lunedì 23 giugno 2014

Il senso dei social e special modo FACEBOOK:

1°- Massoni Illuminati Facebook Mark Zuckerberg Cia Servizi Segreti Onu

2°- The Social Network:

3°- La bolla di Facebook



Goldman Sachs ha investito 375 miloni di dollari in Facebook valutandola 50 miliardi di dollari. Ad ognuno dei 500 milioni di utenti di Facebook è stato attribuito il valore di 100 dollari. Senza iscritti Facebook varrebbe zero. Se io e mio figlio, ad esempio, cancellassimo il profilo, il valore di Facebook diminuirebbe all'istante di 200 dollari. Il capitale sono gli utenti, i loro contenuti e le loro reti di relazione e non la piattaforma, ma Facebook è un mondo chiuso in sé stesso nell'universo di Internet, chi vi entra non vi può più uscire. "Lasciate ogni speranza, o voi che entrate".
Se in futuro altre società fornissero una rete sociale con servizi migliori, l'utente di Facebook dovrebbe, in teoria, poter migrare i SUOI contenuti senza chiedere il permesso a Mark Zuckerberg. Nei fatti oggi non può farlo. Il valore economico di Facebook dipende dai miliardi di informazioni personali inserite. Chi è il proprietario di questi dati, dell’“identità digitale”? Facebook o l'utente? Dovrebbe essere l'utente, l'identità è sua, foto, film, testi sono frutto del suo lavoro, sono "lui", sono "lei". Queste informazioni sono però utilizzabili solo all’interno di Facebook. Chi si registra su un'altra rete sociale deve reintrodurre tutti i dati. Ogni “identità digitale” è in sostanza proprietà di Facebook o della rete sociale in cui è stata inserita. Da tempo è allo studio uno standard per una "identità digitale universale" per accedere a ogni rete sociale dove contenuti e relazioni rimangono di proprietà dell'utente. La nostra "identità digitale" è sempre più importante per le nostre relazioni sociali, ma può essere cancellata in ogni momento da Facebook e noi con essa. Facebook dovrebbe distribuire i soldi ricevuti dalla Goldman Sachs ai suoi utenti che lavorano a cottimo e gratis fornendo informazioni che possono essere usate per attività marketing. Con queste premesse, se il monopolio di fatto di Facebook finisse, i capitali di Goldman Sachs avrebbero creato l'ennesima bolla di Internet. E chi ci rimette i soldi nelle bolle? I piccoli azionisti o le grandi banche? Di certo non Goldman Sachs che potrebbe guidare la collocazione in borsa di Facebook nel 2012 con ritorni enormi. Potrò sbagliarmi, ma per sicurezza di azioni Facebook io non ne comprerò.

4°- Datagate, prime ammissioni di Facebook
«Richieste su quasi 20 mila account»
Il social network rivela: nella seconda metà del 2012 ricevute da entità governative Usa tra le 9 mila e le 10 mila richieste
SAN FRANCISCO - Facebook ha ricevuto tra 9.000 e 10.000 richieste di dati di utilizzatori da varie entità governative statunitensi nella seconda metà del 2012, riguardanti gli account di un numero tra 18.000 e 19.000 dei propri utenti. I casi controllati andavano da bambini scomparsi a minacce terroristiche. Lo ha rivelato il principale legale del più grande social network mondiale, Ted Ullyot, dopo una settimana di negoziati con i responsabili della sicurezza nazionale Usa in seguito alle rivelazioni sul programma Prism e sull'accesso ai dati Internet da parte del governo di Washington. L'azienda ha diffuso l'informazione dopo il raggiungimento di un primo accordo sulla divulgazione, e ha aggiunto che intende fornire nuovi dati non appena avrà ricevuto il via libera dalle autorità.
PRESSIONI SUL GOVERNO - In una rara alleanza tra i gigantei del web, varie altre aziende di Internet, a cominciare da Google e Microsoft, stanno facendo pressione sul governo federale per diffondere notizie sul numero di richieste di controllo ricevute. L'obiettivo delle aziende è prendere le distanze dal cosiddetto programma «Prism» dopo le notizie filtrate la scorsa settimana, nell'ambito del Datagate, sul controllo degli stranieri da parte della National Security Agency.
http://www.corriere.it/esteri/13_giugno_15/facebook-datagate-prime-ammissioni_c850d290-d574-11e2-becd-8fd8278f5bec.shtml

5°- Le mosse di Google e Facebook per uscire dalla scandalo Datagate
Forniscono dati al governo Usa. Ora i big del web si smarcano. Il Nyt: «Raccolto anche il Dna». Silenzio cinese.I campanelli dall’allarme erano già suonati da tempo.
Quando Mark Zuckerberg venne nominato dal Time uomo dell’anno nel 2010, il cronista incaricato di tracciarne il profilo dal settimanale Usa raccontò di una visita amichevole del direttore del Fbi, Robert Mueller al padre di Facebook.
La consuetudine tra i due, già all’epoca, faceva immaginare che le operazioni della polizia federale portate a termine grazie al monitoraggio (e alla cooperazione) del social network non fossero una rarità.
LE ACCUSE RECIPROCHE. D’altronde, soltanto un anno dopo fu proprio Facebook ad accusare Google di curiosare nei profili dei propri utenti, attraverso un servizio ad hoc, social search (ricerca sociale). Agitando la preoccupazione che il motore di ricerca diffondesse informazioni non destinate al pubblico.
Ora, però, i colossi si trovano dalla stessa parte. E cioè con le spalle al muro. Inchiodati dalle rivelazioni di Edward Snowden, la talpa che ha fatto scoppiare lo scandalo Datagate che ha travolto la National security agency (Nsa), l’agenzia per la sicurezza nazionale americana.
IL TENTATIVO DI SMARCARSI. Facebook e Google si affannano a pubblicare smentite, distinguo e richieste pubbliche, per salvare il salvabile.
Da una parte, infatti, c’è la sicurezza nazionale e una legge varata dal Congresso, il Foreign intelligence surveillance act (Fisa), che li obbliga, secondo procedure ben precise, a collaborare con le autorità.
Dall’altra parte, però, ci sono milioni di utenti che si sentono traditi e che sembrano perdere fiducia nei servizi web intorno ai quali hanno costruito la propria quotidianità.
GLI AMERICANI SI FIDANO. Un sondaggio realizzato dall’istituto di ricerca Pew research center per il Washington Post ha tuttavia rilevato che il 56% degli americani ritiene che il comportamento della Nsa sia «accettabile». E il 45% pensa addirittura che sia legittimo spingersi anche oltre.
Curiosità: nell’estate 2012 un sondaggio di Ap-Cnbc appurò invece che solo il 13% degli americani si fidava della protezione della privacy di Facebook.
La morale, almeno stando alle rilevazioni, è che la popolazione Usa sembra meglio disposta verso un’agenzia governativa ficcanaso che verso un’azienda che macina miliardi rispettando poco la privacy degli utenti.
MENO VIOLATI CHE IN EUROPA. «In America se c'è una telecamera fuori da una banca, sono costretti ad avvisarti che sei potenzialmente spiato. È scritto ben chiaro nel quarto emendamento della Costituzione, e ci tengono sia rispettato», spiega a Lettera43.it Fabrizio Capobianco un imprenditore italiano trapiantato nella Silicon Valley e presidente della start-up Tok.Tv.
Le mosse per uscire puliti dallo scandalo

Edward Snowden, il tecnico informatico di 29 anni che ha svelato i segreti della Nsa.
(© Ansa) Edward Snowden, il tecnico informatico di 29 anni che ha svelato i segreti della Nsa.

Per recuperare credibilità, Google e Facebook, seguiti a ruota da tutti gli altri, hanno chiesto di diffondere pubblicamente il numero di richieste ricevute annualmente dai tribunali o dalle agenzie governative per spiare gli utenti.
«Il numero dimostrerebbe come l’adempimento a queste richieste è molto inferiore alle insinuazioni che sono state avanzate. Big G non ha nulla da nascondere», ha scritto in una lettera aperta alle autorità il 10 giugno il responsabile legale del motore di ricerca, David Drummond.
IN SCACCO DALLA LEGGE. La mossa, accompagnata da spiegazioni tecniche sulle modalità con cui i messaggi degli americani vengono forniti agli 007, sembra tuttavia puramente tattica.
Le regole del Fisa impongono infatti clausole di riservatezza che rendono le rivelazioni dei big di Silicon Valley illegittime, visto che svelare cifre o statistiche implicherebbe smascherare i dati sensibili necessari alla sicurezza nazionale.
Nell’affanno di volere sembrare puliti, insomma, i colossi della Silicon Valley rischiano di essere ancora meno credibili.
Tanto più che difficilmente avrebbero potuto smarcarsi dalle richieste dell’agenzia di sicurezza.
«Sono obbligati per legge a dare le informazioni, se la richiesta viene attraverso il Fisa», chiarisce Capobianco, che grazie alla sua start up conosce bene le imposizioni della Nsa. E gli abusi possibili.
IL MONITO DELLA GOLA PROFONDA. Il miraggio della trasparenza con la quale i liberal californiani sono cresciuti e sono diventati intimi del potere, insomma, sembra davvero un'illusione.
D’altronde già Daniel Ellsberg, celebre 'gola profonda' del governo Usa che pubblicò documenti riservati all’epoca della guerra del Vietnam, aveva ammonito sul rischio che il Fbi allungasse le mani sui dati custoditi nei server di Google, mettendo a rischio i diritti civili dei cittadini americani.
L’AMBIGUITÀ CON I GOVERNI. In Europa, inoltre, Big G è sotto indagine da parte delle autorità garanti della privacy che hanno chiesto invano all’azienda di Mountain View una serie di dati per valutare l’effettivo rispetto della Direttiva europea sulla protezione dei dati. Ma finora le risposte sono state vaghe e la commissione francese sull’Informatica e le libertà ha già annunciato battaglia.
Intanto la Svezia ha proibito l’utilizzo dei servizi di Google Apps per la Pubblica amministrazione, perché non ha trovato nei servizi del colosso Usa i livelli minimi di garanzia della privacy dei cittadini e delle strutture che Stoccolma considera necessari.
Il Datagate e la contiguità con la Nsa sono insomma solo l’ultimo tassello di un rapporto con utenti, privacy e governi da sempre sul filo di lana. Che con la libertà e l’indipendenza c’entra forse meno del previsto.
Giovedì, 13 Giugno 2013.
http://www.lettera43.it/tecnologia/scenari/le-mosse-di-google-e-facebook-per-uscire-dalla-scandalo-datagate_4367598854.htm

...e questi ultimi due, diciamo che son stati l'ultima goccia:

6°- FACEBOOK: incassi pubblicitari a 2,2 miliardi per il 2011
Saranno pari a 2,2 miliardi di dollari le entrate pubblicitarie di Facebook per quest'anno. E' quanto si legge nell'ultimo rapporto di eMarketer che, per i prossimi mesi, calcola entrate da advertising in aumento e una quota di display ads per il social network pari al 17,7% del mercato complessivo.
Lo scorso anno Facebook controllava il 12,2%, ricorda la società di ricerche, mentre il grosso del mercato era ancora nelle mani di Yahoo!, Microsoft e Google, che certamente ora devono fare i conti con un temibile concorrente. La rete sociale, con i suoi 650 milioni di utenti e un valore stimato di 80 miliardi di dollari è senza dubbio un competitor insidioso e il settore della pubblicità online è già adesso un terreno di battaglia molto aspro.
Il mercato americano vale oggi 31,3 miliardi di dollari e per il 2012 crescerà fino a 37 miliardi di dollari. Al momento Facebook ha superato Yahoo! che si ferma al 13,1%, mentre Google cresce del 9,3%, ma altri sono i segmenti che fanno gola alle grandi internet company, tra cui: banner, video e web advertising. Più in generale, il mercato dell'ads online, nel suo complesso, vede per il prossimo anno Google sempre in testa col 44,9% (40,8% nel 2011), seguito da Yahoo! col 9,7% (11% nel 2011), quindi Facebook col 7,8% (7% nel 2011) e Microsoft con il 7,2% (6,1% nel 2011).
http://www.key4biz.it/Players/Vincitori/2011/06/Facebook_Pubblicita_Mercato_Advertising_Display_Video_Banner_Google_Yahoo.html

7°- FACEBOOK ECONOMY - UN’AZIENDA CHE NEL 2011 HA INCASSATO 4,2 MILIARDI $ PUO’ VALERNE 100? - CON UN BOTTINO SIMILE, ZUCKERBERG AVRÀ I MEZZI PER POTENZIARE LA PIATTAFORMA, ACQUISTARE CONCORRENTI ED ESPANDERSI ANCORA NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO, MIGLIORARE L’UTILIZZO VIA CELLULARE E GLI STRUMENTI PUBBLICITARI - APRONO I PRIMI NEGOZI SU FACEBOOK E NEGLI USA GLI SPONSOR COMINCIANO A SPOSTARE GLI INVESTIMENTI DALLE TV AL SOCIAL NETWORK…
Sarà il collocamento in Borsa (Ipo) più importante del decennio: parole di Max Wolff, anali- sta al GreenCrest Capital Management, società americana specializzata in investimenti finanziari e private equity. Si riferisce allo sbarco di Facebook a Wall Street, con una quota attorno al cinque per cento del colosso californiano che sarà offerta al pubblico.
Facebook, nella sua interezza, ha un valore stimato sui 90-100 miliardi di dollari, almeno a seguire le indicazioni del mercato secondario dove già viene comprato e venduto privatamente.
Certo, 100 miliardi (o poco meno) possono sembrare un po' troppo per un'azienda che nel 2011 ne ha ricavati 4,2 (quasi tutti dalla pubblicità). Ma il punto è che il valore dell'azienda, secondo gli analisti, va ben oltre quello che è finora misurabile. Un indizio: nel 2009 ha ricavato appena 700 milioni di dollari; nel 2013 si stima che supererà i 7 miliardi, secondo eMarketer. E già si parla di "Facebook economy": il social network ha aperto un ecosistema di business che genera un indotto stimato in 2,5 miliardi di euro e 33.800 posti di lavoro, in Italia, secondo uno studio di Deloitte, pubblicato a fine gennaio.

Tiene conto del fatto che molte aziende lavorano grazie a Facebook (quelle che creano apposite applicazioni, per esempio) o comunque ne ottengono vantaggi in termini di marketing, reputazione, pubblicità e vendite addizionali. «Credo che 100 miliardi di dollari sia un prezzo ragionevole, tutto considerato. E vedrete il valore delle azioni schizzerà subito in alto», dice Lou Kerner, analista di SecondShares e tra i più attenti osserva- tori della finanza hi-tech.

«Certo un valore così alto si giustifica solo in un modo: Facebook non è un sito normale. È il paradigma di una nuova Internet», aggiunge Andrea Rangone, a capo degli osservatori Ict presso il Politecnico di Milano. «Per la precisione è la terza fase di Internet, dopo quella basata sui portali e quella diretta dai motori di ricerca. Siamo nell'era dell'Internet delle relazioni».
Di conseguenza, abbiamo appena cominciato a vedere le potenzialità economiche di Facebook: «Credo che in futuro la pubblicità non sarà la sua fonte principale di ricavi», aggiunge Rangone. Farà soldi diventando il mediatore di gran parte delle transazioni economiche che avvengono su Internet: acquisti di giornali, giochi, vestiti».
Già ci sono negozi che hanno aperto battenti su Facebook. Che ha persino coniato una propria moneta di scambio (i "Facebook credits"), ritagliandosi una commissione del 30 per cento. «Credo che i soldi dell'Ipo serviranno a sostenere quest'espansione verso nuove forme di ricavo», dice Rangone.
I 5 miliardi di dollari dell'Ipo (che forse saliranno fino a 10 se la domanda lo consentirà) sono tanti. Per un confronto: l'Ipo di Google ha raccolto "solo" 1,9 miliardi di dollari nel 2004, eppure da allora il colosso è diventato molto di più di un semplice motore di ricerca. Kerner e Williamson prevedono quindi che Facebook userà i soldi dell'Ipo per potenziare la piattaforma e acquistare concorrenti. Obiettivi immediati: espandersi ancora nei paesi in via di sviluppo, migliorare l'utilizzo via cellulare e gli strumenti pubblicitari.

«Facebook non ha mai venduto pubblicità tramite la propria applicazione su cellulare, che ha 350 milioni di utenti; comincerà a farlo nei prossimi mesi», dice Williamson.
«È possibile che Facebook creerà anche un proprio centro media, così potrà vendere pubblicità su altri siti: molto personalizzata, però, grazie a quello che conosce sui propri utenti», aggiunge Nate Elliott, analista di Forrester Research.
È prevedibile un effetto schiacciasassi: Facebook, evolvendo, entrerà a gamba tesa sul business pubblicitario altrui. Centri media, operatori di rete mobile. Già eMarketer nota il fenomeno: negli Usa, qualche grosso sponsor comincia a spostare gli investimenti pubblicitari dai network televisivi a Facebook.
E la concorrenza? «Google resta il competitor maggiore e infatti ha appena cominciato a includere nel motore di ricerca i risultati che provengono da Google+, il suo social network», dice David Berkowitz, uno dei massimi esperti di media digitali, con lezioni a Yale, New York University e Massachusetts institute of technology. «La principale minaccia all'egemonia di Facebook viene però dal mercato cinese, dove peraltro al momento il suo sito è bloccato ed è molto forte il campione locale QQ», aggiunge Williamson.

Sul mercato globale però Facebook non ha veri rivali all'orizzonte: «Google+ dovrebbe essere migliore per riuscire a rubargli utenti. Sconta il fatto che è un'impresa titanica cambiare social network: ricostruire il proprio gruppo di amici, ripubblicare le proprie foto su un altro sito», dice Elliott. Forse bisogna rassegnarsi: Facebook è destinato ad accrescere la propria presenza nella società e nell'economia mondiali.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/facebook-economy-unazienda-che-nel-2011-ha-incassato-42-miliardi-puo-valerne-100-con-35143.htm


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