoli, Giancarlo Elia Valori si è presentato all’appuntamento con le privatizzazioni. Non troppo puntuale, magari, con qualche frenata, ma alla fine la sua Sme è andata ai privati. La Cirio-Bertolli-De Rica a una sconosciuta finanziaria nelle mani di uno sconosciuto finanziere, Saverio Lamiranda, che compra e subito rivende il latte a Sergio Cragnotti e l’olio all’Unilever. La plusvalenza realizzata dallo spezzettamento, così, non va nelle casse dello Stato, ma chissà dove. Poi è la volta degli Autogrill, che sono conquistati dalla famiglia Benetton. Passato alle Autostrade, Valori compie il suo capolavoro: prima frena, sostenendo che le autostrade sono troppo importanti perché lo Stato non mantenga un ruolo nel settore, poi si dà da fare per venderle alla cordata capeggiata dai Benetton e da Franco Caltagirone (quello della Vianini costruzioni e del Messaggero), mantenendo salda la poltrona e intatto il suo potere. Ci riesce. Aprendosi al «nuovo che avanza». Intanto le sue relazioni internazionali si sono consolidate. Ha progetti autostradali negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Francia. In Israele vuole realizzare «l’autostrada della pace». In Corea vuole unire le due capitali, finora nemiche, del Nord e del Sud. Nella sua casa romana continua a ospitare personaggi di caratura internazionale, come quel Joachim Bitterlich, consigliere di Helmut Kohl per la politica internazionale, che vi passò in un momento delicato, quando l’Italia premeva per entrare nell’Euro e la Germania di Kohl frenava. Ora Valori ha cancellato dalla sua bibliografia sul Who’s who il libro su Ceausescu, ha dimenticato le amicizie strette con libici e arabi, e punta tutto sui rapporti con Israele. L’unica donna della sua vita, la madre Emilia, per la quale fa celebrare una grande messa ogni anno, il 15 novembre 1998 ha ottenuto l’onore di avere un albero (un ulivo) piantato nel Giardino dei Giusti, a Gerusalemme, dove sono ricordati i non ebrei che hanno aiutato il popolo ebraico. Motivazione: Emilia Valori durante la Resistenza salvò dalle deportazioni numerose famiglie ebraiche. Durante la cerimonia a Gerusalemme, Shimon Peres in persona ha sottolineato «il grande ruolo che Giancarlo Valori ha svolto nel riconoscimento reciproco tra Israele e la Cina». Grazie alle sue relazioni con i dirigenti cinesi, infatti, Valori ha posto le premesse per il primo viaggio di Peres a Pechino, nel maggio 1993. Dieci anni prima, Valori è stato protagonista di un’azione che gli israeliani non dimenticheranno mai. Così la racconta lui stesso, interrogato a proposito dal giudice Priore: «Nel 1988 mi attivai per la liberazione di tre ostaggi ebrei francesi catturati dagli iraniani in Iran. La richiesta mi pervenne da amici francesi di ambiente governativo che mi dissero trattarsi di un “caso umano”. Mi rivolsi al presidente della Corea del Nord, Kim Il Sung, da me conosciuto nel 1975 allorché per la Rai mi recai in Estremo Oriente per allacciare contatti utili all’apertura di uffici». Il contatto funziona, gli iraniani liberano gli ostaggi, Valori è insignito dal presidente francese François Mitterrand della Legion d’Onore, da esibire sul revers della giacca nelle grandi occasioni, accanto al nastrino di Cavaliere di Gran Croce conferitogli da Cossiga. Con tutti questi onori e con tutta la sua storia, oggi Giancarlo Elia Valori progetta il suo futuro, in un mondo che non è più quello in cui si muoveva Fiore di Loto. Gli piacciono gli onori accademici, ama gli ambienti internazionali, strizza l’occhio alla new economy, forse fa un pensierino alla politica. Comunque non vuole uscire di scena. Sarebbe contrario alla sua religione, quella del Potere. (gb)
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(Gianni Barbacetto, da «diario della settimana», 22 marzo 2000)
1 - L' IRRESISTIBILE PASSIONE DI RENZI PER L' EMIRATO
La cartina al tornasole è stata la partita Alitalia. Dopo una serie di dichiarazioni a favore del Qatar e del modello Doha, il segretario del Pd, Matteo Renzi, ha smesso improvvisamente di parlare del tema. Dopo essersi adoperato per cercare nel piccolo emirato un salvagente destinato all' ex compagnia di bandiera ha mollato il dossier, lasciando campo libero al governo in carica, quello di Gentiloni.
Non a caso sono apparsi i cinesi di Hainan airlines con la mediazione (in inglese si direbbe advisoring) di Giancarlo Elia Valori e George Soros, il quale ha fatto un apposito blitz a Palazzo Chigi. Il motivo è stato un pesante veto da parte di una fetta della finanza italiana e di tutta l' area del Pd non fedele a Renzi.
Tutti si erano accorti ai primi di maggio della tempesta di sabbia in arrivo dal Medioriente. Tutti, tranne il Rottamatore, volevano evitare di trovarsi in piena trattativa su Alitalia nel momento in cui il Qatar sarebbe improvvisamente diventato lo Stato canaglia per eccellenza. La nazione che finanzia l' Isis. Esattamente quello che è successo dopo la visita di Trump a Riad e dopo che ieri Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto e Bahrain hanno tagliato ogni ponte diplomatico e pure i collegamenti aerei, accusando il vicino di casa salafita di finanziare quegli stessi terroristi che sono contigui alla Fratellanza Musulmana e che dalle basi siriane e libiche sono gli ispiratori di attentati nei quattro angoli del mondo.
Un freno a mano tirato bruscamente, che mette il nostro Paese in contropiede e lascia in seria difficoltà la diplomazia ufficiale. L' altra, ovvero quella del partito di maggioranza guidato da Renzi, è ancora oggi legata mani e piedi ai diktat di Barack Obama. Il che porta la strategia del nostro Paese a riallinearsi a quella odierna battente bandiera Trump o a schiantarsi contro il muro delle prossima quanto inevitabili sanzioni. In entrambe i casi sarà opportuno evitare, come è accaduto per Alitalia, che Renzi tenga da solo il pallino. O si muova disallineato. Cosa che ha fatto più volte anche da privato cittadino.
(continua ---> http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/chi-rsquo-rsquo-unico-politico-mondo-ad-avere-rapporti-149240.htm).
Uno dei numerosi contributi trovabili in rete, sempre su questo personaggio "misterioso":
(http://mascheraaztecaeildottornebbia.blogspot.it/2009/06/rizzovalori-e-diliberto.html)
RIZZO,VALORI E DILIBERTODue articoli tratti da Senza Soste,il primo del Manifesto di ieri e l'altro più corposo a firma di Nello Gradirà postato il 2 giugno scorso,forniscono un quadro di una situazione degna del migliore intrigo di un film di spionaggio e di giallo condito da immagini drammatiche...solo che quello raccontato non è cinema ma la realtà.
Che cosa hanno in comune Marco Rizzo,membro del partito dei Comunisti Italiani,Oliviero Diliberto,segretario dello stesso partito,e Giancarlo Elia Valori,ex piduista e importante e potente uomo di (mal)affari?
Un passo indietro quando nel periodo pre elettorale a Livorno Valori era presente ospite di un'associazione ebraica e dei rappresentanti politici cittadini e provinciali labronici per la presentazione del suo libro che tratta del mondo ebraico.
Questa infiltrazione di un personaggio ambiguo nella città ha insospettito il sito"Senza Soste"che ha scavato nel passato di Valori scoprendo che si tratta di una persona viscida,un classico uomo di merda che si vanta della sua famiglia che ai tempi della guerra salvò decine di ebrei e che poi appoggiò Peron in Argentina prima e durante la sua dittatura dove ci fu un massacro degli ebrei stessi.
Frequentatore del Vaticano fin dalla gioventù si iscrive alla Loggia P2 per poi venire scaricato da Licio Gelli per via dei suoi intrecci con la Chiesa e con Opus Dei:presidente nell'arco della sua carriera di importanti multinazionali,dirigente in altre aziende statali e non,insomma uno che ha messo le mani in pasta un poco ovunque negli ultimi cinquant'anni di storia italiana.
Negazionista del popolo palestinese come si può evincere in una sua famosa frase:"Serve cambiare registro: non è la Palestina, che peraltro non esiste come entità geopolitica, la soluzione, ma il problema. Parlare di popolo palestinese, siccome le parole sono pietre, vuol dire accettare la sua indipendenza, almeno semantica",negli ultimi periodi è stato assiduo frequentatore di Diliberto.
E Rizzo che fa?Critica questi strani colloqui tra il segretario del suo partito ed il luciferino Valori e di risposta il buon Oliviero caccia il povero ma non stupido Rizzo dai Comunisti Italiani.
Per la cronaca Valori è rimasto invischiato nell'ormai famosa inchiesta"Why not"condotta dal magistrato Luigi De Magistris in quanto sospettato di essere a capo della massoneria contemporanea avendo interessi in molti lavori pubblici,non ultimo l'insistere suo e delle sue aziende affinchè si costruisca il ponte sullo stretto.
Consiglio di andare direttamente sul link dell'articolo di Nello Gradirà sul sito di"Senza Soste"in quanto vi sono ulteriori links interessanti e importanti per la buona riuscita della stesura del suo articolo:http://www.senzasoste.it/la-mia-citt-/giancarlo-elia-valori-a-livorno-cosimi-lamberti-e-kutuf-omaggiano-il-capo-della-nuov.html anche perchè verso la fine dell'articolo ci sono dei rimandi a delle fotografie che non ho avuto lo spazio di pubblicare.
Rizzo espulso dai Comunisti Italiani a causa del piduista Valori .
Giancarlo Elia Valori, personaggio dal passato oscuro e oggetto di una nostra inchiesta nello scorso maggio in occasione di una sua visita a Livorno, è ancora una volta al centro della cronaca politica. Questa volta come causa indiretta dell'espulsione di Marco Rizzo dal partito dei Comunisti Italiani, che, giustamente, metteva in guardia e criticava il segretario Diliberto per la troppa frequentazione di questo personaggio. Diliberto e Il Manifesto minimizzano ma di fronte a questi personaggi c'è sempre da tenere la guardia alzata...
E’ stato espulso due giorni fa dal partito dei Comunisti italiani. Eppure Marco Rizzo non molla. Annuncia che resisterà alle querele già annunciate nei suoi confronti da Oliviero Diliberto. E non chiude la porta all’ipotesi di transitare nel partito di Rifondazione comunista.
«Sono convinto che Paolo Ferrero non si sarebbe mai seduto affianco a simili persone» ha detto ieri al Messaggero.Quali persone? Dall’inizio di questa polemica - vecchia per la verità di una decina di giorni - Rizzo è sceso in campo accusando Oliviero Diliberto di aver visto molto spesso in incontri pubblici con Giancarlo Elia Valori, oggi presidente di Sviluppo Lazio, holding di controllo di tutte le società partecipate dalla regione, ma in passato a capo di aziende importanti come la società autostrade.«Giancarlo Elia Valori stava nella P2», ha detto due giorni fa al Corriere: «Quando ho fatto notare la cosa a Diliberto lui ha minimizzato». Ammesso e non concesso che Valori sia ancora iscritto ad una loggia, partecipare alla massoneria non è reato. Il dirigente d’azienda, poi, fu espulso nel 1972 proprio da Gelli.
Giancarlo Elia Valori "il capo della nuova P2" ricevuto in pompamagna a Livorno.
Un articoletto in cronaca, a pagina 15 del Tirreno di oggi. Niente di appariscente. Il titolo è “Un libro di Valori racconta la Shoah e la sua negazione”. Il titolo del libro è “Antisemitismo, olocausto, negazione. La grande sfida del mondo ebraico del XXI secolo”, edizioni Mondadori. L’autore racconta: “Ero un ragazzino quando mia madre salvò più di 120 ebrei nascondendoli nei magazzini di tabacchi che avevamo in provincia di Venezia, a due passi dalle postazioni delle SS”. All’iniziativa, organizzata dall’Associazione ebraica Bené Berith di Livorno, hanno partecipato tra gli altri il sindaco Cosimi, l’ex sindaco e candidato Gianfranco Lamberti, il presidente della Provincia Kutufà e il senatore del PD Marco Filippi. Ed è stato addirittura trasmesso un videomessaggio del Presidente israeliano Shimon Peres.Fin qui niente di strano, se non fosse che Giancarlo Elia Valori è stato definito dal magistrato De Magistris come “il capo della nuova P2”. E’ un personaggio sconosciuto al grande pubblico (anch’io prima di occuparmi della storia argentina degli anni ’70 non sapevo neanche chi fosse) ma qualcuno lo considera addirittura “l’uomo più potente d’Italia”. Ha un passato incredibile alle spalle, e soprattutto un presente inquietante.Vediamo di raccontarlo. Poi facciamo alcune considerazioni conclusive.
Chi è Giancarlo Elia Valori.
Giancarlo Elia Valori nasce nel 1940 vicino a San Donà di Piave (VE) da genitori di origine toscana. Il padre era stato compagno di scuola di Amintore Fanfani e questo lo aiuta, una volta laureatosi in Economia e Commercio e trasferitosi a Roma, ad entrare negli ambienti vaticani e farsi nominare “Cavaliere di Cappa e Spada”. Nel 1965 entra alla RAI presieduta dal fanfaniano di ferro Ettore Bernabei e si iscrive alla massoneria, anche se formalmente la fede cattolica e l’appartenenza massonica sono incompatibili. Per questo viene espulso dalla Loggia Romagnosi. La sua passione sono le relazioni internazionali. Riesce a introdursi presso Kim Il Sung, Nicolae Ceausescu e Juan Domingo Perón, allora esule a Madrid.Il fratello Leo, che lavorava per l’ENI in Argentina, lo presenta all’ex presidente Arturo Frondizi, massone. Fa incontrare Perón e Frondizi e maturano le condizioni per il rientro in patria di Perón. Nel novembre 1972 Perón torna in Argentina su un aereo noleggiato da Valori. Valori si iscrive alla P2 (tessera 283) e con Licio Gelli è uno degli ispiratori della destra reazionaria argentina nel periodo della nuova presidenza Perón, nel quale si creano le premesse per la dittatura militare del 1976-1983. Ma Gelli, con il pretesto delle sue frequentazioni vaticane, espelle Valori anche dalla P2, per potersi affermare come principale punto di riferimento per i politici di Buenos Aires. Valori non se la prende più di tanto e continua le sue frequentazioni negli ambienti dei servizi segreti e del sottobosco della politica. Conosce Il generale Santovito, anche lui piduista, Mino Pecorelli, Francesco Pazienza e altri protagonisti delle trame di quegli anni.Per questi legami certamente non ordinari tra i manager e gli imprenditori italiani, Valori viene ripetutamente chiamato a deporre nelle indagini chiave dei primi anni ‘80, quelle della Procura di Roma sulla P2, del giudice Carlo Palermo sui traffici d’armi, di Rosario Priore sui suoi rapporti con i Paesi arabi, nel contesto dell’inchiesta sulla strage di Ustica.Grazie alle sue conoscenze nel 1976 diventa presidente di Italstrade, società dell’IRI.Nel 1981, quando vengono scoperte le liste della P2, Giancarlo Elia Valori è l’unico che risulta “espulso”, per cui l’inchiesta lo tocca marginalmente. Si dice che Tina Anselmi, presidente della Commissione Parlamentare d’Inchiesta, non voglia assolutamente parlare di lui: “Io su quel signore non ho nulla da dire”.Diventa presidente della SME (anche questa società dell’IRI) e quando nel 1984 Prodi, presidente dell’IRI, non lo ricandida per il suo passato piduista, Valori si fa nominare presidente della telefonica SIRTI, società della Stet presieduta da un altro piduista, Michele Principe.Secondo alcune voci si sarebbe vendicato di Prodi facendo emergere lo scandalo Nomisma.Nel 1987 Valori diventa presidente della GS Supermercati (gruppo SME), poi nel 1990 presidente della SME. Nel 1995 è presidente di Italstrade, che lascerà poi per limiti di età.
Le attività odierne di Valori .
Attualmente è presidente dell’Unione degli Industriali di Roma.E' anche presidente della T-System Italia, "il marchio del Gruppo Deutsche Telekom dedicato alla clientela business"; è stato presidente di Blu, il consorzio di gestori di telefonia oggi in disarmo; ed è presidente onorario della filiale italiana del colosso cinese delle telecomunicazioni, Huawei Technologies. Come se non bastasse ricopre anche la presidenza di Sviluppo Lazio, la holding di controllo di tutte le società partecipate dalla Regione, gonfiata ai tempi di Francesco Storace fino a impiegare 4.300 persone.E’ vicepresidente dell’IGI (Istituto Grandi Infrastrutture), nella cui veste si batte a spada tratta per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina.L’assemblea degli azionisti di Italintesa S.p.A. gli ha conferito la presidenza onoraria della società. Tra gli azionisti troviamo il politologo americano Edward Luttwak, già consulente di Italintesa ed assiduo editorialista nelle testate del Gruppo Monti e della siciliana Gazzetta del Sud. Come Valori, Luttwak vanta un passato contiguo ai poteri atlantici più o meno occulti. E’ stato tra i fondatori e gli animatori del Csis – Center of Strategic and International Studies di Washington, il centro di studi strategici legato alla CIA e al Pentagono americano, noto per aver elaborato l’interventismo Usa a fianco dei regimi fascisti-militari in America latina ed in Europa.Valori presiede anche una "Fondazione per le Bioscienze" che nel 2004 fa ha stabilito un patto di cooperazione scientifica a tre, con l’Università Campus Biomedico dell'Opus Dei e l’israeliano-francese Weizmann Institute France Europe of Science. Un patto stilato alla presenza di Francesco Cossiga, nella sede di Capitalia. Nel corso della sua carriera come top manager nelle grandi società a maggioranza pubblica, Valori si è distinto nella politica delle privatizzazioni e delle dismissioni delle aziende controllate. Da presidente della Sme, ad esempio, ha ceduto le prestigiose marche alimentari Cirio-Bertolli-De Rica ad una società nelle mani di uno sconosciuto finanziere, Saverio Lamiranda, che presto le ha rivendute con insperati guadagni al presidente della Lazio Sergio Cragnotti e alla multinazionale Unilever. Prima di passare alle autostrade, Valori ha avuto il tempo di disfarsi della nota catena di distribuzione alimentare e di ristorazione autostradale Autogrill, trasferita alla famiglia Benetton, che l’ex manager Sme ritroverà nei consigli d’amministrazione dell’Autostrade S.p.A. e del consorzio telefonico Blu. Alla guida della concessionaria Valori convincerà il governo a ridurre la propria presenza societaria e a cedere parte del pacchetto azionario ad una cordata d’imprenditori capeggiata dai Benetton e da Franco Caltagirone, l’editore de Il Messaggero a capo della Vianini costruzioni, socia IGI. Anche Caltagirone, come Benetton, entrerà poi nel consorzio Blu presieduto da Valori.
Valori nell’inchiesta Why not .
Il magistrato Luigi De Magistris, già pubblico ministero a Catanzaro, aveva condotto tempo fa l'inchiesta Why Not, partendo da un'agenzia di lavoro interinale e finendo per coinvolgere un consulente della Presidenza del Consiglio, il senatore Giancarlo Pittelli di Forza Italia, Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle opere della Calabria e persino l'allora presidente della Commissione Europea Romano Prodi, assieme - come ricorderete - a Clemente Mastella. Il presidente Giorgio Napolitano interviene di persona per stroncare l'intraprendente magistrato, e l'inchiesta gli viene tolta. Interrogato a sua volta dai magistrati, Luigi De Magistris dichiara che negli atti di Why Not ci sarebbero "le carte della nuova P2": “Le indagini Why Not stavano ricostruendo l’influenza di poteri occulti (…) in meccanismi vitali delle istituzioni repubblicane: in particolare stavo ricostruendo i contatti intrattenuti da Giancarlo Elia Valori, Luigi Bisignani, Franco Bonferroni e altri, e la loro influenza sul mondo bancario ed economico finanziario”.Non solo: “Giancarlo Elia Valori - dice De Magistris - pareva risultare ai vertici attuali della 'massoneria contemporanea' e Valori s’è occupato spesso di lavori pubblici”.
Valori e i politici .
Non si deve pensare che Valori abbia legami con una sola parte politica. Le sue relazioni sono bipartisan, e nonostante la sua inimicizia per Prodi è in buoni rapporti con molti espondenti del centro-sinistra, in particolare con i dalemiani (soprattutto Minniti) e Rutelli (anche lui vicino a Caltagirone), che al momento della sua nomina alla presidenza dell’Unione Industriali di Roma gli ha dedicato parole di grande apprezzamento.
Il Valori sionista .
Valori ama presentarsi come docente di politica internazionale e le sue posizioni ricalcano quelle dell’estrema destra sionista. E’ uno degli sponsor del grottesco islamico pentito Magdi Allam, e un teorico della guerra di civiltà contro l’Islam. Nella prefazione a uno dei libri di Allam scrive: "È la difesa di Israele la nuova piattaforma della Grand Strategy europea e USA, fuori dalle chiacchiere democraticiste e dalla retoriche elettorali. Il libro di Magdi Allam è un buon inizio per questo progetto".Si oppone fermamente all’idea di uno Stato palestinese, anzi, all’idea stessa di popolo palestinese: “Serve cambiare registro: non è la Palestina, che peraltro non esiste come entità geopolitica, la soluzione, ma il problema. Parlare di popolo palestinese, siccome le parole sono pietre, vuol dire accettare la sua indipendenza, almeno semantica."Valori propone l’attribuzione a Israele di buona parte dei Territori Occupatii, mentre la Striscia di Gaza e la Cisgiordania dovrebbero essere assegnate rispettivamente all’Egitto e alla Giordania. Con l'aggiunta di una "area" palestinese, fuori dall'attuale Palestina, che Giancarlo Elia Valori forse intende come una sorta di riserva sul modello statunitense.Inoltre propone per i palestinesi una “rinuncia al ritorno” o, “in secundis, una dislocazione personale nelle aree designate fuori da quelle controllate dall’estremismo jihadista”. E si propone come gestore dei finanziamenti che arriverebbero per questo progetto.
In questa foto scattata alla serata in sostegno dell’aggressione israeliana a Gaza Valori (al centro) compare con Raffaele Sassun, presidente per l'Italia del Keren Keyemet LeIsrael (KKL) o Fondo Nazionale Ebraico, una gigantesca impresa multinazionale il cui capitale immobiliare è costituito da 372 villaggi palestinesi i cui abitanti sono stati espulsi con la forza, e con Cesare Anticoli che dirige invece la sezione italiana di Keren Hayesod o United Jewish Appeal, che Wikipedia definisce "la centrale finanziaria del movimento sionista mondiale".
Qui, sempre nella stessa occasione, è invece con Fabrizio Cicchitto, altro piduista oggi tra gli esponenti più in vista del governo Berlusconi.
Conclusioni
I politici livornesi che abbiamo citato si sono dunque sentiti in dovere, in piena campagna elettorale quando gli impegni sono numerosi e pressanti, di andare ad omaggiare questo personaggio in un’iniziativa che non era stata pubblicizzata e che quindi si deve ritenere riservata agli addetti ai lavori se non agli intimi. Sorgono spontanee alcune domande: perché? Quali reti di relazioni ha intessuto Valori a Livorno? Quali influenze esercitano sul territorio locale le lobby massoniche e sioniste? Non c’è stato nessun imbarazzo a legittimare un personaggio che propone soluzioni tanto aberranti per il Medio Oriente? Qual è il ruolo dell’Associazione ebraica Bené Berith, organizzatrice dell’evento? Chissà se qualcuno risponderà. Vorrei concludere con la dichiarazione di un sopravvissuto alla repressione dei militari argentini degli anni ’70, amici dei piduisti e in taluni casi piduisti essi stessi, per dimostrare che la madre di Valori potrà anche aver salvato 120 ebrei ma il figlio forse ne ha sulla coscienza molti di più: “Gli ebrei volevano cancellarli. L’interrogatorio ai nemici era un lavoro, quello agli ebrei un piacere o una maledizione. La tortura di un prigioniero ebreo riservava sempre un momento di divertimento per i reparti di sicurezza argentini (…). Un prigioniero politico poteva essere odiato perché stava dall’altra parte, ma si poteva anche provare a convincerlo, rigirarlo, fargli comprendere che stava sbagliando, fargli cambiare idea, farlo lavorare per sé. Ma come si può cambiare un ebreo? È l’odio eterno, interminabile, perfetto, inevitabile”. Gli ebrei soffrirono in misura particolare e furono sottoposti ad apposite e sadiche torture sotto la dittatura. Sebbene la percentuale di ebrei rispetto alla popolazione argentina non raggiunga l'1%, più del 10% dei desaparecidos (secondo alcuni addirittura il 13%) erano ebrei. L’ammiraglio Massera, piduista, dichiarava che la crisi dell'umanità era da imputare a Sigmund Freud,Albert Einstein e Karl Marx(non a caso tutti e tre ebrei), i quali, con le loro opere, minavano l'integrità e la dignità della civiltà occidentale e cristiana.
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..ULTIME INFO:
- Valori, Foxman, Kissinger, Powel e la Rice insieme per il centenario dell’Anti-Defamation League | Comunità Ebraica di RomAhttp://www.romaebraica.it/valori-foxman-kissinger-powel-e-la-rice-insieme-per-il-centenario-dellanti-defamation-league/
- ITALINTESA: SOTTOSCRIVE ACCORDO CONSULENZA CON EDWARD LUTTWAKhttp://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2001/07/02/Economia/ITALINTESA-SOTTOSCRIVE-ACCORDO-CONSULENZA-CON-EDWARD-LUTTWAK_131700.php
- Così la corruzione uccide: parla il primo pentito delle grandi operehttp://m.espresso.repubblica.it/inchieste/2017/03/14/news/lui-ruba-e-tu-rischi-la-vita-parla-il-primo-pentito-delle-grandi-opere-1.297123?refresh_ce
- Andreotti, potere e misteri/3. Le carte della P2 e la guerra fredda con Craxi - Il Fatto Quotidianohttps://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/09/andreotti-potere-e-misteri-3-carte-della-p2-e-guerra-fredda-con-craxi/588888/
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- "Cavaliere, 20 mila lire o ti facciamo a pezzi" - La Stampahttp://www.lastampa.it/2010/10/24/italia/cavaliere-mila-lire-o-ti-facciamo-a-pezzi-tPmGRE52ClnZDmCNjH08LP/pagina.html
- Il pizzo al tempo della - la Repubblica.iThttp://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/11/13/il-pizzo-al-tempo-della.html
- “Il futuro è già qui” recitava un titolo di Giancarlo Elia Valori | Leo Rugenshttps://leorugens.wordpress.com/2018/08/25/il-futuro-e-gia-qui-recitava-un-titolo-di-giancarlo-elia-valori/
- LE CINQUE ENTITA' - Vincenzo Calcarahttps://sites.google.com/site/vincenzocalcara/home/le-cinque-entita
- Giorgetti della Lega contro Di Maio sulla revoca della concessione ad Autostrade per l'Italia Spa - GIORGETTI E PALENZONA...http://www.alessandriaoggi.info/sito/2018/08/20/giorgetti-della-lega-contro-di-maio-sulla-revoca-della-concessione-ad-autostrade-per-litalia-spa/
- Valori, Foxman, Kissinger, Powel e la Rice insieme per il centenario dell’Anti-Defamation League | Comunità Ebraica di Romahttp://www.romaebraica.it/valori-foxman-kissinger-powel-e-la-rice-insieme-per-il-centenario-dellanti-defamation-league/
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